Innanzi tutto grazie mille per i tuoi ringraziamenti, come sempre! XD Per me fangherlare con te su Tony e Loki e su questa storia è un piacere immenso. Sono io, quindi, che ti ringrazio!!!
Immagino tu sappia quanto ho "sofferto" in questo capitolo, soprattutto mentre leggevo il flashback, perché vedere soffrire Loki (sono leggermente di parte, ma appena appena ^__*) è una delle cose che mi fa più male.
Eppure... il capitolo è bellissimo, specialmente la prima parte, specialmente il "doloroso" flashback.
Il suono della risata isterica e amarissima di Tony ha riportato alla mente di Loki l'eco di un'altra risata, una risata spezzata (la "Broken laugh" del titolo) e insieme ad essa un fiume di ricordi dolorosi (eufemismo del secolo!!!).
La descrizione della caduta cieca e senza tempo nel voragine dello spazio vuoto fra i regni è semplicemente meravigliosa! Sei riuscita a ricreare con appena sette sostantivi la sensazione di orrore assoluto di un caduta senza fine, senza rete, senza freni nel Nulla, quella che a volte sperimentiamo nei nostri incubi e che ci lascia una sgradevole sensazione di impotenza e di orrore:
"Per ore – giorni mesi anni.
Senza fine, senza tregua, senza vita."
Anche l'uso del verbo "annichilire" riferito alla mente di Loki rende perfettamente l'idea dell'inferno in cui è caduto Loki quando si è lasciato andare nel vuoto (più scrivo, più sto odiando Odino ndr), ma mi piace moltissimo che sottolinei anche in questo caso la forza di Loki, che riesce, seppure spezzato, a non perdersi totalmente, a sopravvivere ad una simile caduta e a non impazzire completamente, uno dei pochi, se non l'unico nell'Universo in grado di fare una cosa del genere (di parte, spaventosamente di parte XD).
Purtroppo la caduta è lo lo spaventoso inizio di ciò che aspetta Loki: l'impatto terrificante al suolo e soprattutto l'arrivo dei Chitauri, reietti ed esiliati dai Nove Regni, nemici spietati che non gli concedono nemmeno un istante per riprendere fiato, per riaversi, per mettere in ordine i suoi pensieri e cominciano a torturarlo.
La spirale senza fine di violenza che si abbatte su di lui è testimoniata in particolar modo,secondo me, dalla perdita di coscienza dello scorrere del tempo, più ancora che dalla descrizione delle torture vere e proprie: "Non sapeva quanto tempo fosse trascorso dal suo arrivo, quando infine colse dei passi pesanti in lontananza. Avrebbero potuto essere semplici giorni o interi millenni. "
Più che il dolore fisico, l'attenzione è focalizzata proprio sulla perdita della coscienza, sulla perdita di sé, della cognizione del tempo, dello spazio, di un qualsiasi punto fermo cui aggrapparsi: tutto sembra sfocarsi in una girandola confusa di "sprazzi di dolore che gli bersagliavano la coscienza già vacillante per la caduta".
E' inutile che io ti dica quanto brami di vedere soffrire i Chitauri, l'Altro e... ovviamente Thanos.
Thanos è il "villain", quello vero. Fin dal suo ingresso sulla scena dimostra di possedere quell'aura di grandezza , di minacciosa maestosità, che è la grandezza del Male assoluto, quello vero, appunto. Quello che solo a guardarlo ti fa scendere un brivido di terrore lungo la schiena, anche se sei un dio, un immortale pressocché invincibile, anche se sei l'onnipotente All-father. La quintessenza del male, quella che ti fa accapponare la pelle e gelare il sangue nelle vene al solo sentirlo avvicinare, ancora prima di aprire bocca.
E quando lo fa, colpisce Loki nel suo punto più debole, dicendogli: "Sei molto lontano da casa, piccolo dio.”
Ma Loki una casa non ce l'ha, non ha più un posto a cui tornare, un posto in cui sentirsi accettato nonostante tutto, un posto che non ti devi meritare. Odino ha infranto quella fragile bugia con due semplici parole sussurrate sull'orlo dell'abisso e, nonostante la caduta e le torture, quelle parole fanno ancora incredibilmente male: "Ma lui non aveva più una casa, quell'ultimo rifiuto di Odino gliel'aveva strappata via per sempre, un 'no, Loki' che riverberava doloroso nella sua mente anche attraverso la tagliente sofferenza dovuta alle torture e che non avrebbe mai smesso di martellargli il petto.
(bastardo senza padre, figlio non voluto, mostro, Jotun)"
Queste parole, soprattutto le ultime, quelle tra parentesi mi hanno letteralmente stritolato il cuore! Loki è un escluso, un outcast, un reietto. Solo. Disperato. Non gli è rimasto più nulla. Tranne una mente affilata come una lama.
Proprio nel momento più disperato, improvvisamente Loki ha un'epifania e comprende tutto: "Io ti servo".
E mostrando una capacità di reazione impressionante (quanto lo amo!), in pochi istanti ricomincia a pensare e a vivere, ritrovando se stesso e uno scopo. Ora ha un piano: "Aveva un piano, adesso. Uno scopo. Una via di fuga da quell'oscurità che gli era penetrata nelle ossa. Ed era pronto a modellare il fato di due regni con le proprie mani."
Adoro che tu abbia scelto di far coincidere il momento in cui inizia a ritrovarsi, il momento in cui torna a pensare e ritrovare uno scopo con quella risata, amara, dolorosa, folle, spaventosa che lo scuote fin nell'anima. Perché quella risata è lo spartiacque tra il Loki di prima, il fratello che viveva nell'ombra, il "diverso" che mai si era veramente integrato ad Asgard, e il Loki che invade la Terra, con quegli occhi che ardono di follia e di un dolore che non sarebbe sufficiente una vita per descriverlo.
Mi piace moltissimo anche la tua scelta di chiudere il flashback con le parole con cui Loki sigla il suo patto con il diavolo, soprattutto per la sicurezza e l'assenza di paura con cui si rivolge a Thanos, guardandolo finalmente negli occhi: “Tu dammi un'armata.” mormorò, un soffio rauco di una voce che non riconosceva come propria “E io ti darò il Tesseract.”
La seconda parte ci riporta al presente e assistiamo alla scena descritta nel capitolo precedente attraverso gli occhi di Loki, che si è reso invisibile per poter osservare indisturbato il comportamento di Tony da solo.
Quello che balza immediatamente agli occhi è l'ansia spasmodica con cui aspetta e brama una reazione di Tony, qualsiasi cosa che lo riscuota da quello stato di apatia e prostazione in cui sembra essere caduto. Desiderio che resta naturalmente frustrato. Tony non sembra neppure voler fuggire, si aggira per la casa, esplora le vie di fuga senza convinzione e addirittura ha sul volto un'espressione di sollievo quando realizza che non può uscire di quella casa, espressione che Loki coglie con un fastidioso disappunto.
Il senso di aspettativa per un qualsiasi accenno di ribellione, di dimostrazione che da qualche parte c'è ancora il vecchio, indomabile avversario, con cui era divertente e stimolante scontrarsi, raggiunge il suo climax quando Tony prende il coltello e tu sottolinei l'importanza del momento con il corsivo: "Sì, Stark, prova a combattermi, mostrami la tua stolta arroganza da mortale, cosicché io possa distruggerla con le mie mani."
Sembra quasi di vedere Loki che con movenze feline, si lecca i baffi, come un gatto sornione in attesa che il topolino cada nella sua trappola! Adorabile!
Purtroppo anche in questo caso il suo desiderio è destinato ad essere frustrato: Tony scoppia a ridere "ed era stata una risata che gli aveva fatto indurire lo sguardo, perché era troppo familiare."
E la stessa risata che gli eccheggia nella mente, che sa di fiele e sangue, ha il suono disturbante di qualcosa che si spezza irrimediamente: Tony. Lui stesso.
La sua reazione è perfetta: deve compiere un vero e proprio sforzo per impedirsi di ammazzare Tony all'istante e porre fine a quel suono (e a quello che gli riverbera nella testa) con un gesto definitivo: "Aveva dovuto combattere con tutto se stesso per reprimere l'impulso di afferrare il suo prigioniero per la gola e porre fine a quel suono nel modo più definitivo; ancora adesso poteva sentire le dita fremergli al solo ricordo di quella risata rauca e disperata."
Ho apprezzato moltissimo e ho trovato particolamente IC il modo in cui Loki si avvicina a Tony, addormentato sul divano, per studiarlo, per risolvere un puzzle intricato. Non riesce a comprendere come siano riusciti nell'impresa di spezzarlo dei semplici mortali, senza neppure avergli causato danni permanenti o ferite particolarmente gravi, quando nei loro precedenti scontri, Tony ha continuato a ribattere e a provocarlo, nonostante le ferite e le ossa rotte, anche in quel loro primo scontro dopo la sua fuga da Asgard "quando le ferite ricevute mentre fuggiva da Asgard lo avevano spinto a usare tutti i poteri residui senza trattenersi, e i suoi occhi avevano riconosciuto la sorpresa e la paura sui lineamenti del mortale dinanzi alla sua schiacciante superiorità, nemmeno trafiggergli la spalla, nemmeno piegare l'acciaio della sua armatura con la mano stretta attorno alla sua gola, era stato sufficiente a farlo tacere."
C'è un po' di curiosità "scientifica" in questo suo atteggiamento e un senso di fastidio e frustrazione che si mescola a quel latente senso di possesso nei confronti del "suo" avversario preferito, quello che solo lui ha il diritto di spezzare. Nessun altro.
La terza parte ci riporta nella base dov'era prigioniero Tony e dove Thor aggiorna gli Avengers ed espone la sua teoria sul fatto che tutto questo sia opera del fratello.
In questa parte adoro Clint, adoro la sua rabbia e frustazione nei confronti di Thor e degli Asgardiani e la loro incapacità di controllare Loki. Con tutta la loro potenza e saggezza e il loro status divino sembrano impotenti di fronte al dio, incapaci di contenerlo e soprattutto con la loro inettitudine gli offrono su un piatto d'argento nuove armi che lo rendono sempre più potenti: "Possibile che queste maledette divinità non fossero in grado di controllare Loki? O almeno non potessero evitare di fornirgli nuove armi con cui far dilagare il caos sulla Terra?"
Ho trovato questo suo sfogo (giustamente evidenziato dal grassetto) assolutamente esilarante, ma anche estremamnte condivisibile. Sarà che sono di parte, ma le critiche a Thor e Odino mi danno una grandissima soddisfazione! Soprattutto quando sono così giuste e condivisibili! Bravo Clint.
E quanto ho adorato lo sfogo di Clint sull'uso dell'appellativo "fratello" da parte di Thor nei confronti di Loki, credo che almeno su questo Loki e Clint siano completamente d'accordo!!! Thor dimostra la solita ottusa ed irritante insensibilità non solo nei confronti di Loki, a cui sbatte in faccia ogni volta quella che Loki percepisce come una sporca menzogna, ma anche di Clint, che è stato soggiogato da Loki e costretto ad uccidere. Dico, Thor, sensibilità zero!!! *___*
"Clint si irrigidì d'istinto. Considerava Thor un amico e ne rispettava il senso dell'onore e il carattere schietto, ma, ogni volta che si riferiva a Loki come a suo fratello, aveva voglia di prenderlo a pugni." Clint, non ti preoccupare, siamo in due!!!
Ho apprezzato anche moltissimo l'analisi del rapporto che Clint ha con Loki e con quello che gli ha fatto. Hai descritto benissimo la sensazione di impotenza di Clint, ma soprattutto la particolare natura del controllo mentale di Loki, che non era semplicemente un lavaggio del cervello, ma qualcosa di peggio, perché Clint era sempre se stesso, semplicemente aveva delle priorità differenti:
"L'orribile sensazione di appartenere anima e corpo a qualcun altro non aveva mai smesso di tormentarlo, forse perché Loki non aveva cancellato il suo io, ma lo aveva distorto, rendendolo un soldato ansioso di compiacerlo, pronto a fare tutto ciò che era in suo potere per obbedire ai suoi ordini. Era stata una prigionia più crudele rispetto a un semplice lavaggio del cervello: anche quando scoccava le frecce contro i suoi vecchi alleati, era sempre rimasto Clint. Pensava come Clint, sentiva come Clint, viveva come Clint. Era sempre rimasto lui, solo in uno stato d'animo che lo portava a considerare l'approvazione del dio il più fondamentale e irrinunciabile degli obiettivi. Si era ritrovato schiavo di un nemico e totalmente felice di esserlo."
Bello, bello, bello! (eufemismo del secolo!), nonostante le torture subite da Loki XD
A presto,
Romina
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