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Autore: Semplicemente G    27/12/2011    3 recensioni
Un' intrigante storia con protagonisti la nostra amata Detective Beckett e il nostro scrittore preferito Richard Castle...
Un corpo viene ritrovato in un cantiere vicino ad un Ristotante, con una ferita d'arma da fuoco e una coltellata...
Riusciranno a risolvere l'intricato caso e i loro problemi di cuore?
Per scoprirlo basta leggere.... R&R
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 8

Omicidio Di Un Paparazzo

Capitolo 8

 

Arrivata al mio palazzo, salii le scale seguita da Rick.

- Dici che il colpevole sia Tipton? – mi chiese lui salendo le scale. Mi sembrava di essere Nikki Heat in “Heat Wave”, quando lei e Rook salivano nel suo appartamento per bere un goccio e poi la serata finiva nel letto di Nikki. Tornai al presente e risposi alla domanda

- Non credo. – dissi tirando fuori le chiavi di casa e infilandole nella toppa. – Vieni. – lo invitai ad entrare e poggiai le chiavi sul tavolino in entrata.

- Nemmeno io... È un riccone pieno di soldi, troppo vigliacco per affrontare i giornalisti. –

Mi identificai un po’ in quello che disse Rick, tranne per la parte del “riccone pieno di soldi”.

- Ehm... Rick, vorrei parlare di una cosa molto importante. – mormorai. Dovevamo parlarne assolutamente. Io non ero pronta per stare sulle copertine delle riviste scandalistiche, su Internet ed essere sulla bocca di tutti come “nuova conquista di Rick Castle”.

- Dimmi Kate. – Rick mi prese per mano e mi fece sedere sul divano accanto a lui. Non sapevo cosa dire, mi sentivo in imbarazzo e inadeguata. Richard capii che ero in difficoltà e mi accarezzò una guancia.

- Kate? Cosa succede? – Il suo tono di voce era preoccupato e mi strinse una mano.

- Vorrei che tenessimo la nostra relazione segreta ancora un po’. Intendo ai tabloid, Internet i giornali, le riviste scandalistiche e... –

- Kate, ho capito... – mormorò lui interrompendomi.

- No, Rick. Hai visto cosa succede quando si è sotto i riflettori. Tutti vogliono sapere tutto di tutti. E non sono pronta ad essere sulle copertine di tutte le riviste. –

Rick mi accarezzò i capelli e mi posò un bacio sulla testa.

- Kate, faremo come vuoi tu. Se non vuoi far sapere a tutti che stiamo insieme, accetterò la tua decisione. Quando tu sarai pronta, lo sarò anche io. -

Feci un sospiro di sollievo e abbandonai la testa sulla sua spalla.

- Grazie Castle. – mormorai. Lui mi sorrisi e mi strinse a se sempre più forte. Alzai il viso e lo baciai. – Andiamo a dormire? – gli chiesi mettendogli una mano sul petto e facendo dei ghirigori, con uno sguardo malizioso.

- Subito!! – esclamò Rick. Mi prese in braccio di colpo e lanciai un urletto.

- Castle!! – gridai aggrappandomi al suo collo. Che buon profumo che aveva Rick...  Nascosi il volto nella sua spalla, dandogli un bacio.

- Stiamo arrivando!! – urlò lui correndo verso la camera. Continuai a ridere finché Rick e io non cademmo insieme sul materasso del letto. Sentii il suo corpo premere contro il mio e il suo respiro solleticarmi il volto.

Mi baciò con delicatezza, alzando una mano e spostandomi i capelli dal viso. Approfondii il bacio, stringendolo di più a me. Continuai a lambire le sue labbra, e poi abbassai la mano che avevo dietro il suo collo e cominciai a slacciargli la camicia rossa a quadri che indossava.

Rick si staccò leggermente da me. Mi guardò negli occhi, scrutandomi dentro.

- Ne sei sicura? -

Aveva capito che volevo fare l’amore con lui, che volevo fossimo per una notte una cosa sola.

- Sì. -

Rick rimase ancora un attimo a fissarmi, poi lentamente alzò un lembo della mia maglietta, per poi  sfilarmela con delicatezza.

Passammo quasi tutta la notte a fare l’amore. Fu la serata più bella di tutta la mia vita.

Mi addormentai abbracciai a Rick, con la testa sul suo petto e un braccio attorno ai suoi fianchi.

Andava tutto bene.

 

****

 

Il cellulare squillò e scattai seduta allungandomi per raggiungere il comodino accanto al letto.

- Beckett. – risposi con voce assonnata.

- Ciao, Becks. So che il tuo turno comincia tra mezz’ora, ma ha chiamato Esposito. Ha contattato uno dei nostri illustri signori nelle fotografie di Galt. Si è presentato qui con una dozzina di avvocati. Cerca di arrivare il prima possibile. Ci sentiamo dopo. – disse la voce di Ryan.

- Ok. A tra poco. – gli risposi. Mi passai una mano tra i capelli e mi voltai verso l’uomo che dormiva accanto a me.

Era così strano svegliarsi con Rick a pochi centimetri da te. Quasi surreale.

Mi avvicinai al suo orecchio e gli mormorai:

- Rick, svegliati. –

Lui mugugnò qualcosa e si spostò più vicino a me.

- Rick, ha chiamato Ryan. Dobbiamo andare. -

- No, Kate… - mormorò nascondendo il volto sotto il lenzuolo leggero che ci copriva. – Lasciami dormire ancora un po’… -

Sorrisi e gli accarezzai i capelli.

- Vado a farmi una doccia. Alzati. – gli intimai sgusciando fuori dal letto e dirigendomi in bagno.

Dieci minuti dopo, uscii e trovai Rick seduto al tavolo della cucina, che preparava il caffè.

Continuai a strofinare i capelli bagnati nell’asciugamano e mi avvicinai a lui.

Richard mi porse una tazzina ed sorrise.

- Buon giorno. - mormorò suadente.

- Buon giorno anche a te. Grazie. – dissi prendendo in mano la tazzina stando attenta a non scottarmi.

Mi sedetti sulla credenza accanto ai fornelli.

- Mh… - mormorò Rick. – Non ho ben capito cosa mi hai detto su Ryan. – esclamò lui avvicinandosi e intrecciando le dita ai miei capelli bagnati.

- C’è un tipo che ci aspetta, uno dei pochi che abbiamo riconosciuto dalle foto di Galt. -

- Ah!! Quello che ho riconosciuto io dell’amministrazione comunale? Povero Bob. – aggiunse riferendosi al sindaco. Scosse la testa e si versò un’altra tazza di caffè.

- Sì. Muoviamoci. Non voglio far attendere oltre il nostro amico. – mormorai scendendo dalla credenza con un balzo. Rick finì la sua seconda dosa di caffè tutta d’un fiato. Afferrò poi la giacca che aveva lasciato sul divano la sera precedente e insieme avanzammo verso la porta.

Presi le chiavi della macchina e aprii la porta di casa, chiudendola dietro me e Rick.

Scendemmo le scale e salimmo in auto, dirigendoci il più velocemente possibile verso i l2th Distretto.

Quando arrivammo Montgomery ci corse incontro, facendoci strada verso la sala interrogatori.

- Beckett, stai attenta. È armato di avvocati fino ai denti. – mi avvertì Roy. Mi fece un cenno con il capo e se ne andò.

Corsi alla mia scrivania, afferrai il mio quaderno e una pinza per raccogliere i capelli in modo da conferirmi un’aria più severa. Avanzai velocemente verso la stanza dove mi attendeva l’uomo, ma quando mi ritrovai di fronte alla porta della sala interrogatori 1, mi voltai e misi una mano sul petto di Rick.

- Vai dietro lo specchio magico. - gli ordinai.

- Ma Beckett, voglio assistere all’interrogatorio! Dopotutto sono stato io ad averlo riconosciuto. –

- Appunto. È meglio che non ti veda. Guarderai tutto dalla sala d’osservazione. –

Ero irremovibile.

Non seppi cosa lo convinse ad ascoltarmi e non ribattere, sta di fatto che si voltò e con aria da cane bastonato entrò nella sala adiacente alla mia.

Feci un ben respiro profondo, misi la mano sulla maniglia e spinsi verso il basso. Entrai nella stanza che, come mi aveva avvisato Montgomery, era piena zeppa di avvocati.

- Buon giorno, sono la Detective Beckett. -

- Gerald Stones. – si presentò l’uomo alzandosi in piedi e stringendomi la mano. Era un uomo sulla quarantina, con i capelli abbastanza lunghi, neri e pettinati accuratamente. Il volto era spigoloso e irregolare, ma non per questo poteva essere classificato come “cesso”. Tutto sommato era un bell’uomo.

“Almeno questo sembrava più gentile di Tipton.” Pensai sedendomi davanti a lui.

Aprii il mio fedele quaderno e vidi dei fogli che io non avevo messo dentro. Delle fotocopie delle foto in cui veniva ritratto l’uomo che mi stava davanti con una donna, ed entrambi erano stati cerchiati di rosso.

In più c’era anche il fascicolo riguardante tutte le informazioni che Ryan ed Esposito erano riusciti a trovare su di lui.

- Qui vedo scritto, - dissi cominciando il mio interrogatorio. – che lei è un amministratore comunale, vero? -

- Si, più precisamente assessore alla cultura e all’istruzione. –

- E pensa che nel prossimo programma governativo sarebbe istruttivo aggiungere anche queste? –

Sfilai le fotografie incriminanti dalla busta di plastica in cui erano riposte con cura e le misi sul tavolo, in modo che tutti, compresi gli avvocati potessero vederle.

Quando Stones le riconobbe chiuse gli occhi per un attimo e alzò la mano, posandosela sulla fronte. Fece scorrere le dita tra i capelli e poi si voltò per consultare gli avvocati. Sembrava che ognuno avesse da dire la sua, infatti Stones li zittì tutti e fece di testa propria.

- Mi scuso per queste interruzione, Detective. Li ha ingaggiati mia moglie. – disse, sistemandosi la giaccia nello stesse identico modo di Tipton. Era irritante.

Decisi di mettere un po’ di carne al fuoco o sarebbe stato l’interrogatorio più noioso nella mia carriera da Detective.

- Che presumo non sia questa nella fotografia. – dissi indicando la donna bionda che avrà avuto all’incirca venticinque anni.

- No, Detective. –

Oh!! Adesso si comincia a ragionare. Avevo già inquadrato l’uomo che mi sedeva di fronte.

Aveva sposato una donna ricca, risollevato la sua situazione economia e trovato lavoro in comune grazie alle conoscenze di lei. Nel profondo, lui era un uomo semplice, non abituato alla vita sociale quanto la moglie e che stava sempre nell’ombra.

Probabilmente si erano spostati per interesse economico e finanziario e non certo per amore.

Dopo qualche minuti in cui gli avvocati continuarono a borbottare e io feci le mie riflessioni, riuscii a parlare di nuovo.

- E mi vuole dire chi è questa signorina? -

- La mia amante. –

Gli avvocati attorno a lui trattennero rumorosamente il fiato. Dovevano essere i tipici scagnozzi sempre fedeli alla moglie. Patetici.

- Va bene. Non sono qui per indagare sulla sua vita sentimentale e coniugale. Lei è stato convocato qui per omicidio. -

- Ma io non ho ucciso nessuno. – si difese immediatamente l’uomo senza quasi lasciarmi il tempo di finire la frase. – E poi come faceva ad avere quelle fotografie? Mi state spiando? -

Ignorai la domanda che mi aveva posto e presi una fotografia del cadavere di Frank Galt. Gliela porsi e lui trasalì alla vista del volto quasi bianco dell’uomo.

- Conosce quest’uomo? – gli chiesi.

- No. Mai visto. Chi è? –

- Si chiamava Frank Galt. È stato ucciso la notte del 29 aprile, tra l’una e le tre di notte. –

Guardai bene l’uomo negli occhi per cercare di captare qualsiasi sua reazione.

Niente. Nulla.

O era un assassino veramente di ghiaccio oppure non sapeva a cosa mi riferivo.

- Sapeva dell’esistenza di queste fotografie? – gli chiesi tirandomi fuori altre.

Lui le guardò quasi con disprezzo e scosse la testa in un cenno negativo.

-  No. Non ne sapevo niente. Glielo giuro. -

Non sapevo se credergli, ma mi sembrava sincero.

- Dov’era la notte dell’omicidio dall’una alle tre di notte? - gli chiesi con la penna alla mano, pronta ad annotarmi ogni singola parola che lui avrebbe detto.

- Al bar con alcuni amici. Tutto piuttosto che stare a casa con mia moglie e sua madre. – disse cercando di fare il simpatico.

- Mi sa dire i nomi dei suoi amici? –

- Come mai? – domandò lui sospettoso. Lo scrutai socchiudendo gli occhi in uno sguardo indagatore.

- Devono controllare se l’alibi è vero. – rispose al posto mio posto l’avvocato più vicino a Stones. A mio parere quegli avvocati erano degli idioti… tutti quanti. Dal primo all’ultimo.

- Certo. Glieli scrivo. Sono russi e francesi. –

Gli porsi un figlio di carta e una penna e lui scrisse.

“Bello avere amici di diverse etnie, colture e religioni” pensai con un mezzo sorriso.

- Esattamente. Abbiamo finito, può andare. Ma rimanga a disposizione. – gli dissi infine alzandomi e allungando la mano in segno di congedo.

Stones e gli avvocati si alzarono e ognuno di loro mi salutò, stringendomi la mano.

Se ne andarono e io uscii per ultima dalla stanza. Roy e Rick mi aspettavano fuori dalla porta della sala d’osservazione.

- Cosa ne pensa Capitano? – gli chiesi.

- Interroghiamo tutti gli altri. Fatti aiutare da Ryan ed Esposito. – ordinò lui.

- Certo. Mando uno di loro a verificare l’alibi. –

- Perfetto, Beckett. Ci sentiamo dopo per gli sviluppi. –

Montgomery ci voltò le spalle e tornò nel suo ufficio. Prima di entrare però, si girò:

- Ah, ha chiamato il sindaco. Ha chiesto di essere discreti. E ho detto tutto, Beckett. Comportati di conseguenza. Anche tu Castle. -

- Sì, capitano. – dicemmo io e Rick contemporaneamente. Roy sorrise e poi sparì nel suo ufficio.

Io e Rick ci guardammo e sorridemmo. Mi ricomposi subito e mi avvicinai verso la scrivania. Dovevo aggiornare la lavagna con i nuovi dati.

- Allora… - mormorai afferrando il mio fidato pennarello blu e prendendo una fotografia di Stones. La attaccai con lo scotch di carta e cominciai a scrivere.

- Gerald Stones. Ritratto nelle fotografie Galt. Alibi da confermare. – mormorai mentre scrivevo.

Rick si sedette sulla sua sedia e rimase a fissarmi con lo sguardo perso nel vuoto.

Vidi Esposito entrare in ufficio con una brioches tra i denti, mentre cercava di infilarsi il distintivo nella cintura.

- Javier? – gridai facendogli cenno di avvicinarsi a noi.

- Ehi, Becks!! Castle! – ci salutò tra un boccone e l’altro della pastina.

- Esposito, mi controlli un alibi? –

- Certo. Dimmi. –

Tirò fuori il suo quadernetto degli appunti e la sua penna.

- Non serve. – sussurrai consegnandogli il foglietto che Stones aveva compilato con i nomi dei suoi amici.

- Ok. Vado. – disse correndo fuori dal Distretto.

- Ora cosa facciamo? – chiese Castle baldanzoso sorridendo.

Mi voltai verso di lui e mi sedetti sulla mia sedia. Non gli risposi subito e aprii il primo cassetto della mia scrivania, afferrando le fotografie di Galt.

- Ora, mio caro signor Castle, ci dedichiamo all’identificazione di questi signori con le loro amanti e, visto che conosci tutte le persone importanti di New York e dintorni, sarai tu a dirmi i loro nomi e un qualsiasi recapito. -

Rick si voltò gli occhi e bocca spalancati.

- Davvero? – domandò incredulo.

- Certo. Ora vieni qui e muoviamoci. – gli fece segno di spostare la sua sedia accanto alla mia. -  Non abbiamo tutto il giorno. – dissi poi con il sorriso sulle labbra.

Aprii il fascicolo che avevo dedicato al caso ed estrassi la busta di plastica riguardante le immagini.

Porsi la prima fotografia a Rick e lui riconobbe subito l’uomo nella foto.

- George Rimell. Direttore  Banca di New York. Un tipo molto antipatico e pieno di se. – commentò poi storgendo il naso in una smorfia disgustata.

- Castle, non mi servono i tuoi commenti su questi signori. Già doverli stare a guardare mentre fanno sesso con le loro amanti non è tra i miei passatempi preferiti, figurati se ci aggiungo anche i  tuoi commenti. – lo ripresi lanciandogli un’occhiata di fuoco.

- Ok. – mormorò lui abbassando la testa. – Scusa. –

Si guadò un attimo in giro e poi mi afferrò la mano da sotto il tavolo. Non alzai lo sguardo dalla scrivania. Spostai solo gli occhi su di lui e sorrisi leggermente, stringendogli la mano in risposta.

Presi un post-it e ci scrissi sopra il nome che mi aveva detto Rick. Girai la fotografia e presi la prossima.

- Nooo!! – esclamò Richard strappandomi l’immagine dalle mani e avvicinandola di più al suo viso.

- Non è possibile!! Questo è Paul Regent!!! –

Aggrottai le sopracciglia e mentre lui si perdeva a osservare meglio la fotografia, presi un altro posti-it annotandomi il nome di questo illustre individuo. Adoravo chiamare quegli uomini spregevoli “illustri”. Era divertente e alleggeriva il peso di questo caso.

- Ok. Ora basta con questo Paul. – esclamai strappandogli la foto dalle mani e porgendogli la successiva.

Passammo tutta la mattinata ad identificare gli uomini e persino alcune donne nelle fotografie.

Quando a mezzogiorno finimmo di catalogare tutte le immagini eravamo sfiniti. Il distretto era deserto, a causa della pausa pranzo. C’eravamo solo io, Rick, Javier e Kevin.

- Ragazzi! – li chiamai. Approfittando dell’assenza di persone e di “traffico” nel Distretto, arrivarono da me, seduti sulle sedie e spingendosi come bambini.

- Si, Beckett? – dissero contemporaneamente, alternando lo sguardo da me a Rick.

- Tenete queste fotografie. – esclamai dando loro il pacco di immagini di Galt. – Dietro ci sono tutti i nomi scritti sui post-it. Domani mattina li voglio tutti qui. Devo interrogarli. Hanno tutti quanti un movente. –

- Magari uno di loro era stufo delle minacce di Galt si rivelare tutto ai Tabloid, e l’ha ucciso. Sarebbe il movente perfetto. – si intromise Rick, appoggiandosi allo schienale della sedia.

Ryan ed Esposito annuirono e si divisero le fotografie.

- Castle, chiama il ristorante italiano più vicino. – gli dissi porgendogli il telefono della mia scrivania.

Lui sorrise entusiasta e afferrò la cornetta.

- Ragazzi, cosa volete voi? – urlò a Kevin e Javier.

- Carbonara!! – risposero entrambi.

Mentre lei parlava con il cameriere dall’altra parte della cornetta, io preparavo la sala relax per il pranzo.

Quando arrivò il fattorino con la nostra pasta, ci sedemmo tutti intorno al tavolo e cominciammo a mangiare.

 

Nel pomeriggio, invece ci occupammo di rintracciare tutti gli uomini presenti nelle fotografie.

Parlammo con i loro avvocati.

Mai con loro. Solo con gli avvocati.

Quando alle sette di sera, posai la cornetta per l’ultima volta ero esausta. Volevo solo andare a casa e immergermi nella vasca da bagno, magari con la compagnia di Rick.

Ecco!! Vaneggiavo! Anche se l’idea non era poi così male…

Tornai con la mente alla realtà e abbandonai la schiena contro la sedia, chiudendo gli occhi. Tutto il distretto era a casa. Montgomery aveva deciso di spedire gli altri agenti a casa dalle cinque.

Stavamo brancolando nel buio.

Non avevamo indizi, prove, sospettati… niente!

Ero stressata… avevo decine di persone da interrogare e speravo solo che tra uno di loro potesse esserci il colpevole di questo omicidio orribile.

- Ragazzi, - dissi attirando l’attenzione di Kevin e Javier. – andate a casa. Qui non c’è più niente da fare. Ah, Esposito. Dì a Lanie di fare di nuovo tutti gli esami possibili e immaginabili. -

- Certo. ‘Notte piccioncini! – esclamò lui, prendendo la giacca dalla sua sedia e andandosene, seguito da Ryan che ci rifilò uno sguardo malizioso.

- Buona serata, ragazzi. – dissi ridendo.

Rick si alzò e mi offrì la mano. La accettai con piacere. Mi alzai, avvicinandomi a Rick e stampandogli un bacio sulle labbra.

- Andiamo a casa. – gli mormorai.

Rick mi strinse i fianchi in un abbraccio facendo aderire i nostri corpi. Mi accarezzò una guancia e intrecciò le dita ai miei capelli.

- Andiamo. -

 

 

 

 

 

 

 

 

Buon giorno a tutti! E Buon Natale, anche se un po' in ritardo....

Mi spiace di essere stata assente per così tanto tempo, ma la scuola mi ha tenuta occupata tutto il mese; poi il Natale, le feste, pranzi... Oggi è l'unico giorno in cui ho un po' di pace e quindi ho deciso di postare il nuovo capitolo!!

Spero che vi piaccia e visto che siamo a Natale e tutti sono più buoni, speravo mi lasciaste una recensione per farmi sapere cosa ne pensate.

Grazie a tutti e ancora buone feste!!

 

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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della rete televisiva ABC; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 

 

  
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