[AU!Ereri | Parent!Levi] [+20.5k words]
Il piccolo supermercato in cui Eren lavora si trova di fronte ad una scuola materna, ed in un noioso pomeriggio autunnale osserva i genitori attendere il suono della campana per poter abbracciare i propri figli.
La sua attenzione viene attirata da un uomo rimasto fin'ora in disparte dagli altri genitori, e dalla bambina che corre fra le sue braccia.
`
Dal secondo capitolo:
“Quante volte ti ho detto che non devi allontanarti da me quando siamo fuori casa? Se lo fai un'altra volta ti verrò a prendere a scuola col passeggino.” la rimprovera il padre, indifferente all’espressione terrorizzata comparsa sul viso della piccola.
“Ormai sono grande per il passeggino, ho quasi cinque anni!”
“Ne hai fatto quattro lo scorso mese.” precisa il padre ed Eren scoppia a ridere, non riuscendo più a trattenersi.
“Cosa trovi di così divertente, moccioso?” domanda Levi e se uno sguardo potesse fulminare qualcuno, Eren sarebbe già polvere.»

E se Edward fosse stato una ragazza?
In questa storia ripercorrerò le vicende di Brotherwood, con la principale variante che Edward, nella mia storia, si chiama Edith Elric.
Cosa potrebbe comportare questo cambiamento? Non molto, forse direte voi.
Ebbene, venite a scoprire come un solo dettaglio possa andare a cambiare le sorti di così tante vite.
Perchè Edith, per il semplice fatto di essere una ragazza, stravolgerà molti avvenimenti fondamentali.
Contemporaneamente, il suo cuore d'acciaio metterà a dura prova un certo Alchimista di Fuoco...

Mi voltai piano, quel poco che bastava per osservare il nuovo arrivato.
Cominciai dal basso.
Degli anfibi neri erano poggiati sui pioli dello sgabello con indolenza. Sopra quelle scarpe, si snodavano dei pantaloni di pelle nera. All'altezza dei fianchi, una catena di metallo ricadeva di lato, tintinnando di tanto in tanto.
Una camicia anch'essa nera, lasciata aperta sul petto, circondava il busto della persona accanto a me.
Intorno al collo, come anche ai polsi, dei cinturini in pelle nera coperti di piccole borchie contrastavano con una pelle candida.
Spostai lo sguardo di nuovo, ancora più su...
Orecchini disseminati su tutto l'orecchio sinistro, rasatura sulla nuca, capelli nero corvino, un profilo austero e al tempo stesso delicato.
Durò una frazione di secondo, lo scambio di sguardi con un paio d'occhi di un azzurro così chiaro e penetrante da sembrare bianchi.

[Otayuri] [Accenni Victuri] [Fluff/ Angst / Lemon - Canon Universe]
San Pietroburgo. Yuri Plisetsky, campione indiscusso con il suo oro all'esordio senior, leggende del pattinaggio divenute ora allenatori del calibro di Victor Nikiforov, nuovi arrivati e vecchie amicizie.
Otabek, cosa ci farà anche lui lì?
La gloria dell'oro, la fama, l'insoddisfazione, il tormento. Le nuove scoperte, le vecchie ferite.
In una Russia che fa da scenario sfaccettato, nel continuo ricercare il sottile margine della linea fra l'affetto e il desiderio, fra l'amicizia e la gelosia, confini meno marcati di quanto si creda.

[Eren/Levi] [Canon!Verse]
Non dovrebbero fare queste cose.
Non in pieno giorno. Non con la luce del sole che li giudica dall’alto al basso. Non con il desiderio intossicante che brucia la pelle e ustiona le labbra.
Pelle calda sotto i polpastrelli. Pelle calda di cui non ha mai abbastanza né al calar del sole, né al chiaro di luna, o quando i primi timidi raggi del mattino illuminano quella spoglia stanza di pietra troppo fredda e inospitale.
Labbra bollenti che gli tolgono il fiato, lo fanno annaspare come un naufrago durante una tempesta. Labbra che marchiano e baciano. Labbra che non sono mai sazie. Labbra porpora, umide, ladre. Labbra che rubano baci in corridoi deserti, stanze buie e anfratti nascosti. Labbra che tacciono.

Dal Prologo:
L’uomo annuì, accarezzando un attimo la fronte del fagottino, poi si voltò nella direzione da dov’era venuto e si mise a correre per raggiungere la sala operatoria.
“Ah figliolo! Un attimo solo!”
L’uomo si voltò verso il padre.
“Come si chiama?”
Chiese l’anziano.
L’uomo sorrise.
“Amèlie”
E riprese a correre.
“Amèlie eh…”

[Otabek/Yuri]
A quel gesto, Otabek deglutisce a fatica. Yuri sta davvero per fare quello che pensa stia per fare?
Ha la risposta nel momento esatto in cui il ragazzo biondo si infila una mano sotto i pantaloni della tuta e comincia a toccarsi, mentre l’altro palmo si tiene ancora premuta la stoffa della tuta sul naso.
Va bene, forse è giunto il momento di chiudere la videochiamata, spegnere il pc e fare finta che tutto ciò non sia mai successo.
Otabek porta la propria mano sul mouse e il cursore sulla x rossa in alto a destra, ma la sua forza di volontà viene annullata dal mormorio che ode dagli autoparlanti del computer.
“Beka… Otabek…”
Quindi, ricapitolando: il suo ragazzo, che non vede da ben due mesi, si sta masturbando di fronte ai suoi occhi utilizzando la sua felpa, mormorando il suo nome, e lui dovrebbe persino chiudere la videochiamata e ignorare il tutto?
Eh, no. A tutto c’è un limite.

[...]
Un sospiro di sollievo, tuttavia, gli sfuggì dalle labbra non appena la sua pelle venne a contatto con il tepore dell’acqua e s’affrettò a immergersi completamente, strofinandosi le mani sulle gambe e sui piedi gelidi.
“Tremi ancora” gli fece notare Hajime sommessamente, sedendosi sul bordo della vasca alle sue spalle.
“Sento il freddo fin nelle ossa” confessò Tooru con un pigolio, girando appena il capo per scoccare un’occhiata veloce al viso duro di Iwa-chan.
Quest’ultimo sospirò alla vista di quegli occhioni lucidi e, piegandosi in avanti, immerse la mano nell’acqua, alla ricerca di quella di Tooru.
[...]

Dal testo:
"Sai che ti mollerebbe due calci sulla faccia se ti vedesse crollare in questo modo. Tu che sei (eri) la sua roccia.
Ma, Beka…
Da quanto non urli così?
Da quanto non ti bei di questo senso di pace apparente, quello che solo un azione del genere è capace di sprigionare?
Da quanto non permetti che sia questa sensazione, seppur effimera, a giovare al tuo animo distrutto, alle tue membra stanche?
Da quanto hai finito di pensare anche a te?"
-
Questa è nata dall'unione tra una grande voglia di scrivere, una grande tristezza, due canzoni e la notte.
Non avrei mai pensato che, dopo quattro anni, sarei tornata a scrivere grazie ad una canzone di Gigi D'Alessio, che di solito non ascolto.
E l'altra canzone si è inserita completamente da sola, in realtà.
Sono molto arrugginita, e per questo chiedo venia fin da subito.
Grazie a tutti quelli che leggeranno.
_you_are_my_Evangeline.

Sebbene le giornate di gara fossero state a dir poco stressanti, e sebbene non avessero potuto permettersi distrazioni di nessun tipo, non era stato affatto semplice incrociarsi per i corridoi e salutarsi solo con un cenno, non era stato affatto semplice stare insieme nello spazio comune adibito agli esercizi ginnici preparatori e fare conversazione come se fossero dei semplicissimi amici, parlando di cose idiote e inutili, con le addominali in bella vista e le spalle sudate.
Cazzo, sarebbe stato più semplice ignorarsi, ma ormai tutti quanti sapevano che Yuri Plisetsky e Otabek Altin erano amici. Buoni amici. E i buoni amici facevano conversazione.
Ciononostante, non appena Otabek muoveva le labbra per parlare di un argomento a caso, Yuri non riusciva a pensare ad altro che a chiudergliele con un bacio.

Shikadai si mise in posizione, pronto ad utilizzare la tecnica del controllo dell’ombra sulla sua ragazza, facendole fare tutto quello che voleva, quando quest’ultima gli si mise in braccio, bloccandolo.
“Sei lento, Shika. E sei pure eccitato. E io che volevo giocare a nascondino come facevamo da bambini.”
“Non dire bugie! So benissimo che tipo di gioco volevi fare. Non fare la santa con me.” [Tratto dal primo capitolo]

[...]
Davvero, non riusciva sul serio a comprendere come potesse essere tanto morbida e perfetta, quell’epidermide.
Insomma, nessun neo, nessuna macchia, nessuna imperfezione… poteva davvero far parte del corpo di un umano?! Ne dubitava parecchio.
Non che fosse propriamente normale, quell’Oikawa Tooru.
Non poteva spiegarsi altrimenti il motivo per il quale non puzzasse come tutti gli uomini sul pianeta Terra, non sudasse in maniera inopportuna, non avesse mai un foruncolo.
Il suo, pareva essere il corpo etereo di una creatura divina.
Solo il corpo, che sia chiaro. La mente e la personalità erano terribilmente simili a quelli di un demone subdolo e maligno.

Naruto lo guardò negli occhi e gli rivolse un sorriso malizioso, prima di prendere il sacchetto e porgerglielo. Il moro lo afferrò e lo aprì. Non riuscì a capire esattamente cosa gli avesse suscitato la vista di quel regalo. Lo estrasse, rigirandoselo fra le mani per osservarlo meglio. Rimase in silenzio a fissarlo, non capendo se la cosa gli avesse procurato piacere o fastidio. Probabilmente entrambe le cose.
NaruSasu | [Note: dirty talking]

[IwaOi]
~ Raccolta partecipante all'iniziativa “Caffè o Tè?” a cura di Fanwriter.it! ~
Piccoli stralci di vita quotidiana di Tooru e Hajime una volta presa la decisione di vivere assieme ♡

[IwaOi|OS|AU|PwP]
“Smettila…” borbotta Iwaizumi tornando a mangiare e cercando di non prestare attenzione al movimento lento della lingua di Oikawa.
“Di fare cosa?” domanda con quel tono di falsa innocenza che Iwaizumi non sopporta per niente.
“La tua lingua!” risponde stringendo i denti e avvicinandosi al suo viso.
“Non sto facendo nulla…”
“Lo sai cosa mi provoca!”
Quello dipinto sul viso di Tooru è sicuramente un ghigno. “Se stiamo pensando la stessa cosa potrei darti una mano Iwachan!”
Se Iwaizumi avesse il potere di incenerire le persone con lo sguardo, ora Oikawa sarebbe solo polvere.