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Autore: Semplicemente G    28/10/2011    4 recensioni
Un' intrigante storia con protagonisti la nostra amata Detective Beckett e il nostro scrittore preferito Richard Castle...
Un corpo viene ritrovato in un cantiere vicino ad un Ristotante, con una ferita d'arma da fuoco e una coltellata...
Riusciranno a risolvere l'intricato caso e i loro problemi di cuore?
Per scoprirlo basta leggere.... R&R
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Omicidio Di Un Paparazzo

Omicidio Di Un Paparazzo

Capitolo 5

 

 

POV Kate

[- Polizia di New York. Detective Beckett. – dissi sollevando la cornetta.

- Buon girono, Detective. Sono Jefferson Blacke. Ho visto la foto in TV del cadavere. Lo conosco. So chi è. – ]

- È  Frank Galt. – disse la voce giovane di un uomo.

“Sii!!” esultai dentro di me. Finalmente avevo una pista su cui lavorare!

- Signor Blacke, la prego gentilmente di raggiungerci al dodicesimo distretto. Vorrei che vedesse il corpo, in modo che sia completamente sicura dell’identità. – gli spiegai formale.

- S-si... va bene. Ora sono al lavoro. Cercherò di arrivare il prima possibile. – promise Blacke.

- Grazie della collaborazione. L’aspetto. Arrivederci. – salutai.

- Arrivederci. – ricambiò lui. misi la cornetta a posto e scrissi velocemente il suo nome sul un post-it, insieme a quello della vittima.

Tornai in sala relax, dove Ryan, Esposito e Castle stavano ancora mangiando.

- Ragazzi. Un certo Jefferson Blacke ha identificato la vittima. Verrà in centrale per ulteriori conferme. Il nostro uomo misterioso a quanto pare, si chiama Frank Galt. – consegnai il foglietto a Ryan. – Voglio che scopriate tutto sulla nostra vittima. E un veloce controllino su Blacke. Al lavoro! – esclamai indicando la scrivania.

 

Mezz’ora  dopo...

- È lui? – chiesi indicando il cadavere. Il signor Blacke annuì, distogliendo velocemente lo sguardo dal corpo.

- Si, Detective è Frank. – confermò l’uomo. Con un cenno, dissi a Lanie ricoprire di nuovo il corpo con il telo bianco. – Com’è morto? – chiese in un sussurro.

- A causa di una coltellata infertagli con un corpo contundente. – spiegò la mia migliore amica.

- Oh... –

Salutai Lanie e insieme al signor Blacke, salii al piano in cui si trovava il mio ufficio.

Castle ci attendeva lì, davanti alla porta della sala interrogatori.

- Le presento il signor Richard Castle, collabora con noi nelle indagini. – spiegai all’uomo. Aveva circa quarant’anni. Era poco più basso di me e stempiato. Un uomo anonimo che passava inosservato. Aveva delle sopracciglia molto folte e un po’ di barba.

- Salve. – si salutarono i due uomini.

Aprii la porta della sala interrogatori e fece entrare il signor Blacke. Io e Castle ci accomodammo al nostro solito posto. Presi il mio quaderno degli appunti e tesi la mano verso Rick.

- Hai una penna? L’ho dimenticata... – mormorai. Lui sorrise e infilò una mano dentro la tasta interna della giacca che indossava. Ne estrasse una penna stilografica e me la porse.

- Grazie. – dissi afferrandola con delicatezza. Era una penna bellissima, degna di uno scrittore.

- Bene, vorrei che ci parlasse della vittima. Conosceva da molto il signor Galt? – chiesi.

Blacke unì le mani sul tavolo e sospirò.

- Ci conoscevano da circa dieci anni. A volte prendevamo il caffé insieme al bar. -

- Era un uomo molto solitario? – domandò Rick.

- Si, non dava confidenza a nessuno. Molto taciturno. –

Sentii qualcuno che bussava alla porta. – Avanti! – dissi distogliendo per un attimo la mia attenzione dall’uomo davanti a me.

Ryan entrò nella stanza con un fascicolo.

- Le informazioni che avevi chiesto su Galt. – mormorò porgendomi il pacco di fogli.

- Grazie Kevin. – lo congedai con un sorriso.

- I Detective Ryan ed Esposito hanno chiesto all’anagrafe di mandare loro informazioni sul signor Galz. – feci una pausa e guardai Blacke negli occhi.

Sembrava tranquillo, per nulla agitato. Vedevo solo la sua preoccupazione e il dolore di aver perso un amico.

- Nome: Frank Galz. È corretto? – chiesi. Questa parte dell’interrogatorio era noiosa. Tutti quei dati, a me interessavano i fatti.

- Si, Detective. –

- Data di nascita: 15 giugno 1980. luogo di nascita: Washington DC. Indirizzo: 126th Avenue, numero 18b. – lessi.

- Sì, era in affitto. Mi disse che voleva avvicinarsi alla redazione del giornale. –

- Che lavoro faceva? Qui è scritto “Disoccupato”. – chiese Castle leggendo da sopra la mia spalla.

- Era un paparazzo. –

A quell’informazione, la mia mente scattò. Rividi le immagini del luogo del ritrovamento del cadavere. La macchina fotografica senza rullino, lo scontrino ritrovato accanto al corpo del ristorante.

Ora tutto quadrava. Insomma, più o meno. A parte per il fatto di avere un assassino a cui dare la caccia.

Come avevo fatto ad essere così ottusa! Era quasi palese!!

- Un paparazzo? – scandì bene Castle. Nemmeno lui aveva pensato a questa opzione.

- Sì. Lavorava per “Fashion and Gossip”. – spiegò Blacke.

- Ci racconti tutto. – lo incitai a continuare, tenendo ben stretta la presa sulla penna. Dovevo annotarmi tutti, anche i respiri che faceva se ne era il caso.

- Beh, lui era un paparazzo che non aveva mai combinato niente nella vita. Non era famoso o cose del genere. In più, il suo carattere schivo e distaccato non aiutava molto. Aveva un ufficio, “un buco”, così amava chiamarlo. Non gli erano mai stati assegnati lavori importanti, ma con le fotografie era veramente bravo. Nessuno si era mai accorto del suo talento. Forse solo io. Aveva un dono per fotografare le piccole cose. Dei ragazzi al bar, una signora anziana che portava a spasso il cagnolino... Riusciva sempre a fotografare dall’angolazione giusta, al momento giusto. Era veramente bravo. –

Il signor Blacke fece una pausa. Sorrise tra se.

- Gli dicevo sempre che era uno spreco per lui fare un lavoro del genere, sottopagato, per una foto alla fine del giornale. Sempre una gran bella foto, ma nessuno se ne è mai accorto. Per colpa del suo carattere veniva escluso da tutti. -

- Tutti tranne lei. – disse Castle, con un sorriso appena accennato sul volto.

- Sì, - Blacke lo guardò. – Per caso un giorno vidi una suo fotografia e decisi di conoscerlo meglio. Sono solo andato oltre le apparenze. –

- Signor Blacke, per caso sa se recentemente il signor Galz aveva avuto dei problemi? Prima ha accennato al fatto che prendesse uno stipendio molto basso. – chiesi, guardando l’uomo negli occhi.

- No, Detective. Non mi sembrava avesse più problemi del solito, se è questo che intende. Ho solo notato che in ufficio non c’era mai. Era sempre in giro “a far fotografie” mi disse quando gli chiesi dove andava. -  

- Quindi non ha notato nulla di strano nel suo comportamento? Era più agitato del solito? Preoccupato? –

Il signor Blacke si pensò su un po’ e poi rispose con sicurezza.

- No, Detective. Era normale. -

Sorrisi e chiusi il mio quaderno nero degli appunti. Mi alzai e lo stesso fece Castle.

- La ringrazio della collaborazione. La prego di mantenersi a disposizione per eventuali chiarimenti. – lo congedai tendendogli la mano, in segno di saluto.

- Ok. Spero troverete presto chi gli ha fatto tutto questo. – disse l’uomo afferrando la mia mano e stringendola. Salutò anche Castle e uscì dalla stanza.

Io e Rick lo seguimmo e chiesi ad un agente di accompagnare fuori il signor Blacke, che se ne andò con un ultimo cenno.

Lo guardai allontanarsi e poi mi rivolsi a Castle.

- Cosa ne pensi? -

- Non credo sia stato Blacke. Dopo tutto, è stato l’unico ad accettare Galz com’era. –

- Concordo... – asserii. Mi voltai verso Kevin e Javier. – Ragazzi, novità sullo scontrino? –

- Scontrino? – chiese Castle.

- Sì, non te l’ho detto? – domandai. Forse mi era davvero sfuggito di mente.

- No! – esclamò lui un po’ indignato.

- Esposito, spiegagli tu. Devo andare a chiamare il Direttore di “Fashion and Gossip”. Voglio parlare con lui. – andai alla mia scrivania, mi sedetti e cercai sull’elenco telefonico il numero della rivista.

- Comunque la scientifica ha trovato solo il nome de “Scaletta Ristorante” e la data e l’ora della sera dell’omicidio, che coincidono con i dati che ci ha fornito Lanie sull’omicidio. –

- Ok. Grazie. -

Castle si sedette accanto a me poco dopo, con un sorriso in volto.

Composi il numero, portai la cornetta all’orecchio e lo guardai.

- Cosa c’è? – gli chiesi aggrottando leggermente le sopracciglia.

- Niente. Guardavo che sei bellissima... – mormorò.

- Shh!! – sorrisi guardandomi in giro e sperando che nessuno avesse sentito.

- Pronto? Redazione di “Fashion and Gossip”. Come posso esserle d’aiuto? – disse la voce squillante di una ragazza.

- Buon giorno. Sono la Detective Kate Beckett della polizia di New York. Vorrei parlare con il Direttore. –

- Buon giorno, Detective. In questo momento il Direttore è fuori città per lavoro. Torna domani. – mi informò la ragazza.

Questa non ci voleva. Ero sicura che il Direttore avesse delle specie di “spie” nei piani bassi della redazione, per controllare la situazione.

- La prego di riferirgli che lo cerco e di chiamare la centrale del Dodicesimo Distretto appena arriva in città. -

- Certamente, Detective. Arrivederci. Buona giornata. –

- Arrivederci. – salutai e aggancia.

- Non c’è. – sbuffai. Kevin e Javier si avvicinarono alla mia scrivania con il famoso scontrino sigillato in una busta di plastica per le prove.

- La scientifica ha controllato ogni singolo centimetro dello scontrino. Non ci sono impronte digitali. Era troppo bagnato perchè ci fossero. –

Sbuffai un’altra volta. Il caso stava prendendo una brutta piega.

- Mmm... – mormorai pensando alla prossima mossa e ravvivandomi i capelli. – Avete parlato con i residenti davanti al Ristorante? -

- Si, me ne sono occupato io. – intervenne Javier. – Ho suonato a tutte le porte. Tutti dicono che non hanno sentito niente. Ho persino trovato una vecchietta che mi ha regalato una torta fatta in casa! – esclamò, indicando la sua scrivania, dove c’era un bella mostra una crostata.

- Certo che le vecchiette ti prendono sempre in simpatia, vero Bro? – scherzò Kevin, beccando una gomitata dal suo amico.

- Racconta! – esclamò Castle avvicinando a Ryan.

- Non abbiamo tempo per spettegolare! C’è un omicidio da risolvere! – dissi a voce alta, zittendo gli altri tre.

- Scusa... – mormorarono Javier, Kevin e Rick all’unisono e la testa chinata.

- Ragazzi, - guardai l’orologio. Le 18.30. – Andate a casa. Ci vediamo domattina alle 8.00 in punto, pieni di energia. Ok? –

- Certo. Ciao, Beckett. Castle. –

- Non vai a casa, Castle? – gli chiesi riordinando la scrivania. Controllai che Ryan ed Esposito se ne fossero andati.

- E tu non vai a casa, Kate? – rispose lei alzandosi dalla sedia e avvicinandosi a me. Si piazzò dietro di me e mi mise le mani sulle spalle.

- So fare i migliori massaggi di tutta New York. – mormorò.

- Castle, siamo in centrale e quali sono le regole? – chiesi guardandolo male. Però mi piaceva che fossimo così vicini e se non fossimo stati al lavoro, mi sarei lasciata andare alle sue carezze.

Rick sbuffò e recitò a memoria.

- Regola numero uno: Beckett comanda. –

Sorrisi contenta. Era la mia regola preferita.

- Regola numero due: Beckett comanda sempre (sottolineare il sempre); Regola numero tre: io non posso guidare; e la nuovissima regola numero quattro: Non fare battutine, allusioni, commenti a bassa voce o qualsiasi cosa mi venga in mente sulla nostra relazione e niente contatto fisico. -

Rick grugnì annoiato e tornò a sedersi sulla sua sedia. Come diceva la regola uno: Beckett comanda!

Finii di mettere a posto i fascicoli e dopo quasi un’ora fui pronta per andare a casa. Castle mi seguì fuori, trotterellandomi dietro come al solito.

Appena misi un piede fuori dalla centrale, mi voltai  verso di lui e lo baciai.

- Buona notte, Rick. Ci vediamo domani. –

- Cosa? No, no, no!! Kate! Dove credi di andare! Dai, vieni da me?? Ci beviamo qualcosa e mangiamo insieme!! - esclamò trattenendomi per un braccio.

- Rick, non posso... sono stanchissima! –

Mi sentivo un zombie ambulante, ma l’idea di cenare con Rick mi allettava parecchio. Lui sorrise e mi offrì l’altra mano.

- Miss Beckett, vogliamo andare? – domandò galante.

- Con piacere, Mr. Castle. –

Passammo tutta la serata insieme. Quando tornai a casa, a mezzanotte, mi gettai ancora vestita sul letto e mi addormentai immediatamente.

 

Il mattino seguente mi alzai alle sette meno un quarto. Feci la doccia rilassante che non avevo avuto l’occasione di fare la sera prima e mi sedetti sulla sedia della cucina, aspettando che Rick arrivasse puntuale alle sette e un quarto. Avevo ancora i capelli bagnati, che avevo lasciato sciolti, in modo che si asciugassero più in fretta.

Puntuale come al solito, il campanello trillò.

Mi alzai di scatto e corsi ad aprirgli.

- Buon giorno. – mi salutò Castle. Gli sorrisi radiosa e mi alzai sulle punte dei piedi per baciarlo.

- Buon giorno. – risposi. Gli presi il cafè dalle mani e ci dirigemmo insieme in cucina.

- Dormito bene? – chiese Rick, aprendo il sacchetto delle brioches.

- Si, grazie. Tu? –

- Anch’io... – rimase alcuni secondi in silenzio a guardarmi e poi parlò di nuovo. – Hai i capelli bagnati. –

Non era una domanda, solo una constatazione.

Rick alzò una mano e la passò tra i miei capelli. Mi accarezzò la testa con dei massaggi lenti e circolari.

- Te l’avevo detto che sono il miglior massaggiatore di New York. – sussurrò suadente al mio orecchio. Ridacchiai e mi allontanai leggermente da lui. Mi voltai e gli stampai un bacio casto sulle labbra.

- Mangiamo? Io ho fame. – dissi, indicando le brioches calde che profumarono tutta la cucina.

- Anche io ho fame. Ma non di brioches. Di te. – mormorò con il suo sorrisetto da dodicenne. Mi cinse i fianchi con le braccia e mi strinse a se, facendo aderire i nostri corpi.

- Castle... smettila. – gli intimai. Dal mio tono di voce si capiva perfettamente che nemmeno io ero convinta di quello che dicevo.

- No. –

- Ti ho detto di sì. –

Lui si avvicinò al mio volto con un’espressione furba sul viso.

- No. Cosa credi, Detective? – aggiunse poi. – Di essere immune al mio fascino? -

- Sì. –

Inclinai leggermente la schiena all’indietro per sfuggire alle sue labbra.

- È per questo che mi piaci. – disse Rick serio. Lo guardai negli occhi e capii subito che non mentiva. Cercai di nascondere il sorriso nato spontaneo sul mio volto.

- Lo so. – Allacciai le braccia attorno al suo collo e lo baciai. Il mio cuore accelerò battiti e sentì subito un nodo allo stomaco. Rick approfondì il bacio e rimanemmo lì per alcuni minuti. Gli morsi il labbro inferiore e mi staccai da lui.

- Mangiamo le brioches? – sottolineai in modo che non potesse fare battutine maliziose.

- Se proprio insisti... io avrei voglia di qualcos’altro... – mormorò tra se, sedendosi accanto a me.

- Richard! – lo ripresi con una sberla dietro la nuca. Lui sorrise e bevve il suo cafè.

 

Arrivammo in centrale alle otto precise. Subito ci corsero incontro Ryan ed Esposito, con le novità.

- Beckett, ha chiamato due minuti fa il Direttore di “Fashion and Gossip”. Ha chiesto se puoi andare a parlare con lui in redazione verso metà giornata. -

- Potrebbe scomodarsi anche a venire lui, eh. – borbottai irritata.

Mi sedetti alla scrivania e aprii il computer.

- Tutto bene? – domandò Rick, sedendosi accanto a me e guardandomi fisso negli occhi.

- Si... – Preferirei solo non dover andare avanti e indietro, a parlare con i Direttori dei giornali scandalistici. –

- Come mai? – chiese Castle.

- Non mi piacciono quei tipi di riviste. Non capisco perchè la vita delle persone dev’essere sui giornali, si chiama “vita privata” per qualcosa! – esclamai.

- Ce l’hai ancora con la giornalista di Cosmopolitan di due anni fa? –

Gli lanciai un’occhiata di fuoco e afferrai la pistola. Controllai che il caricatore fosse pieno di proiettili e con uno scatto, caricai l’arma.

- Muoviti Castle! Abbiamo un direttore che ci attende! – mormorai per nulla contenta.

 

- Buon giorno, Signor Bray. Sono la Detective Beckett. Lui è Richard Castle, collabora con noi nelle indagini. -

- Salve. Prego accomodatevi. –

Il Direttore era un uomo basso, grassoccio e con la testa pelata. Indossava una giacca chiusa da solo un bottone, che minacciava di saltare.

- Vi aspettavo a metà mattina. – disse leggermente scocciato.

- Gli omicidi non aspettano nessuno, signor Bray. – gli risposi con un sorrisetto falso.

Era il tipico uomo che dettava legge. Tutti erano ai comandi e nessuno aveva il diritto di dire niente.

Lui borbottò qualcosa e si sedette sulla sua enorme poltrona (grande quasi quanto lui).

- Come mai ha chiesto di vedermi? – domandò l’uomo continuando ad essere scorbutico. Feci un lungo respiro e cercai di calmarmi.

- Ma come? Non ha guardato i telegiornali? – domandò Richard perplesso. – È stato ritrovato assassinato un suo dipendente! –

- COSA? Non è possibile! Chi? – urlò alzandosi in piedi e sbattendo le mani sulla scrivania.

- Frank Galt. – dissi io.

- Mai sentito. – disse sedendosi di nuovo.

- Mi scusi, ma so per certo lavorasse qui. Era un paparazzo. –

- Si, probabilmente. L’avrà assunto la mia segretaria. – rispose con non disinteresse. Aprì un cassetto della sua scrivania e ne estrasse un sigaro. Prese l’accendino accanto al portapenne e lo accese. Immediatamente l’odore invase le mie narici.

- Vedo che è molto interessato alla morte del suo collega. –

- Non era un mio collega. – la interruppe brusco.

- Chiedo scusa? – esclamò Rick, intromettendosi tra me e il Direttore.

- Non eravamo colleghi. Io sono il Capo qui dentro. Lui solo un misero paparazzo che non aveva ancora fatto carriera. –

Volevo prenderlo a sberle. Odiavo quelle persone che si credevano migliori di tutte le altre e snobbavano tutti.

- Senta,  - gli disse cercando di sembrare gentile. – da quello che sento, non conosceva la nostra vittima. Mi lascia fare un’amichevole chiacchierata con i suoi dipendenti? Non avranno bisogno di  un avvocato, sono solo domande generali. La consideri quasi un’ispezione. – dissi brandendo il distintivo e sventolandoglielo sotto il naso.

- C...certo. Prego. – si alzò indicando la porta. – Agnes! – chiamò. La segretaria arrivò trotterellando. Non era la tipica segretaria stupida, bionda e con uno spacco sulla coscia che faceva girare tutti gli uomini. Era piccoletta e grassoccia. Avrò avuto quasi settant’anni.

- Accompagna i signori a fare un giro per la redazione. – ordinò. La donna sorrise e ci indicò la porta.

Avanzai con Rick senza salutare l’uomo. Castle era più arrabbiato di me, la sua espressione del viso indicava irritazione, ma anche stupore, forse perchè si era reso conto che ci sono sempre più persone come il signor Bray.

All’improvviso, prima di raggiungere la porta, mi voltai.

- Se le viene in mente, chiami in centrale e venga a farci visita, senza scomodare due Detective che hanno un omicidio da risolvere. -

Oltrepassai la porta e Agnes la chiuse dietro di noi. Dall’interno della stanza sentii la voce possente dell’uomo urlare:

- E io ho un giornale da dirigere! -

Sbuffai, ma poi sorrisi alla segretaria.

- Scusatelo. Oggi è anche una buona giornata... – mormorò la donna. Rick le sorrise comprensivo.

- Ma prego, da questa parte. – Ci indicò una porta che dava sull’esterno dell’ufficio di Agnes. In corridoio, c’era un via e vai frenetico di giornalisti che correvano da tutte le parti con pile immense di fogli.

- La nostra rivista non può ritenersi famosa, ma tutte per le casalinghe amanti del pettegolezzo, è il giornale d’eccellenza. – spiegò la donna. Poi si avvicinò di più a me, prendendomi il braccio. – Ho sentito del povero signor Galt. Mi dispiace tanto. Era un ragazzo così strano! Non parlava mai con nessuno, ma a volte mi offriva il caffé! – Agnes sorrise a Rick. – Non parlava mai, però. Con nessuno tranne che con il suo amico, il signor Blacke. –

- Conosciamo il signor Blacke. – disse Castle. – È venuto in centrale a riconoscere il cadavere. –

Agnes si ritrasse e fece il segno della croce.

- Dio protegga la sua anima. -

- Posso chiamarla Agnes? – disse Richard con il suo miglior sorriso.

- Certo, giovanotto! – rispose lei con grinta. Trattenni una risata.

- Il signor Galt le ha mai detto qualcosa? Su cosa si stava occupando? – domandò Rick. Agnes lo prese sottobraccio e continuammo a camminare per i corridoi, dove tutti mi guardavano impauriti a causa del mio distintivo in bella vista.

- Non in specifico. Ha detto che aveva un grande Scoop che gli avrebbe fatto fare carriera. – sussurrò sottovoce. Lei e Rick sembravano due comare al mercato, che si raccontavano come la figlia del fornaio fosse fuggita con il figlio del macellaio. Erano buffissimi.

- Ne è proprio sicura? – chiese Rick ancora una volta.

- Certo, per chi mi prende, giovanotto? Non sono una pettegola, ma mi piace ascoltare le storie degli altri. –

Tipico. Tutte le pettegole dicono di non esserlo, ma di ascolta le storie degli altri. Agnes era una signora in gamba, anche solo per sopportare un Direttore come il suo.

- Eccoci arrivati. L’ufficio del signor Galt. Pace all’anima sua. – disse Agnes fermandosi davanti ad una porta. Non mi ero neanche accorta del percorso che avevamo fatto.

Superai Rick e Agnes e poggiai una mano sulla maniglia della porta.

- Entriamo. -

Lanciai un’occhiata a Rick ed entrammo dell’ufficio del signor Galt.

 

Salve a tutte!!

Ecco qui il capitolo 5!! Spero che vi sia piaciuto!! Il caso sta cominciando a diventare più chiaro.... Nel prossimo capitolo ci sarà la perlustrazione dell'ufficio del povero Signor Galt.

Spero vi sia piaciuto anche il piccolo momento tra Rick e Kate, e le loro regole. :)

Grazie a tutti quelli che hanno recensito, aggiunto la storia tra le seguite, ricordate e preferite.

Con affetto,

Semplicemente G

 

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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della rete televisiva ABC; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 

 

  
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