Bentrovato!
Anzitutto sono io che devo ringraziarti per le risposte lunghe ed esaustive che mi hai dato. Immagino ti sarai già ripetuto infinite volte su questa ambientazione con tanti lettori, ma apprezzo il fatto che ti sia preso del tempo per illustrarla nuovamente anche a me, a distanza di anni dalla pubblicazione. Mi fa enormemente piacere la tua conferma di aver colto gli aspetti basilari della società di Kjarr, più che altro perché vuol dire che l'immagine stupenda che si sta delineando nella mia mente è corretta. Siamo solo al terzo capitolo, ma già questo mondo inizia ad appassionarmi sempre di più: i suoi ideali, la sua struttura, i suoi valori sono al contempo una boccata d'aria fresca e il ritorno a quella che sento come una familiarità amata. *Preußens Gloria che suona in sottofondo*
Questo mood lo troviamo all'inizio del capitolo, quando finalmente abbiamo uno scorcio più genuino sugli uomini di Kjarr attorno al tavolo di guerra.
Anche qui sono pochi ma buoni, solo lo stretto necessario per organizzare le forze armate, e si parlano con il minimo di parole bastevoli per esprimersi. Qualcosa però incrina quest'atmosfera di rigore marziale, un peso dalla forma di un dubbio che solo Hithaigh si azzarda a far trapelare. Ehrenold affronta subito la questione di petto, lo sfida a mettere in discussione nero su bianco la sua autorità, e Hithaigh obbedisce alle regole di Kjarr: sceglie di non affrontare la questione, quindi sta' zitto ed obbedisce. Ovviamente, però, quel silenzio non risolve nulla: sembra strano a tutti che Ehrenold, valoroso sovrintendente di un esercito immenso e capace come le Nere Armate, si lasci sfuggire certi rischi da recluta alle prime ronde.
Come hai confermato anche tu, più avanti avremo modo di vedere cosa sia accaduto per renderlo così; ma io nel mentre mi preoccupo. Essere temuto e detestato da un popolo vigliacco è una cosa, ma instillare la sfiducia nei propri uomini sarebbe un vero e proprio disastro.
La figura del luogotenente Rowden, in tutto questo, è quella che più riesce a toccare le corde giuste di tutti; sia di chi legge, che del Sovrintendente. Pare un fratello di battaglia di Ehrenold, e difatti è con fraterna sincerità che gli parla; ma persino di fronte alla sua franchezza, il Sovrintendente pare chiudersi sulla difensiva e non lascia trapelare quasi nulla.
Non credo sia nei costumi di Kjarr lasciarsi andare all'emotività, ma non lo è nemmeno mettere a rischio la sicurezza di un'armata per un dolore che non si vuole sviscerare. Non credo che Rowden possa fraintenderlo e giudicarlo male per la sua sofferenza, anzi; più orrori e tragedie passi al fianco di qualcuno, più capisci il valore della sua fortitudine e quel che deve sopportare. Il fatto che malgrado tutto Ehrenold si rifiuti di condividere quel fardello col suo migliore amico è triste, atrocemente triste, e lascia solo un senso di profonda solitudine. Se lo si guarda con gli occhi della nostra scala di valori, Ehrenold è un violento aguzzino che fa del suo lutto un'arma; ma se lo si guarda nell'ottica di un guerriero di Kjarr, è un uomo che sta tentando di restare in piedi e fare del suo meglio per i suoi soldati, per l'esercito e per il Regno, malgrado tutto il peso che lo opprime. Non ci sta riuscendo davvero, ma arrendersi non è neanche un vocabolo; e quindi appare sospeso nello stallo di una battaglia terribile, dall'esito incerto.
Chi è questo amante di cui vuole proteggere il ricordo con così tanta ostinazione, e perché si chiude così ermeticamente anche solo ad accennarlo? Per essere un uomo la cui esistenza è votata alla battaglia, dev'essere stato ampiamente temprato dalla morte. Immagino che abbia visto più di una persona cara soccombere sotto il ferro e le spade, sin dalla tenera età; e quindi come mai questa perdita invece sembra averlo distrutto così profondamente?
Ancora una volta le supposizioni sono tante, ma finalmente abbiamo uno scorcio su quel che affligge Ehrenold: una morte da cui non riesce a riprendersi.
(in tutto questo: ma le menzioni di queste battaglie? Iobeley, Korvie, Irdan... sono avvenimenti bellissimi che mi sto perdendo per via dell'ordine cronologico e avrò modo di recuperarli, o sono nomi estemporanei per creare un background? No, perché io sono qui che fremo per vedere le Nere Armate all'opera, te lo dico xD)
E finalmente, perché stavo friggendo fin dal primo capitolo -cioè da poco, ma poco è bastato-, habemus il pov di Ehrenold! E che soddisfazione leggerselo, lui e le sue considerazioni, per una volta non filtrate dall'autocommiserazione di Iasay. Ci voleva proprio una voce che parlasse per Kjarr dal punto di vista di qualcuno temprato dai suoi insegnamenti.
In compenso, l'immagine di Kadya e dei suoi abitanti viene fatta a brandelli come uno straccio. In una società nostrana oserei dire che la resistenza partigiana di Kadya possa avere il suo perché; ma in un mondo come quello di Kjarr e dell'Amlinntal, dove esistono eserciti di creature sanguinarie che muovono assedi a loro volta, direi che il popolo di Kadya possa solo ringraziare di essere finito sotto il controllo di qualcuno in grado di difenderSi e di difenderLi. Soprattutto se, a parte il rigore estremo, i soldati di Kjarr sono militari disciplinati che non usano soprusi sul popolo invaso. Certo, hanno un concetto tutto loro dell'habeas corpus dei giovani avvenenti, su questo niente da oppugnare. Ma è troppo facile rimpiangere la vita di prima, fatta di ricchezze e vini dolci, se mentre ci si godeva il benessere nessuno ha pensato alla difesa ed alla preparazione per i tempi peggiori; come si dice, chi è causa del suo mal pianga se stesso.
Come hai spiegato, Kadya è lo specchio dei valori odierni di dialogo e diplomazia, ma questi servono a ben poco se non vi unisci la forza per farli rispettare. Come puoi pensare di fronteggiare disarmato un intero esercito, solo per dirgli "No, guardate, mettete pure via le spade che voglio solo parlare"?
La vita a Kadya era bella perché nessuno voleva prendere in considerazione le cattive prospettive. Era comodo spendere tutto per il benessere materiale, e niente per cose "brutte" come l'esercito, che non dava immediato sollievo alla pancia e ai sensi. L'arte e la cultura elevano un popolo, ma purtroppo non lo difendono. A vivere solo tra i fasti poi si finisce per dare per scontate troppe cose, e si diventa un popolo imbelle; ma prima o poi ti arriva lo scotto da pagare, e in questo caso sono stati fortunati che il prezzo sia stato l'esercito severo ma ragionevole di Kjarr, e non qualche bestia sanguinaria.
Tutto questo per dire che la frustrazione di Ehrenold è più che comprensibile. I kadyani (?) hanno solo raccolto ciò che la loro politica di ridotte visioni ha seminato, gli è andata anche tutto sommato bene, e hanno persino la faccia tosta di lamentarsi che sono oppressi e vessati. Scommetto che se avessero un incontro ravvicinato con gli Orchi Cinerei, i cittadini di Kadya scapperebbero a rifugiarsi dietro ai soldati di Kjarr, diventati improvvisamente i loro eroici e magnanimi protettori.
Il capitolo prosegue con Ehrenold e Iasay che per il momento, ancora non imparano nulla delle culture a loro speculari. Ehrenold ancora non si capacita di come la sua brutalità possa essere talmente spaventosa per un ragazzino come Iasay, e per quanto il suo punto di vista sia ben spiegato, dall'altra parte Iasay è pur sempre un picio che non ha idea di come giri il mondo al di fuori della campana di vetro di Kadya. Se non fosse una situazione tragica, la reazione di Ehrenold susciterebbe quasi un moto di empatia; è lì che si chiede "Io gliel'ho spiegato chiaro e tondo. Perché non l'ha ancora capito?" sinceramente confuso, perché nella sua ottica lui gli ha illustrato tutto quel che c'era da sapere sulla natura di quel rapporto, e Iasay ci sta solo mettendo un lasso di tempo incredibilmente lungo a comprendere qualcosa di cristallino.
Iasay invece si fida di un bulletto rancoroso che letteralmente gli ha appena detto di non fidarsi di nessuno. Io giuro che non voglio infierirgli contro, non ora che è al punto più basso della sua vita, ma Kodarvor dammi la forza...
L'unico spiraglio di speranza lo abbiamo alla fine. Iasay inizia a comprendere che le richieste, quando non hai altro che le tue suppliche a supportarle, non hanno eco presso le genti di Kjarr. Forse inizia a capire che quello che gli sta accadendo è un'usanza normale, per l'invasore, e che aggrapparsi alla pietà per uscirne non ha senso. Non perché non abbiano pietà, ma perché non c'è nulla per cui averne, in quel frangente; il problema non è loro, è di Iasay, ed è Iasay a dover trovare il modo di risolverselo da solo.
Ehrenold non lo ascolta non perché voglia ignorarlo a prescindere, ma perché in quel momento non ha nulla che renda la sua voce degna di essere ascoltata.
Il vittimismo non è un'argomentazione.
E' un passo avanti, ma fa ben sperare che almeno un ingranaggio si sia messo in moto.
In tutto questo, speriamo che almeno Rowden abbia trascorso del tempo piacevole con il cortigiano (anche se mio caro luogotenente, con tutti i bei giovanotti dell'esercito va a scegliersi certi individui...); così almeno lui una gioia alla fine di questa giornata pesante se l'è presa.
ps: e per fortuna che ho scelto di commentare capitolo per capitolo. Ti immagini se avessi dovuto concentrare tutte queste riflessioni in un unico commento a fine storia? Avrei dovuto prendermi una settimana di ferie per organizzarmi, e tu un paio di giorni per leggerlo. Ma recensire questi capitoli è per me un vero piacere, nonché un momento per tirare i fili delle riflessioni che certi argomenti sono in grado di suscitare. Come dicevo, quando uno scritto è davvero valido, apre molti altri spunti su cui si potrebbe discutere. A presto! |