Recensioni per
Save our Souls (Specters)
di Deliquium

Questa storia ha ottenuto 31 recensioni.
Positive : 31
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano

Mi prefiggo di rispettare questo piccolo appuntamento del fine settimana che, tra me e me, ho preso coi tuoi lavori, cascasse il mondo – o mi cascassero una serie di rotture di scatole tra capo e collo, come nelle ultime settimane, oggi incluso. Per un po' è stato un appuntamento coi tuoi signori del Piano di Sotto, presto sarà un appuntamento con altre cose. È un'oasi di bellezza, questa raccolta, anche sulle rovine fumanti di una guerra finita in modo poco soddisfacente per quelli che sulla carta sarebbero tra i vincitori. Mi convince e mi piacela struttura circolare che hai deciso di adottare, a suo modo fa quadrare il cerchio – ho anche fatto la brava e sono andata a rileggermi i primi capitoli, perché a distanza di anni la mia già debile memoria tende a perdere più colpi di quanti non ne perda già a breve termine.

Questi ritratti degli Spettri sono uno più bello dell'altro; e, no, non sono in grado di stilare una classifica. Sono tutti vibranti, ciascuno a suo modo, vivi nella non-vita che descrivi.

Mi piace Felthuz, in questa scena antica: c'è un senso dell'onore, della misura – anche quando la misura dovrebbe essere assoluta, on the hard scale, per dirla coi connazionali di un Rhadamanthys futuro. Non credo di star proiettando (ma è sempre possibile, ché l'osservazione modifica il processo osservato), ma gongolo nella sensazione che l'Inferno, anche qui da te, rimanga una forza tutto sommato bilanciante, senza il trasporto emotivo dello sgozzare per il gusto dello spargimento di sangue, del dolore, del soggiogare.

Ma c'era rispetto. Tra nemici. Erano guerrieri, non bestie assetate di sangue.

In una logica squisitamente shōnen, questi signori sono gente con cui si può ragionare – rigorosamente a cazzotti e a galassie sparate in faccia, magari stringendo un'imperitura amicizia cavalleresca, altrettanto rigorosamente in punto di morte. Ares e i suoi, no. Ora, io credo che il desiderio di sbudellare e giorire dello sbudellamento, di soggiogare il prossimo, o di brindare col sangue e le lacrime nei nostri nemici sia a sua volta tutto sommato umano – dici che ho un malcelato problema con la gestione della rabbia? Naaaah! Ma la Morte è al di sopra di queste piccolezze, è indifferente a queste quisquilie; ha la sua purezza e la sua assolutezza. Non sta forse scritto anche nelle pagine del Cialtronissiomo che Hades è un dio misericordioso? Certo, per bocca dei suoi, ma rimane il fatto che qualcuno abbia potuto dirlo.

Quale chiusa migliore, dunque, di quella che hai scelto? Nessuna. Davvero nessuna, perché su questo sfondo di un'Atene piegata e svuotata di senso da una Guerra brutale che alla Morte non può aver dato alcun piacere vincere solamente sulla carta; sullo sfondo della soggiogazione, anche il lettore (o almeno questo lettore) riesce per un ultimo istante a guardare il tutto con gli occhi degli Spettri, e a scorgerla, la promessa assolutamente preferibile di questa Morte che è una liberazione.

Mi sa che al prossimo giro ci vediamo su in vulcano! Ed anche questa è una promessa!

Un abbraccio, e grazie ancora di aver scritto questa meraviglia!

Recensore Veterano
16/03/24, ore 13:34

Potrei lanciarmi in quarta in uno sproloquio sulle regole – soprattutto quelle che ci imponiamo e che ergiamo a guida dei nostri ragionamenti, pubblici o privati che siano – e su come l'esser fisse, o inflessibili, non è una condizione sufficiente né probabilmente necessaria acché siano regole. Per quel po' di decenza che mi rimane, me lo risparmierò, perché sono già noiosa di mio, senza bisogno di uno sproloquio aggiuntivo a carico. Però, credo che la tua scelta di lasciare Minos qual Minos all'anagrafe sia in sé e per sé giustissima, e non solo perché crea l'occasione per tratteggiare in pochi giri di frase un ritratto vivido del fu babbo di Minos.  Lasciamelo dire en passant: un pochino mi ha stretto il cuore il babbo di Minos, non solo per una serie di ragioni di circostanza che mi portano ad avere una simpatia di categoria con questo poveraccio. E mi chiedo, in un pensiero ozioso, in quale fossero la disciplina e l'area di specializzazione, di quest'uomo che pare aver passato la vita a rincorrere domande e spiegazioni e teorie e risposte, scrivendo libro su libro. Publish or perish, vengono spesso ammoniti i giovani accademici. Pubblica (come un pazzo) o muori. Poi se muori per pubblicare come un pazzo, eh, beh, non avevi la stoffa. Ma io ho sempre avuto l'impressione che uno alla fine muore lo stesso – e la sorte del babbo di Minos almeno non mi dà torto! – e che, allora, se tutto questo lascia così poco tempo, tanto vale che non ne trovi troppo di più. Altrimenti, alla fine, si finisce davvero come il babbo di Minos: troppo perso a rincorrere cose che non si faranno mai davvero acchiappare per trovare il tempo per andare a visitare un luogo amato, almeno nel sogno del mito. A volte è meglio non riuscire a toccare con mano un mito che amiamo, per lasciarlo nel suo spazio mitico e intoccabile; ma è anche vero che c'è qualcosa di immensamente triste nel non riuscire a conquistarci il tempo giusto e sacrosanto per le cose che amiamo. Ho l'impressione di star facendomi una filippica sulla corda, comoda comoda in poltrona, nella mia casuccia dell'impiccato, ma non sottilizziamo. In compenso, non ho progenie per cui essere un padre assente – o una madre degenere. Sono piccole conquiste.

Comunque, dicevo, a proposito di Minos che è Minos all'anagrafe, credo che sia una scelta immensamente espressiva, perché crea una continuità tra Minos e Minos, tra il Minos che è e il Minos che sarà ma che non è ancora, ti consente di mettere in scena lo scivolare del presente nel futuro. È un po' un'allegoria della permanenza e del cambiamento, riflette su quello che resta con la morte, in relazione alla morte, la dialettica tra quello che passa e quello che rimane immutabile – che è il filo conduttore non solo in questo capitolo, esplicitamente e su tutti i livelli narrativi; ma dell'intera raccolta. Mi dispiace di essere quasi in dirittura d'arrivo: questo tuo lavoro m'incanta ogni volta e mi fa pensare pensieri che mi piace pensare. O forse è solo un po' di angoscia del punto fermo e della compiutezza, o semplicemente della fine.

Un abbraccio!

Recensore Veterano
10/03/24, ore 12:33

Non conoscevo l'intervista al Cialtronissimo cui fai riferimento; ma, a pensarci neanche troppo bene, credo che sia una scelta incredibilmente sensata – e probabilmente anche assolutamente casuale, come  è palesemente  la stragrande maggioranza delle scelte azzeccatissime del Cialtronissimo, quelle che trasudano potenziale e, in fondo, sono la cifra di grandezza di questa opera, su cui nel bene e nel male stiamo ancora a scrivere e a leggere e a riflettere dopo un numero di anni che è meglio, per la mia autostima, non stare  a contare.

È sensatissimo che le Surplici costringano il portatore ad adattarsi loro, invece che il contrario: un po' per la connotazione che questo semplice fatto puntualissimo dà all'andazzo delle cose al Piano di Sotto, il tono generale che permea l'Oltretomba kurumadiano; e un po' perché altrimenti certi personaggi con marcate caratteristiche disumane, tra le fila di Hades, non potrebbero trovare una collocazione sensata e coerente. Poi sorvoliamo sul fatto che una cloth come Virgo sembri avere un vitino di vespa per caratteristica strutturale, del design stesso, e sfido io il Cialtronismo o chi per lui a mantenerne le linee essenziali con dentro uno che non sia sulla soglia dell'anoressia, con tutta probabilità dal lato sbagliato... ma sorvoliamo, eh? Credo che qualunque potenziale problema bellamente ignorato dal Cialtrone sia risolto sul nascere dalla tua decisione di impostare Sincretismo sotto l'egida della reincarnazione, con tanto di permanenza di alcune caratteristiche fisiche essenziali – è bella l'idea che l'anima informi in senso strutturale il corpo, con tutti i suoi accidenti: porta l'ilemorfismo (o ilomorfismo, scegli una vocale!), per cui il mio cuoricino aristotelico non può non simpatizzare, alle estreme conseguenze.

Al di là della bellezza del punto di vista della voce narrante, della Mandragora che aspetta e commenta e infine trionfa, mi incanta il focus che hai dato a questo pezzo, concentrandoti su quella che è innanzitutto una metamorfosi. Da una parte, forse tutta S.O.S., a rivisitarla, è una raccolta sulla metamorfosi, sul diventare quello che si deve essere, che non si può non essere; ma questo capitolo in particolare bilancia qualche cosa di ovidiano, la faccia classica della metamorfosi (almeno per la mia animuccia semplice, il classicismo aleggia sempre un po' dappertutto in Saint Seiya) con una metamorfosi kafkiana – nel tono, nello squallore, nel vomito, forse nella cruccaggine che fa parte di questo ragazzo.

 

Il terrore di chi si vede e non si riconosce.

Ecco, il terrore della metamorfosi è già ovidiano, è già abbozzato nei miti classici delle trasmutazioni – quelli à la Daphne, per intenderci, non à la Zeus che si trasmuta a piacimento per andarsene in giro a fare il porcello con impunità. Ma che quel terrore sia nel momento dell'autoriflessione, del cercare di riconoscersi e non riuscirci, invece che nell'essere soggetti ad una forza esterna, quasi sempre violenta, questa è un'idea tutta kafkiana, tutta moderna. E funziona benissimo.

 

Bellissimo tutto; e bellissimo Rhadamanthys, che entra in scena perfettamente ed al momento giusto.

 

Ma certo che l'hai visto. L'hai visto molte volte. Sei sempre stato al suo fianco. Nella vita precedente, e in quella ancora e ancora, quando…
Se avessi una bocca, le mie labbra sarebbero deformate e livide per il ricordo.

Ora, io non so a quali fatti quel "quando" e la specifica vita precedente cui si rimanda facciano riferimento, ma ho il sentore e la vivissima speranza che lo scoprirò mettendomi in pari con il resto.

Recensore Veterano

Io ho un'innata simpatia per la disposizione concettuale delle cose – c'è mai un ordine vero che non sia concettuale, in fondo? Anche l'ordinamento fisico o metafisico delle cose, d'altronde, deve essere rendicontato dal concetto. E sì, magari sarà anche il mio nominalismo a briglia sciolta, ma le vedute concettuali, almeno per me, fanno sempre da contrappunto e fondamento della stragrande maggioranza delle preferenze, o per lo meno delle preferenze giustificabili. È tanto più bello seguire, capire, leggere della progressione di concetto di una narrazione, piuttosto che della mera successione cronologica dei fatti.

 Così come ho un'innata simpatia per l'ordinamento giuridico e concettuale dell'Inferno kurumadiano, che sarà sì un gigantesco pastrocchio, ma proprio per questo è un terreno fertilissimo, aperto a mille interpretazioni.

Credevo di aver letto questa storia fino in fondo tanti anni fa. Credevo male, ma mi perdono dicendomi che la mia consapevolezza della realtà – e delle mie azioni – lascia spesso a desiderare, molto a desiderare. Forse però anche la mia era una percezione innanzitutto concettuale, e dunque posso perdonarmi la mancata adequatio tra l'intelletto e le cose, perché avevo amato profondamente gli scorci sugli Spettri che tu hai messo in fila qui, l'uno dietro all'altro, anche se per gli accidenti della vita etc. etc. ero rimasta al sesto. Mi rimetto in marcia da qui, che a me una saison en Enfer fa sempre bene all'anima. Soprattutto se l'Inferno è il tuo e la stagione è la primavera – che, saranno i pollini, sarà la Quaresima, a me infonde sempre un sentore di morte!

 

Un abbraccio forte e alla prossima,

 

G

 

 

P.S. Solo una domanda (senza affibbiarti l'onere della riposta). Da questa tua sembra che quello che stabilisce la pena sia innanzitutto il Libro, e che Lune la legga, la riferisca. Il che mi lascia una sensazione intellettuale che fatico a descrivere, così su due piedi, tra la relazione tra la parola scritta ed il proferimento. Ma forse sono solo io che ho una perversa fascinazione con quel Libro di laggiù!

Recensore Veterano
07/05/17, ore 12:36

C'era chi aveva la frusta, chi la spada, chi una clava e chi doveva accontentarsi di una scopa.



Ed ecco che tu mi fai provare simpatia per il povero Marchino, assieme a Zelos, l'altro bruttone delle schiere infernali. Ma dove Zelos è chiaramente un viscidone infido, una carogna insopportabile, Marchino è un poveraccio, un messo sotto dalla vita (o, in questo caso, anche dalla morte). Insomma, Marchino, servo di un po' troppi padroni che proprio non si vogliono mettere d'accordo o prendere atto che l'ubiquità non è in dotazione con la corazza da Spettro, è un poveretto che – se Kuru avesse saputo usarlo – sarebbe stato un ottimo momento di sollievo comico e, come spesso è un sollievo comico scritto bene, di uno sguardo critico sull'ordine del mondo in generale, non solo del mondo di Saint Seiya, militare e gerarchico. Perché, in fondo, c'è sempre, in qualunque contesto, il poveraccio di turno a cui tocca la scopa. Forse non è giusto che sia così, ma è necessario e inevitabile: non possiamo essere tutti fighi come Aiacos, potenti e relativamente centrati come Rhadamanthys... Non possiamo neppure essere tutti quel meraviglioso pazzo impazzito di Minos. 

Che poi Marchino muoia d'una morte assolutamente del piffero, è uno dei tanti segni che, nel Mondo di Sotto, non si capisce tanto la dritta. A un malpensante potrebbe quasi venir da dire che le schiere infernali non abbiano poi tutta 'sta voglia di vincerla, questa benedetta guerra.

Recensore Veterano
15/04/17, ore 14:20

Comincio dalle cose secondarie, prima di passare a gongolare come al solito. Premesso che il mio tedesco fa schifo, ora e sempre, in saecula saeculorum, amen, e che dunque sono da prendere con le pinze, "Meinblut" anch'io non credo che esista ma – per quel poco che ne so – a me sembra una parola composta benformata. Ma, a prescindere da tutto, ha anche un'immediatezza viscerale che è perfetta e che mi piace immensamente.

Una delle sfaccettature secondo me più interessanti delle armate dell'Inferno kurumadiano, è proprio la presenza di guerrieri solo vagamente antropomorfi a militare fra quelle fila. Eppure anche loro – o almeno i loro corpi mortali – sono nati da una donna, o almeno è ragionevole assumerlo.
Mi piace che qui la voce che racconta la storia di questo "disumano" sia la voce della madre: è una madre umanissima, troppo umana se si vuole – ed inquietante almeno quanto lui. E qui mi chiedo se il chiaro scompenso di questa donna non sia almeno in parte dovuto all'aver dato alla vita un figlio della Morte – il che ha qualcosa di assurdo e di mostruoso in sé. Così come è assurdo il suo tentativo di impedire alla farfalla di volare perché non sia schiacciata; tentativo tenero e folle, quello di questa madre che vorrebbe abbracciare e parlare con questo suo figlio sfuggente, mostruosamente distante, che disegna solo coi colori di morte (bello bello quel bianco come le ossa! sì, sì, sì!), sempre per terra, come se il mondo di sotto già lo chiamasse – o come se stesse aspettando il momento per spiccare il volo.
Mi piace che la storia del risveglio di Myu sia in una certa misura la storia della "liberazione" dalla propria umanità. E, se l'uccisione (metaforica, almeno di solito) del padre è un po' quello che sancisce la nostra piena consacrazione al mondo degli umani maturamente realizzati, adulti, cosa potrebbe essere un più radicale rigetto di quel mondo e di quell'umanità, già tenue, se non l'uccisione della madre?
(Nota a margine: perché a questo giro la uccide, vero? o sono di nuovo io che vedo sangue dappertutto? XD)

Recensore Veterano

Carissima, questa storia mi dà sempre grande gioia e oggi mi fa piangere – fuor di metafora: ho gli occhi lucidi e vedo a stento che cosa stia scrivendo. Mi riduci ad essere una persona emotiva!

Come ben sai, ho un debole tutto speciale per Aiacos. Quindi, quando ho letto che oggi toccava a lui, il mio cuoricino ha fatto una capriola in volo; poi s'è caricato anche lui di un grande peso. Mi piace immensamente questo tuo Aiacos. Immensamente.

Io ho amato alla follia l'Aiacos di Kurumada, ma – anche qui – meno, molto meno, quello della Teshirogi. Intendiamoci: è tanto più bellino, l'Aiacos del XVIII secolo – perché la suddetta Teshirogi sa disegnare e probabilmente Kurumada non ha ancora ben capito dove stia di casa la matita –, ma è anche un pazzo completamente impazzito. Però Lost Canvas ci ha dato Violante ed io trovo che Violante sia uno dei personaggi femminili più interessanti e riusciti di tutto Saint Seiya, in tutte le sue declinazioni. Personalmente, per inclinazione non sono esattamente una shipper (né yaoista né hettista – si dice così? boh, vabbè, ci siamo capite XD) e in genere le relazioni sentimentali fra superiori e sottoposti mi mettono un po' a disagio. Il che poi è lo stesso discorso che vale per quegli altri di cui precedentemente – e sì, lo so, devo ancora risponderti al messaggio....Sono pessima! XD
Però, in qualunque maniera lo si voglia leggere, è inoppugnabile che anche fra Violante ed Aiacos ci sia un rapporto potente, forte; che ci sia una devozione, un rispetto reciproco, qualcosa di simile all'abnegazione; qualcosa – qualunque cosa sia – di innegabilmente speciale. In un certo senso – qualunque esso sia – anche quella è forse una forma d'amore – romantico o meno, poco importa. Insomma, 'sti due in rapporto l'una all'altro per me sono stati uno dei picchi positivi nella lettura di Lost Canvas.
Però, nel manga classico, non c'è traccia di Violante. E, se si abbraccia la teoria della reincarnazione come Lost Canvas invita a fare e come tu fai splendidamente in questo tuo universo, allora bisogna darsi una spiegazione. La tua, di spiegazione, non solo è convincente, ma è anche profondamente toccante: dice moltissimo di che tipo di persona sia il Re Garuda, o forse Amrish, o forse soltanto quello che di vita in vita rimane il nocciolo duro di colui che è Aiacos – e lascia adito ad interpretazioni che rendono questo personaggio ancora più interessante. Perché si uccide quello che si ama o per amor suo, per pietà, per risparmiargli il desiderio di morte sotto la pelle (bellissimo! bellissimo!); o forse per amor nostro, perché i legami, per quanto preziosi, per quanto speciali – soprattutto quelli preziosi e speciali –, sono vincoli, sono pesi: limitano il nostro volo. Chi si lascia avvincere, chi si rimette alle mani di qualcun altro, cede una parte di potere, si lascia dominare.
O forse lo si fa per entrambe le ragioni, forse non le si può neanche discernere.
Chissà però quanto è gravoso da portare il peso di quella morte, di quel sangue, sulle mani.
Io non lo so. So solo che questo ritratto del buon Garuda mi ha toccata profondamente – e che per colpa tua ho finito i fazzolettini!

Recensore Veterano

Carissima, carissima, mia carissima! T'invito ormai a dare per scontato l'adagio del mio amore assoluto per questa storia, in ogni suoi singolo carattere, spazio e segno di punteggiatura, ché a ripeterlo ogni volta finirei col diventare un disco che s'è incantato.
Epperò, epperò, non posso esimermi dal dirti quanto mi piaccia che Flegiàs entri in scena completamente fatto! Io sono una grande fan e sostenitrice dei fattoni all'Inferno - non nel senso che dovrebbero andarci, poveracci, ma che nelle schiere del sommo Hades ne militino. Oh, se ce ne militano! Da lettrice avvisata, poi, non posso non apprezzare quanto la situazione sia pertinente all'ambientazione a Città del Capo, nei tardi anni '80. Ok, magari nei tardi anni '80 è pertinente un po' dappertutto e in Sudafrica è forse pertinente più o meno sempre, ma è irrilevante! XD
E poi ho ridacchiato come una cretina a Flegiàs che non solo ha un senso dell'umorismo delizioso (e dunque una caratterizzazione sfaccettata - ché, senza, il senso dell'umorismo non regge), ma - da bravo fattone - ha il coraggio - ebbro! stra-ebbro! high as a kite! - di dire a Minos e Rune quello che tutti prima o poi abbiamo pensato. "....il duo di supporto ai Mötley Crüe"!!!! Non ho più il fisico per ridere così tanto così a lungo: è doloroso.

Sì, Flegiàs, da domani cambierai vita e t'arruolerai. Non proprio nella Legione straniera; forse non proprio domani - se le voci sono affidabili XD -; e forse non è proprio una vita. Ma quasi.

Recensore Veterano
12/03/17, ore 18:02

Io non credo di avere parole d'amore a sufficienza per esprimere adeguatamente il rapimento estatico in cui piombo ogni volta che apro questa raccolta - no, non sono i farmaci, giuro: sei tu. Che il rapimento qui sia quasi a tema è una felice coincidenza! XD
Ero in brodo di giuggiole già dal titolo, "Colui che è fedele" - e chi più di Valentine potrebbe mai meritarselo? L'amatissimo Eliot sarebbe bastato a darmi il colpo di grazia. Ma questo avrebbe reso il resto un overkill, e no, non sarebbe andato affatto bene, perché il resto - ancora una volta - è magnifico.
Io devo mettere le mani avanti: confesso di non essere una grande amante di Lost Canvas, che in generale secondo è un po' giù di tono, perde d'epicità; però quelle pagine sull'Arpia hanno una grande forza, dolorosa e disperata, che è quella della fedeltà assoluta. Chissà, forse qualcuno di noi incontra qualcosa nella vita - un ideale, un amico, un condottiero, un sogno, un progetto, qualche cosa, a ciascuno il suo - cui poter rivolgere quel tipo di fedeltà, di devozione, fino ad elevare l'oggetto d'elezione al rango di divinità, o anche un passo oltre. Solo qualcuno, però, ché ho l'impressione occorra un certo tipo di temperamento. Comunque, senza divagare troppo, in quelle pagine c'era una certa forza; ma qui ce n'è di più: più forza, più dolore nel modo che hai di introdurre il ritorno di quei ricordi, in quello strappo. Forse sono così tutte le epifanie o le prese di consapevolezza - e quanto mi piace che essere uno Specter "non sia nient'altro che un'esplosione di Consapevolezza". Quanto, quanto mi piace!
Con tutto il male che dalla consapevolezza deriva, ché no, la consapevolezza non è una cosa facile: è dolorosa da acquisire e da portare; ci squarcia, la consapevolezza, in un modo tale che non si può ricucire - perché la consapevolezza non si più dimenticare, non la si può lasciare da parte, una volta che ci ha toccati.

Recensore Veterano

Ciao, carissima! Oggi ho bisogno di distrarmi... E che potrebbe mai esserci di meglio, per sedare i miei istinti omicidi, che venire a far visita ai cari amici infernali, qui da te?
Ieri sera ero persa in profonde meditazioni (leggi: cazzeggiavo alla grande) e, fra le varie cose, completamente a caso, sfogliando un articolo sulla storia delle abbreviazioni - sì, lo so, a volte il mio cazzeggio è degenere - mi è venuta in mente Pandora. Certe volte, appunto, il mio cervellino se ne va tutto solo per la tangente. Però, col senno di poi, mi è balenato in mente il perché: ero ad una nota sul S.O.S., sì, proprio la richiesta di soccorso, col Morse e tutto il testo. S.O.S., abbreviazione per Save Our Souls, appunto. E dunque, ho pensato: Oh! Pertanto, resami conto da dove fosse saltata fuori la mia improbabile associazione, mi sono ripromessa di passare qui da te quanto prima - con la sola remora di aver ormai abbandonato qualunque tentativo di ordine di lettura... XD
Questa vola fra le preferite, immantinente, senza se e senza ma: ho amato ogni parola, senza eccezione alcuna, dall'amore filosofico per le architetture del discorso (verissimo: noi ci perdiamo nelle architetture del discorso, per amor loro e forse anche un po' per amore del perdersi di per sé) ai giuramenti radamantini. Ho amato assolutamente tutto. E l'incontro - il dialogo - fra Rhadamanthys e Socrate (il Maestro), due fra gli uomini che storia e leggenda hanno consacrato come giusti per antonomasia, oltre ad essere assolutamente geniale, è anche di una bellezza assoluta.
Oggi avrei torturato qualunque filosofo, a priori: è una di quelle giornate... Però, se anche il buon Vivernone nutre la giusta misura di rispetto per un grande uomo di pensiero, forse dovrei darmi una calmata pure io. Quindi, ti mando un ringraziamento speciale per aver creato questa meraviglia!
Un abbraccio e a presto! :)

Recensore Master

Mai fidarsi di Ares.
MAI.
Se Athena ha sempre un asso nella manica, pronto in caso di necessità, Ares ha una spada, una lancia, un pugnale da conficcarti nella gola. Ad Ares piace il chiasso, la paura ed il terrore, lui personifica la guerra nell'accezione più distruttiva che esista. Non è la pianificazione della battaglia, è il sangue versato, la furia che si slega e miete vittime. Per il puro gusto di uccidere.

Che sia successo qualcosa è chiaro, così come è chiaro che la Viverna lo ha cpaito, ma non si azzarda a rivelare questo particolare ad un suo sottoposto. Perché è un sottoposto, e allora svia altrove i suoi occhi che hanno il potere di pietrificare, per evitare che Felthuz rivolga i suoi pugni contro Ares. Insomma, un conto è che qualcosa vada storto e ti venga negato di trionfare sulla tua nemica; un altro è dover fare i conti con Ares!
Che i suoi seguaci mettano a ferro e fuoco Atene. Quella città, adesso, è solo un cumulo di macerie fumanti. Atene cade, ma non gli ateniesi, appesi su quei pali l'uno accanto all'altro. E che cos'è una città prova dello spirito dei suoi abitanti?
Un ammasso di case, strade e alberi e colonne.
Che bruci tutto, allora. Fino all'ultimo granello.

Recensore Master
08/10/15, ore 12:09

Sai cosa mi è piaciuto tanto tanto tanto?
La mandragola. O Mandragora. Il fatto che sia lei la voce narrante, ma che Quirin non la senta. Non la senta né ridere, né gridare, o morirebbe all'istante.
Mi è piaciuta la fame che ha la Mandragora di riunirsi a Quirin, di papparselo come fosse un delizioso pasticcino. Un cioccolatino. Lui, che si ingozza come un maiale sprofondato in poltrone vecchie e sudate e sformate. Lui, che ha perso la strada, che deve essersi confuso quando è rinato; o forse non è colpa sua, è il Destino che si diverte a giocare a dadi con noi mortali.

E poi, lui. Rhadamanthys. Che sembra trovarsi perfettamente a proprio agio ovunque. Che sa che è solo questione di tempo prima che la trasformazione si compia e che Queen si risvegli. Frastornato. Ma dopo quanto ha vomitato (e hai detto bene, quel genere di cibo è merda e poco più) mi sarei stupita del contrario.

Recensore Master
06/10/15, ore 18:25

Dovrei citare ogni parola, virgola compresa.
Hai smosso cose in bilico, sassolini in equilibrio precario che si sono portate appresso una valanga. Il freddo, il ghiccio, un uomo che diventa cenere e che diventa un uomo solo quando ti arriva un avallo. E allora la morte diventa reale e tu non sei più sospeso tra il prima ed il dopo, quando avrai voltato le spalle a quel mondo fatto di ghiacci e freddo e sentimenti che congelano nel cuore, prima che nella gola. E allora il morto, quell'urna piena di ceneri, torna ad essere tuo padre, tua madre, tuo nonno, una persona che hai conosciuto, con cui hai condiviso un pezzetto di strada, una persona che hai amato.
E cambi anche tu. Diventi l'orfano, quello oblato del caro estito. E capisci che questa vita è tutto un girotondo, un giro di gonne e olri e polvere e trottole nel diperato tentativo di cambiare pelle, come fa il serpente, nella speranza che Lei non ti trovi. La quale, invece, ti aleggia sul collo, scandendo il tuo nome.

Recensore Master

Ebbene, eccomi qui! ~
​Torno a recensire questa raccolta perché, si, è un dannato capolavoro. Ho adorato questa shot incentrata su Flegias e te ne faccio i miei più che sinceri complimenti: hai saputo caratterizzare al meglio il suo personaggio, sei riuscita a renderlo incredibilmente divertente quanto realistico. Non potevo non ridacchiare durante la lettura, l'ho trovato un lavoro decisamente originale quanto meravigliosamente gestito; nonostante il personaggio di Minosse non rientri fra le mie preferenze, in questa shot, non ho potuto non adorarlo per il suo modo così posato quanto sadicamente dedicato con cui è stato visto comportarsi con Rune e, successivamente, con Flegias.
​Hai saputo gestire squisitamente i loro personaggi. Personalmente li ho adorato e non considero affatto simile lavoro un delirio ... Per me è un assoluta genialata! Te ne faccio i miei più sinceri complimenti~
Concludendo, splendida shot. In questi giorni spero di riuscire a recensire tutti i capitoli! ~
mughetto

Recensore Master
24/08/15, ore 23:33

Ebbene, eccomi qui~
​Forse avrei dovuto attendere prima di ricominciare la lettura. Se così avessi fatto il mio cuore non avrebbe risentito così tanto di questa splendida shot e di questo personaggio che - da sempre - ghermisce il mio cuore con la sua storia e psicologia. Valentine dell'Arpia entra, senz'altro, fra i miei spettri preferiti; come nella serie classica, così anche in Lost Canvas ho avuto modo di apprezzarlo e sono rimasta veramente senza parole per la carica emotiva che è stato capace di generare in me. Come non amare Valentine? Come non apprezzare il suo amore, la sua cura e stima per Rhadamanthys? Quando lessi i capitoli a loro dedicati scoppiai in un gemito strozzato per il loro tristissimo destino - uno morto per troppo amore, l'altro costretto a servire una donna che minava alla sua dignità.
Ho quindi molto apprezzato la dinamica del suo risveglio. Le tue descrizioni sono quanto più accurato e meraviglioso che abbia mai letto: adoro il tuo modo di descrivere gli ambienti, dare visibilità ai personaggi tratteggiandone il profilo, rivestendo la storia di una sottile quanto affascinante contestualizzazione. Ho davvero amato il tuo modo di descrivere Valentine: lo hai reso un personaggio così vivo e reale da affascinarmi profondamente .
​Concludendo, una davvero bellissima shot!~
mughetto

​PS
​JULIAN! Quando ho letto il suo nome non ho potuto non spalancare la bocca in un'espressione di puro stupore e felicità. Credo di essermi ripresa anche se continuo a canticchiare "è un mondo libero~"

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