Recensioni per
La leonessa di Francia.
di _Agrifoglio_

Questa storia ha ottenuto 1539 recensioni.
Positive : 1537
Neutre o critiche: 2 (guarda)


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Recensore Junior
03/05/23, ore 23:28

Ho terminato da poco la lettura di questo capitolo che ho trovato davvero spettacolare.
Grande prova hanno dato Oscar ed André, scissi tra famiglia e guerra, tra amore reciproco rafforzato dal passare degli anni e senso del dovere che li spinge a tendere sempre oltre, verso ideali di giustizia e di libertà. Pubblico e privato sono sempre stati presenti in Lady Oscar, ma dopo la dichiarazione d’amore ed il matrimonio dei protagonisti in questa storia sono diventati ancora più evidenti. Non dimenticherò mai quel capitolo in cui Oscar ed André trascorrono a Lille la loro “luna di miele”, tutti intenti ad imparare a conoscersi come coniugi ed a prendersi reciprocamente le misure, ma alla notizia dell’arresto dei soldati della guardia metropolitana non esitano a lasciare il loro paradiso terrestre ed a rituffarsi nel pieno della mischia, per fare il loro dovere. Questa storia è tutta così ed anche qui che sono ormai anziani Oscar ed André non si risparmiano e, sebbene ci siano persone più giovani di loro, decidono di affrontare il condottiero più grande che la storia abbia mai conosciuto per fare sì che la Francia e l’Europa siano dei posti migliori.
La mia gioventù è ormai tramontata – dice Oscar – ma il mio giuramento al re ed alla Francia non ha termini di durata. Trovo questa dichiarazione di una potenza indicibile, idonea a descrivere tutto il personaggio di Oscar e l’essenza di una vita e di un personaggio. Oscar ed il senso del dovere, Oscar e lo spirito di sacrificio, Oscar e la ricerca costante di un mondo migliore, non necessariamente per sé, ma per figli, per i nipoti e per tutti quelli che verranno. Nel testamento spirituale contenuto nella muta preghiera sulla collina si vede tutta l’essenza di Oscar.
Una Oscar per la quale un luogo vale l’altro per morire, ma che mai aveva preso in considerazione l’eventualità che tutto avesse fine in una giornata di pioggia, in terra straniera, lontana dalla Francia. In questo passo struggente si vede l’immensa portata del sacrificio di Oscar, ma anche tutta la sua determinazione.
Un’altra parte che mi ha toccata molto è quella in cui Oscar quasi di sfuggita, in meno di una riga, fa una dichiarazione di amore ad André. Lei è parca di queste frasi, le troviamo col contagocce anche in questa storia, ma quando appaiono sono di una potenza estrema. In quelle poche parole lei racchiude un mondo. Nella storia originale l’amore tra i due protagonisti esplode nel momento finale, a due passi dalla morte. Anche qui questa dichiarazione d’amore viene fatta alla vigilia della celeberrima battaglia di Waterloo che tanti morti falcerà in un diabolico e spettrale carosello. E’ in prossimità della morte e delle prove estreme che il cuore di Oscar trabocca.
André è il suo degno amico e marito, colui che la accompagna sempre perché ha sempre fatto così e non saprebbe fare diversamente, colui che non la ferma perché riconosce in lei un fuoco inestinguibile anche sulle soglie dei sessant’anni. Non riesce a mascherare la tristezza e, cosa stupefacente in lui, neanche ce la fa a comprendere e metabolizzare l’ironia, ma vuole esserci fino alla fine anche soltanto come presenza silenziosa per dare l’avallo a quella lotta disperata ed impari che testimonia un mondo di valori. Oscar ne rifiuta la presenza perché non può occuparsi contemporaneamente dell’esercito e dell’incolumità del marito, ma anche e soprattutto perché non sopporterebbe di vederlo soffrire e morire e perché vuole che la parte più bella di sé sopravviva anche per raccontare a chi rimane chi sono stati, in cosa hanno creduto e per cosa sono morti e vissuti. André diventa, nella mente di Oscar, il latore del suo testamento spirituale.
I due coniugi sono separati, lei sta sul campo di battaglia e lui su una collina dove tenta di tenerla d’occhio da lontano e di condividere con lei anche quegli estremi momenti. Ma mentalmente, spiritualmente ed anche un pochino telepaticamente, ne sono convinta, da parte di André, sono più uniti che mai, una persona sola, un cuore solo, un’anima sola.
Sotto un certo profilo, trovo irrilevante che sopravvivano o no, che sopravvivano entrambi, uno solo o nessuno, perché quello che avevano da dire l’hanno detto e quello che avevano da vivere e da dare l’hanno vissuto e dato. Certo però che se ci scappasse anche un lieto fine non guasterebbe affatto!
Sono una forza della natura che non può e non deve essere arrestata neanche dal più grande condottiero della storia dell’umanità.
Passando da una forza della natura all’altra, troviamo su un’altra collina colui che è la causa di tutto questo sconvolgimento, quel Napoleone Bonaparte che ha messo in riga due secoli, ma che li ha fatti pure tremare.
Napoleone che è insieme eroe ed antieroe, vittima e carnefice, incompreso in un mondo che non vuole comprendere, ma riforgiare a sua misura. Ha dell’eroico e dell’epico questa sua lotta titanica contro tutto e contro tutti. Su quella collina, in groppa al suo cavallo Marengo, mentre soppesa gli avversari e studia al millesimo mappe, territorio, schieramenti e piani di battaglia, sembra il Satana di Milton che preferisce regnare all’inferno piuttosto che servire in paradiso.
Passa con estrema rapidità da imperatore ad esiliato, per poi diventare avventuriero e di nuovo imperatore. La sua fuga rocambolesca dall’isola d’Elba e la sua lunga marcia verso Parigi – qui per esigenze di trama verso Milano – hanno il sapore dei romanzi di Dumas. Napoleone amava il teatro e c’è giustamente del teatrale nel suo gesto di aprire le braccia ai suoi ex uomini venuti a catturarlo, invitandoli a sparare al loro imperatore, ben sapendo che con ogni probabilità non lo avrebbero mai fatto.
C’è in lui molta energia, la capacità di non arrendersi mai, di trovare sempre una soluzione, una via d’uscita, tanta capacità di rimettersi in gioco e di avere visione del futuro. Parallelamente c’è pure una grande capacità di affabulare e di ammaliare e probabilmente di ingannare anche se stesso. Non è possibile che Napoleone non avesse gli elementi per capire che per lui era finita, che il suo conto col destino era chiuso, che non c’erano molti domani per lui. Se anche l’avesse spuntata a Waterloo, se von Blucher non fosse arrivato in tempo e se De Grouchy avesse indovinato l’inseguimento, per quanto ancora sarebbe potuto andare avanti? Con tutte le potenze contro, con un esercito sempre più assottigliato e con un’Europa che aveva compreso e toccato con mano che non era invincibile? Il suo esercito, già non grande, dopo Waterloo era ulteriormente decimato. Come poteva pensare di farcela ad oltranza? Doveva avere nella sua mente qualcosa che lo portava a negare e finanche a rimuovere l’eventualità della sconfitta.
L’isola d’Elba gli stava stretta, era un riposo indegno di lui, desiderava più ampi orizzonti, ma nel suo destino c’era Sant’Elena. Fosse stato per lui avrebbe sicuramente preferito la morte in battaglia. Andarsene eroicamente alla testa delle sue armate anziché spegnersi lentamente ed oscuramente in quel minuscolo anfratto dell’oceano.
Quante persone sono dovute morire per assecondare il suo delirio di grandezza, la sua incapacità di accontentarsi e di guardare in faccia la realtà, il suo rifiuto di fermarsi e di dire basta?
Ho amato molto questo capitolo con le distese immense dei campi, il cielo plumbeo e lo spostamento degli eserciti, la cavalcata degli Scots Greys ed i quadrati come enormi istrici con aculei d’acciaio. Mi sono piaciuti l’assedio di Hougoumont, la difesa ad oltranza di Legros e quella frase presa in prestito da Leonida, ma più che mai azzeccata ed attuale in bocca ad Oscar.
Rivedo ancora le scene iniziali con Napoleone che gioca ai dadi col destino aprendo le braccia ai suoi avversari e vincendo disarmato contro di loro.
Questa storia mi mancherà moltissimo, vorrei che non finisse mai, ma il senso delle storie ed il messaggio che vogliono trasmettere si percepisce a pieno soltanto se esse sono complete.
Spero che tornerai presto su queste pagine virtuali a ragguagliarci su questo scontro tra titani, leonessa contro aquila, ognuno portatore di un suo vissuto e di un suo universo di valori.
This chapter is wonder!
D.P.

Recensore Master
02/05/23, ore 22:44

Beh, beh, beh, mia cara: che dire?
Un finale da applauso, che unisce due dei miei miti di sempre: Oscar (e questo va da sé, o non ci saremmo incontrate in questo fandon, se così non fosse!) e Leonida alle Termopili! Mettere in bocca a Oscar le parole del re Spartano mi ha semplicemente mandata in estasi, perché nello humour un po'scabro e sarcastico degli Spartani ritrovo parecchio dello spirito della nostra eroina, in certi frangenti.
Per il resto, mi complimento davvero: mi hai fatto rivivere la battaglia di Waterloo e riportato alla lettura del mio amatissimo Stendhal, che ci presenta Fabrizio Del Dongo nel mezzo della carneficina, senza però che il giovane capisca un accidenti - e se non fosse per la scafatissima vivandiera, forse ci rimetterebbe anche la pelle.
Ma, posso dirtelo? Io, leggendo questo tuo corposissimo e denso capitolo, sai, pensavo ad André, lontano dalla sua Oscar.
Sono una romantica marcia, vero?
A prestissimo, spero, e grazie per questo capitolo,
d

Recensore Master
01/05/23, ore 15:00

Ben ritrovata, cara Agrifoglio, con questo capitolo dal carattere davvero epico: abbiamo avuto, come sempre, grazie alle tue preziose e precise descrizioni, il sentore delle battaglie che si stavano combattendo avendo, oltretutto, una perfetta visione d’insieme di quanto stesse avvenendo come se la potessimo vedere svolgersi su uno schermo cinematografico.
La fuga di Napoleone ha nuovamente messo in crisi tutti coloro che pensavano che, l’averlo relegato all’Isola d’Elba, avrebbe fatto la differenza e lui si sarebbe, prima o poi, arreso piegando la sua volontà e i suoi sogni di gloria a causa dell’esilio comminatogli: peccato che forse non conoscessero a fondo quanto potesse grande l’ego di un tale personaggio, il quale riusciva a farsi ben volere e con la sua dialettica era in grado di portare anche chi, propriamente, non la pensava come lui dalla sua parte in virtù di un messaggio di cambiamento che con lui sarebbe avvenuto.
Il cammino che lo porta a Milano è un’autentica cavalcata, pressoché trionfale, con la quale ingrossare le file del suo esercito che, città dopo città, va creandosi. Lui è stato ed è ancora l’Imperatore e, forte di questo fatto, anche coloro che gli si erano rivoltati contro, di fronte alla forza che mette in campo con la sua persona, non può che arrendersi all’evidenza che un tale uomo sia in grado di compiere dei miracoli e tornare a riprendersi quello che ritiene sia suo di diritto.
L’esercito non ha forse la potenza di quelli da lui comandati nei suoi anni di gloria, ma può ancora e sempre incutere paura, tanto che gli altri stati europei si sono organizzati per cercare di avversarlo tentando di annientarlo una volta per tutte e liberando così l’Europa da un pericolo costante che ha il volto della Tirannia. Vediamo pertanto la nascita della Settima Coalizione, nelle cui fila c’è anche parte dell’esercito francese, che sarà capitanato ancora una volta da Oscar, la quale non vuole rinnegare il giuramento che decenni prima aveva fatto al suo Re e alla sua Francia. Sarà in prima linea, come sempre, per mettere la parola fine ad una sfida che si stava trascinando, con tutte le inevitabili conseguenze, ormai da troppo tempo. Inutile dire e raccontare la preoccupazione di André nel sapere la moglie nuovamente in battaglia, vista anche la non più giovane età, ma comprendendo che il fuoco che da sempre arde in lei continua ad bruciare. Molto belli e intensi i passaggi tra i due coniugi che si amano profondamente e non vorrebbero che l’uno o l’altro potesse soffrire. Abbiamo appreso di alcuni momenti riguardanti la loro famiglia al gran completo, ma ciò che rimane nella memoria sono alcune frasi che rimandano alla storia canonica, e che qui sono più che mai centrate e perfette, e assumono lo stesso pathos della collocazione originaria. Come non emozionarsi al ricordo del coltellino con il manico rosso e la trottola che sarebbero tornate ad André qualora Oscar non fosse tornata dalla battaglia! O quell’accenno alle rose bianche, da lei tanto amate, da portare sulla sua tomba, facendo tremare il cuore di André, che non ha potuto apprezzare la battuta che Oscar ha tentato di fare per stemperare la tensione del momento! André vorrebbe poterle rimanere al fianco, come d’altronde ha sempre fatto per tutta la sua vita, mentre lei non vuole che corra ulteriori pericoli; vuole saperlo al sicuro e, soprattutto, vuole che lui possa ricordarla serena e felice e non morta su un campo di battaglia, qualora la sorte le fosse stata avversa. Solo così, sapendo lui in salvo, potrà essere certa che la loro storia, tutto ciò che sono stati, ciò che hanno fatto nel corso della vita non verrà dimenticato e darà valore all’intera loro esistenza nel ricordo di tutti coloro che li hanno amati e che gli sono stati accanto in questo periglioso percorso, dando di fatto valore a ciò che hanno compiuto e ai loro personali sentire, dimostrando di non aver vissuto invano.
Poi comincia tutta la descrizione delle battaglie vere e proprie e, come già ribadito, ho avuto la possibilità di immaginarle e vederle con gli occhi della mente, avvertendo il frastuono dei cannoni, le urla dei soldati, i colpi d’arma da fuoco, il nitrire imbizzarrito ed impaurito dei cavalli e, su tutto, il tempo inclemente di quelle giornate epiche, con quella pioggia che rendeva tutto fumoso, nebbioso, fangoso, accentuando la fatica degli scontri che si sarebbero verificati. Molto d’impatto il passaggio dove Oscar ha avuto la netta impressione di incrociare gli occhi di ghiaccio di Napoleone e che quest’ultimo ricambiasse il suo sguardo, nel vederlo comparire sull’altura in sella al suo cavallo bianco e poco prima di dare corso allo scontro.
Napoleone a differenza di alcuni suoi generali, stima il coraggio e la forza di Oscar, ma è anche conscio che non sia comunque alla sua altezza: per tanto che abbia imparato su strategie e tattiche, lui sul campo di battaglia non ha mai avuto rivali, sapendo come cogliere il nemico di sorpresa, perché la sua mente è in grado di prevedere quale potrà essere la mossa successiva che gli donerà la vittoria, avendo osservato e studiato la situazione da ogni possibile angolazione. Anche Oscar è preparata e dalla sua parte c’è la ferrea volontà di annientare il nemico a qualunque costo, e prova ne è la strenua resistenza opposta alle milizie di Napoleone quando hanno attaccato pesantemente il Castello di Hougoumont, intimando loro di arrendersi e trovando invece Oscar e i soldati superstiti che gli hanno urlato di andare a prenderli, lanciando di fatto un guanto di sfida.
Davvero interessantissimo ed esaltante leggere questo capitolo, come molti altri, poiché ci si trova immersi interamente nelle vicende e negli stati d’animo vissuti dai singoli personaggi con la complessità delle loro emozioni.
Sempre complimenti e un caro saluto.

Recensore Master
01/05/23, ore 13:07

Napoleone è stato un tiranno ed un criminale guerrafondaio, al pari di Hitler e Mussolini; come loro, è stato seguito all'inizio da masse di gente che, ignare delle sue reali intenzioni, speravano che lui potesse essere l'autore di un cambiamento in senso più democratico, e quando apparve una realtà totalmente diversa, era troppo tardi per evitare la tirannia guerrafondaia e la guerra mondiale. Almeno, Napoleone, nella realtà storica, aveva il pregio - anche solo apparente - di essere esportatore degli ideali rivoluzionari, quindi per lui si può capire meglio perché tanta gente lo acclamo' e gli giurò fedeltà. Ma parliamo della Storia reale, qui la Rivoluzione non c'è stata, quindi lui è soltanto un criminale esaltato!

Recensore Junior
14/03/23, ore 01:45

Come una grande clessidra che lascia scorrere i suoi granelli di sabbia verso il basso, questa storia si sta avvicinando alla conclusione e dal congresso di Vienna si passa rapidamente alla fuga del grande corso dall’isola d’Elba, provocando la paura e lo stupore in coloro che fino a quel momento si erano adagiati sugli allori ed attardati nei cavilli senza decidere praticamente nulla.
E’ stata una kermesse di balli e di piacevolezze mondane questo congresso viennese che però nella sua futilità ha avuto il pregio di inaugurare una nuova stagione, quella dei summit internazionali dove si tenta di risolvere le controversie e di decidere i destini dei popoli senza ricorrere all’uso delle armi. Verranno poi Ginevra, Roma, Parigi, L’Aja e tante altre adunanze che decideranno la storia dell’umanità.
A Vienna si balla e ci si diverte, ma poco si conclude. Maria Antonietta però ha potuto vedere, probabilmente per l’ultima volta, la casa dove è nata ed i membri ancora in vita della sua famiglia, Sappiamo che tutto questo non avvenne mai ed è per tale ragione che leggere questa parte del capitolo fa venire il classico groppo in gola. Al giorno d’oggi distanze come quella tra Parigi e Vienna possono essere coperte nell’arco di poche ore ed inoltre esistono il telefono, le videochiamate, i messaggi sms. Sposarsi ed andare a vivere in un altro stato non segna un addio definitivo alla propria vita di prima ed ai propri cari. Sembra proprio nascosto chi sa dove questo piccolo mondo antico in cui ci si sposava appena adolescenti ed il matrimonio sanciva per la sposa l’addio definitivo e persone e cose ed uno sradicamento totale con effetti psicologici talvolta devastanti. Avrebbe fatto la stessa riuscita Maria Antonietta se non fosse stata sottoposta al trauma del taglio netto dal mondo della sua infanzia ed a tante altre cose spiacevoli? Sembra nascondersi chi sa dove questo piccolo mondo antico eppure stiamo parlando di duecentocinquanta anni fa e non di due millenni.
Oscar ed André si vedono poco in questo capitolo, soprattutto lei eppure sono ancora parte attiva della storia.
Lei tace, ma tiene d’occhio tutto e teme le intese poco trasparenti di Talleyrand e di Metternich.
Lui compare molto di più, nelle vesti di anziano e saggio zio ed in quelle di angelo consolatore, prima con il marchese de Saint Quentin, poi con la duchessa di Wellington.
Il marchese è ancora in preda alle sue incertezze amorose, perché vorrebbe sposare Bernadette e farsi una famiglia, ma non riesce a liberarsi di un tarlo che lo sta svuotando ed isolando e che consiste nel ricordo ossessivo e mitizzato di Paolina Bonaparte. André lo ascolta, lo sprona a confidarsi, gli offre una spalla su cui piangere ed infine gli elargisce validi consigli sintetizzabili in queste parole: non si può immolare la propria vita sull’altare di una menzogna, perché proprio questo è stata Paolina, una grande menzogna. Il marchese lo capirà fino in fondo quando si troverà inaspettatamente al cospetto della scultura del Canova rappresentante la bella Paolina nelle vesti della Venere vincitrice che stringe tra le dita la mela della vittoria, ma che fu anche quella della discordia e che ben potrebbe identificarsi con quella del peccato. Il marchese de Saint Quentin intuisce che il mito della statua è simile a quello che si è costruito nella sua mente e dopo averlo realizzato, mentre la statua stringe ancora tra le dita la mela, lui apre le sue e lascia andare via qualcosa che stringeva da tempo e che non aveva mai avuto il coraggio e la volontà di mandar via.
Nella seconda parte del capitolo, invece, vediamo André alle prese con un personaggio che mai ci saremmo aspettati che conoscesse, trattandosi di una figura tanto diversa e distante da lui, ma la magia dei racconti è anche quella di mettere insieme persone ed eventi a prima vista improbabili. André assiste ad una scena antipatica, quella in cui il duca di Wellington zittisce la moglie gelosa e la pianta bruscamente in mezzo alla sala dove si stava svolgendo uno dei tanti balli viennesi. Per tentare di placare il disagio della poveretta e farla uscire dall’impasse, André le si avvicina e la invita a danzare. Trovo che l’empatia del personaggio sia stata notevole perché sarebbe stato semplice lasciar correre e far finta di niente, tanto i due non si conoscevano e nulla la duchessa si sarebbe potuta aspettare da André. Egli invece preferisce non tirarsi indietro ed andare in soccorso di una persona in difficoltà, dopo avere tanto patito per le conseguenze di un amore non corrisposto e dopo essere stato per tanto tempo invisibile per la società ed incompreso da coloro che lo circondavano.
Ritroviamo poi Oscar ed André nell’insolita veste di nonni di un maschietto appena nato che il bisnonno generale saluta con l’entusiasmo che non poté riservare ad un figlio suo. Più tranquilla e critica è la zia Antigone che ritiene che i maschi non siano poi questo grande acquisto e che le donne siano in procinto di acquisire spazi inimmaginabili come la madre ha già fatto in un’epoca tutt’altro che semplice.
Fa impressione vedere Oscar ed André tagliare il traguardo dell’essere nonni, visto che nella storia originale morirono così presto, ma in questa realtà alternativa si sono potuti ritagliare, sebbene con fatica, ruoli ed alternative che la serie animata non ha potuto dare loro.
Viene da chiedersi com’è questo bambino, se somiglia al nonno, alla nonna o ai Girodelle. Sarà anche lui un soldato oppure romperà con la tradizione di famiglia? E se invece somigliasse a Marie Grandier?
Mi ha fatto piacere vedere il papa libero dopo una prigionia tanto lunga quanto immeritata. La caduta di Napoleone piano piano consente che si rimettano a posto i pezzi e che gli equilibri infranti tornino a posto pur con difficoltà. Ogni tappa percorsa dal pontefice si traduce in un’ovazione fino al ritorno trionfale a Roma, dopo una sosta nella natia Cesena. Mi ha fatto piacere leggere che Pio VII ha interposto i suoi zelanti uffici per l’abolizione della tratta dei negri. Le sofferenze non hanno domato quest’uomo mite e minuto, ma che fu un gigante dal punto di vista morale.
Quello che sta perdendo tutto invece è Napoleone. Prima ha perso il suo impero, poi pure la famiglia perché il figlio è stato portato in Austria dove il nonno imperatore vuole crescerlo come un austriaco mentre la moglie si rifiuta di rivederlo.
Mi dispiace per Napoleone che sta sperimentando il fenomeno della terra che gli frana sotto i piedi, ma Maria Luisa, dopo tante traversie, aveva diritto di trovare un po’ di pace ed un uomo affidabile e di suo gusto che la facesse star bene. Una come lei aveva bisogno di un uomo forte cui potersi appoggiare. Napoleone era forte, ma anche notevolmente fuori controllo, perché era prepotente, imprevedibile e sempre in guerra con qualcuno. Il conte von Neipperg invece, pur essendo forte, è anche calmo ed essendo un suddito di Francesco I può essere controllato dalla figlia di lui.
Maria Luisa fu costretta ad un matrimonio indesiderato ed è giusto che alla fine abbia avuto la possibilità di sottrarvisi. Napoleone si ricorda di lei nel momento del bisogno e della disfatta, ma quando era all’apice non si è privato dei piaceri della vita ed ha tradito la moglie con Maria Walewska e tante altre. Adesso stesse in esilio da solo anche se non ci starà, almeno nell’immediato, perché è già fuggito dall’isola.

Recensore Junior
13/03/23, ore 12:32

Mi piace come sta venendo questa storia che ho ricominciato a leggere da poco e che mi sta appassionando. Si capisce come dici tu che siamo agli sgoccioli perché siamo arrivati al 1815, all’inizio dell’avventura fiammeggiante dei cento giorni e perché diverse storylines si stanno concludendo.
Si è nei fatti concluso il matrimonio di Napoleone Bonaparte che nei capitoli passati non mi è piaciuto granché, tutto compreso nella sua smania di potere e di gloria. L’ho addirittura detestato quando ha ordito l’assassinio di André in Egitto, quando ha fatto fucilare Girodelle e quando ha rapito Maria Luisa d’Asburgo Lorena. Non parliamo poi del capitolo intitolato ‘Siria Amara’ e dell’inqualificabile comportamento da lui tenuto in quei frangenti.
Qui però ha iniziato a farmi pena perché l’ho visto agli sgoccioli, abbandonato da tutti e confinato su un’isoletta di certo amena, ma inadatta ad uno come lui.
Ha sposato Maria Luisa pensando di fare il classico colpaccio, ma rimediandoci invece la figura del parvenu. Il suocero imperatore infatti non l’ha mai effettivamente appoggiato e come alleato si è dimostrato un po’ troppo carente. Moglie e suocero poi lo hanno buttato nel bidone dei rifiuti in tempi da record non appena lui è caduto. Alla prima occasione si sono sbarazzati del congiunto indesiderato ed imbarazzante come una scarpa vecchia che non serviva più. Se Napoleone ha fatto la figura del parvenu, moglie e suocero hanno sicuramente fatto quella di meschini e machiavellici approfittatori.
Maria Luisa è una vittima, qui più che nella storia reale perché è stata addirittura rapita e non regolarmente chiesta in moglie. Mi è dispiaciuto vederla spaesata in una corte straniera, fatta di personaggi diversi da quelli che era abituata a frequentare e di una suocera e di tre cognate apertamente ostili. La mia simpatia per lei però finisce qui ed a tal proposito faccio mie le considerazioni di una Maria Antonietta in grande spolvero che, dall’alto di una maturità che quella vera non poté raggiungere, la definisce una cara ragazza con ‘una vera e propria vocazione all’acquiescenza e all’arrendevolezza che potevano celare tutto e il contrario di tutto’. Maria Luisa questo è, una donna debole che dei deboli ha tutti i tratti peggiori: la falsità, l’assenza di spontaneità e l’attitudine allo sfruttamento ed alla manipolazione. Si è dovuta difendere, ha dovuto mandare giù dei rospi molto grossi, ma la parte in cui fingeva e faceva la brava mogliettina le è riuscita davvero bene, risultandole addirittura congeniale.
Ora, non sentendosi più costretta, ha cessato di essere la moglie di Napoleone per ritornare ad essere un membro della casata vincitrice e si è pure trovata un amante a tempo di record, suscitando scandalo, ma conservando intatta la sua reputazione. Neppure Maria Antonietta, la cui pessima ed in parte immeritata reputazione la condusse al compiersi del suo tragico destino, osò tanto.
Napoleone sembra un pover’uomo. Le scrive, le chiede reiteratamente di raggiungerlo, la invoglia dicendole che il suo appartamento è pronto, si informa sulle sorti del figlio, si illude che questa lontananza possa essere stata imposta dall’esterno, ma nulla di tutto ciò è vero.
Alla fine forse è stato meglio che andasse così, nel senso che a rimanere insieme per forza avrebbero fatto la fine dei duchi di Wellington, due male assortiti sognatori ingannati dai loro sentimenti di gioventù, dalle aspettative mistificate e dall’avere trascorso separati gli anni più importanti e formativi della vita.
Poteva Maria Luisa considerarsi obbligata a seguire Napoleone in disgrazia, se l’unico motivo per cui lo aveva sposato era di mettere in salvo gli Asburgo dalle sue mire espansionistiche? Ora che l’obiettivo delle nozze non era più attuale e che il salvataggio degli Asburgo non era all’ordine del giorno, chi avrebbe potuto sperare che la moglie seguisse nella disgrazia e nelle privazioni un marito che per nascita le era molto inferiore e che lei non aveva mai amato?
La parte più squallida in tutta la vicenda è stata giocata dall’imperatore austriaco Francesco I che nella storia reale ha dato la figlia in pasto al nemico giurato da lui considerato un anticristo, come Andromeda offerta in sacrificio al mostro marino o una giovane ateniese data come tributo al Minotauro. Anche qui il plauso va a Maria Antonietta che ha detto pane al pane e vino al vino al lamentoso nipote che si disinteressò completamente anche di lei.
Napoleone in realtà non è ancora sconfitto del tutto ed infatti il capitolo si chiude mostrandocelo nell’atto di tentare il suo ultimo colpaccio. Intorno alle sei della sera, a bordo del bastimento Inconstant, salpa da Portoferraio alla volta della sua avventura finale. E’ l’inizio dei cento giorni e dell’ultimo sussulto di un gigante che mai si sarebbe rassegnato al fatto che la storia gli aveva voltato definitivamente le spalle.
Che ruolo hanno avuto Talleyrand e Metternich in questa fuga? Secondo una voce alla quale non chiudi la porta in faccia, i due statisti l’avrebbero favorita, se non addirittura determinata per indurre i congressisti a darsi una mossa visto che il congresso danzava, ma non camminava. A parer mio sarebbe stato un azzardo rimettere in libertà un soggetto come Napoleone, ben capace di assemblare eserciti in pochissimi mesi e di mettere a segno mosse brillanti ed inaspettate dal nulla. Se Napoleone avesse ripreso il potere definitivamente – cosa difficile ma niente affatto impossibile – Talleyrand si sarebbe dovuto nascondere molto bene per il resto della vita. Comunque, in un racconto di fantasia si può anche mettere in campo questa ipotesi e vedere questi due volponi complottare sotto gli occhi costernati di Oscar e scambiarsi sorrisi e cenni d’intesa mentre tutti gli altri trasecolano alla notizia della fuga è stato un gran bel pezzo di letteratura.
E del congresso che vogliamo dire? Tutta questa impalcatura, in gran parte sovradimensionata ed inefficiente, per rimettere insieme i cocci dopo l’uragano napoleonico. Un uomo non basso come lo si descrive, ma non di certo un watusso che ha causato tutto questo sconquasso, facendo vacillare le sicurezze di sovrani molto più antichi di lui, ma anche diecimila volte meno capaci.
Una delle poche cose buone è stata l’abolizione della tratta dei negri e l’opportunità data a Maria Antonietta di rivedere la sorella ed i luoghi della sua gioventù. E’ stato molto bello che la regina abbia potuto condividere questi momenti con il conte di Fersen e con Oscar. E’ terapeutico e consolante vedere la gioia di questa donna alla quale la vita vera non ha risparmiato alcuna sofferenza.
Non è che qualcosa di buono lo riserverai a Napoleone? Non so, magari vince a Waterloo oppure c’è un pareggio… La x è una cosa da schedina e non da campo di battaglia, ma potrebbero concludere un armistizio e tornarsene ognuno a casa sua. Maria Luisa rimarrebbe con Neipperg che tanto, ormai, abbiamo capito che questa è l’antifona mentre Napoleone si riprenderebbe Joséphine de Beauharnais, la contessa polacca o una terza donna di sua scelta. Pensaci!
Credo che Oscar non vorrebbe mai vedere Napoleone relegato a Sant’Elena. L’imperatore le ha quasi fatto assassinare il marito, le ha ucciso Girodelle ed ha commesso varie atrocità, ma il cuore della nostra protagonista è giusto e forte e non crudele e vendicativo e lei non godrebbe del dolore inflitto ad un’altra persona.
Sono entusiasta di questa storia e vorrei leggerne al più presto il prosieguo anche se ogni nuovo capitolo è un ulteriore passo verso l’epilogo definitivo, ma, come si suol dire, ogni cosa bella finisce. Anche ogni cosa brutta, ma non è il tuo caso!

Recensore Junior
11/03/23, ore 23:10

Il marchese più tormentato del mondo in questo capitolo pare aver trovato una risposta ai suoi dolori grazie ad André ed alla visione di una statua che mai si sarebbe aspettato di trovare.
Ma procediamo con ordine. Grande festa alla corte di Francia c’è nel regno un bimbo in più, biondi capelli e rose di guancia (forse), Oscar ti chiamerai tu. Questa volta però il nome Oscar è stato assegnato ad un vero maschio e quindi nessun problema. I problemi invece continua a porseli il marchese di Saint Quentin (io vorrei, non vorrei, ma se vuoi) perché se da un lato vorrebbe sposare Bernadette, dall’altro non riesce proprio a togliersi dalla testa il ricordo di Paolina Bonaparte che nei bei tempi andati lo trattò a pezza da piedi. La vista del pargolo risveglia in lui il desiderio di una famiglia ed ecco che l’ineffabile innamorato colpisce André con la sua faccia da funerale al lieto evento. Fin qui nulla di strano, fa parte del personaggio. La novità è che André decide di mettere in comune col malcapitato la sua trentennale esperienza di sfigato, gli offre del cognac per scioglierlo, lo invita a confidarsi e, dopo tutto ciò, inizia a raccontare anche lui.
Nelle situazioni di André e del marchese ci sono delle affinità, ma anche delle profonde divergenze, perché il primo dedicò i suoi spasimi d’amore ad una donna algida che conosceva molto bene mentre il marchese di Saint Quentin restò folgorato da una sconosciuta che di algido non aveva nulla e che mitizzò al punto di crearsi un’immagine fittizia totalmente scollegata dalla realtà. Quello che André, utilizzando la maieutica, vorrebbe far capire al suo amico è che non tutte le forti passioni hanno fondamento e soprattutto che non tutte devono essere coltivate fino all’ultimo giorno della propria vita. Il poveretto resta sconvolto (dopo soli dieci anni dalla scoperta della vera natura della sua ex), ma grazie anche al forte ascendente che André esercita su di lui sin dai tempi di Lille, si convince sempre di più della saggezza di quelle parole.
Ritroviamo il marchese a Roma, durante una visita di Antonio Canova a palazzo Borghese di Campo Marzio. Durante una visita a palazzo, fatta sul presupposto della consapevolezza che la bella Paolina aveva abbandonato il tetto coniugale e quindi non si sarebbe fatta vedere, si finisce in cantina e lì il marchese vede non la padrona di casa, ma un simulacro di lei talmente somigliante da gettarlo in preda al turbamento. La statua è bellissima come l’originale, ma è soltanto questo: bellissima. Non c’è colore, non c’è vita, non c’è movimento, non c’è cuore ed allora il marchese capisce di avere dedicato i suoi struggimenti a qualcosa di morto e che anzi non è mai esistito. In quel metaforico chiudersi la porta alle spalle io ho percepito la ferma intenzione di tagliare definitivamente con il passato e di aprirsi allo scorrere dei giorni e ad un amore a cui nessuno dedicherà una statua e che della perfezione classica non ha nulla, ma che gli riempirà la vita di concretezza e di cose belle, al posto del vuoto procurato dall’isolamento e dal tarlo di cui ad inizio capitolo parlava André.
La storia di Bernadette quindi si conclude così, con un innamorato strappato al regno dei fantasmi ed un possibile matrimonio in vista. Il marchese non brilla per determinazione e forza di carattere, ma dopo un disgraziato ed un bamboccio questo era il meglio che il convento passasse.
Un’altra storia giunta al capolinea è il matrimonio di Napoleone Bonaparte e di Maria Luisa d’Asburgo Lorena. A mano a mano che la lettura procede, ci accorgiamo che la concezione di lei del finché morte non vi separi è alquanto relativa e del resto si trattò di un matrimonio ultra imposto nel quale anche lo sposo commise i suoi tradimenti ed ebbe le sue colpe.
Napoleone ha perso il suo trono, ma proprio non si arrende ad aver perso anche la sua famiglia. Una voce interiore lo fa dubitare, ma lui non si dà per vinto ed insiste affinché la moglie lo vada a trovare. Lei invece non ne vuol sapere, all’isola d’Elba non ci vuole mettere piede ed a fondamento del suo rifiuto pone l’opposizione paterna dietro alla quale si barrica. L’opposizione paterna non la fa però desistere dall’iniziare una relazione adulterina col conte von Neipperg. L’argomento non è affrontato, ma non credo che Maria Luisa avrebbe mai potuto ipotizzare che l’imperatore Francesco I avrebbe approvato una simile condotta dalla figlia.
Ci troviamo di fronte ad un tiranno detronizzato e reso inoffensivo, lasciato a puntare i piedi su una piccola isola dalla quale nessun’eco giunge al continente e ad una moglie che di lui non ne può più come la Magda di Bianco, Rosso e Verdone e che si vuole ricostruire una vita non col fascinoso di turno, ma con un uomo più grande che le infonde sicurezza.
Certo però che anche lui, per invogliarla a raggiungerlo, le dice che Madame, cioè sicuramente la madre, sta lì e si è ripresa mentre Paolina arriverà a settembre! Siccome andavano tanto d’accordo!
Finito prima ancora di essere iniziato è il matrimonio dei duchi di Wellington. Lui non fa che ascendere nella scala sociale, adesso è diventato addirittura duca ed è considerato un eroe nazionale per avere riportato delle decisive vittorie nella penisola iberica. E’ tornato a casa dopo tanti anni di assenza, ma l’adattamento alla vita civile è complicato. La vita militare è difficile, si sa, ma ha le sue regole e comporta un’obbedienza cieca da parte dei sottoposti. La vita civile presenta molte più sfumature, ha tempi diversi e cambiare ritmi ed inquadramento non deve essere facile per nessuno. Lord Arthur Wellesley, neo duca di Wellington, proprio non ce la fa ad adattarsi alla vita familiare, soprattutto dopo aver rivisto la moglie, ulteriormente imbruttita ed assillante come al solito.
Lei dal canto suo non può proprio capacitarsi del fatto che il principe azzurro che aveva conosciuto ed amato in gioventù si sia trasformato in un rospo che la tratta male e la evita come la peste.
Neppure i figli sembrano risolvere la situazione. Loro non riescono ad accostarsi ad un padre che non conoscono e che vedono come un estraneo ed un eroe più che come un genitore. Lui dal suo canto, pur essendo l’adulto della situazione, non fa nulla per accorciare le distanze e ciò lascia intendere che la delusione per la moglie si sia estesa ai due bambini. Che i due piccoli Wellesley portino su di sé l’impronta della madre? Oppure lord Arthur non è proprio fatto per la vita familiare e per i rapporti umani troppo ravvicinati? Sarebbe dovuto rimanere scapolo? Non lo sapremo mai, ma il disagio di quella famiglia c’è ed è palpabile. Sulla carta, sarebbero dovuti essere la famiglia più illustre e felice d’Inghilterra, ma le cose nella realtà stavano molto diversamente. Un abisso di incomunicabilità e di insoddisfazione senza pari.
La scena in cui, a Vienna, André va in soccorso della duchessa maltrattata è molto intensa nella sua brevità e la dice molto della situazione di questa donna, tollerata a stento dal consorte e della premura e del grande cuore di André che, con la sua empatia, riesce sempre ad intercettare i sentimenti e gli stati d’animo degli altri.
Mi ha fatto piacere leggere questo capitolo! L’unico inconveniente è che siamo arrivati al 1815 e quindi la storia sta per finire. Storicamente perlomeno sta per giungere al suo epilogo l’avventura napoleonica. Qui succederà qualcos’altro?
Green Tourmaline

Recensore Junior
09/03/23, ore 23:51

Tanti ritorni a casa ci mostri in questo capitolo cara Agrifoglio!
Torna a casa il papa dopo una lunga prigionia durata diversi anni. Il popolo lo accoglie festante al passaggio della carrozza e città e paesi fanno a gara ad ospitarlo nelle varie tappe.
Lui, Pio VII, è doppiamente felice perché visto il tragitto che deve percorrere per lui sono in serbo ben due ritorni a casa, quello a Roma, la città eterna dalla quale era stato rapito e Cesena, la sua città d’origine, dove può alloggiare a palazzo Chiaramonti che gli diede i natali.
Ricordo il film intitolato Il marchese del Grillo dove il pontefice, interpretato dall’attore Paolo Stoppa, dopo essere tornato a Roma, organizza lui uno scherzo ai danni del marchese, facendo finta di volerlo decapitare e dandogli la grazia all’ultimo momento, soltanto che per un disguido sul patibolo ci finisce Gasperino il carbonaro!
Un ritorno a casa molto meno appagante lo ha lord Arthur Wellesley duca di Wellington che da tutte le campagne militari a cui ha partecipato ha preso tutto quello che poteva prendere: vittorie, esperienza, avanzamento militare, ricchezza, fama, titoli nobiliari, terre. Ormai è un eroe nazionale e gli inglesi non sono mai stanchi di omaggiarlo.
Il ritorno alla normalità però non è mai indolore e porta sempre con sé degli scombussolamenti traumatici. In pochi lo riconoscono e si sentono in sintonia con lui, a partire dai figli che aveva lasciato infanti e che ritrova bambini un po’ più cresciuti. Loro non si ricordano del padre e di lui conoscono soltanto la nomea di eroe di cui hanno sentito narrare da tutti e dei racconti di seconda mano. Non osano avvicinarsi a lui e mantengono le distanze.
Le distanze deve mantenerle anche la moglie Kitty che è sempre più un’estranea rispetto a lui. Ulteriormente imbruttita, rimasta sola molto a lungo, questa donna si sforza continuamente di compiacere Arthur per suscitare in lui sentimenti di amore come in gioventù, ma ogni sforzo è vano. Più viene evitata più lei si intigna suscitando una spirale di insofferenza e di dolore.
In tutta questa situazione spicca l’incapacità di Wellington di intrattenere rapporti umani profondi e sinceri al di fuori dell’esercito. I figli hanno soggezione di lui, ma lui da persona adulta sarebbe dovuto andare loro incontro, facendo il primo passo. Evidentemente non era intenzionato a coltivare il rapporto con loro e preferiva tenerli a distanza oppure non aveva tempo da dedicare alla famiglia. Soprattutto verso la moglie, però, le mancanze del duca sono enormi. L’aspetto fisico dovrebbe giocare un ruolo determinante soltanto nella fase del primo approccio, per divenire sempre meno importante negli anni. Il duca proprio non perdona alla moglie di avere perso le attrattive di gioventù, facendogliene una colpa costante. Vero è che il problema non stava soltanto nell’imbruttimento di lei, ma soprattutto nell’incompatibilità caratteriale derivante dai tanti anni trascorsi lontano a fare esperienze diverse ed a sviluppare attitudini differenti.
Lord Arthur comunque non prova la minima tenerezza verso la moglie ed i figli e non avverte nessun desiderio di stare con loro. Ciò mi fa pensare che il suo valore si fermasse al campo di battaglia e che umanamente fosse molto scarso, limitato al suo senso dell’onore da intendersi in chiave prettamente ottocentesca.
Dopo ben quarantacinque anni, a casa ci ritorna anche Maria Antonietta che coglie la palla al balzo del congresso di Vienna per rivedere la sua città natale ed il palazzo dove era nata. Mi è parso di avvertirlo anch’io il suo entusiasmo quasi infantile nel riappropriarsi dei suoi angoli preferiti, dei viali dei giardini dove passeggiava, delle scale che percorreva chi sa quante volte al giorno e delle stanze nelle quali architettava le sue marachelle. Immagino con quanto orgoglio abbia mostrato tutto al marito segreto, ad Oscar ed André ed alle sue dame! Tutto le è parso conservare lo stesso incanto ed allo stesso tempo le è sembrato mutato. Chi sa se quelle sale che agli occhi di una bambina apparivano certamente enormi ed altissime al cospetto dell’anziana donna non siano sembrate più piccole e meno incantevoli. Mi hai fatto venir voglia di andare in viaggio a Schönbrunn!!!
Non soltanto i luoghi si riaffacciano alla mente dell’anziana regina, ma anche i volti di un tempo riemergono, seppure anch’essi ovviamente invecchiati. Ecco fare il suo ingresso Maria Carolina, la sorella preferita. Entrambe erano morte quando iniziò il congresso di Vienna mentre entrambe sopravvivono qui per esigenze di copione e per dare un esito più felice a tutti. Dalle poche battute si evince subito che volitiva e combattiva doveva essere Maria Carolina mentre più sognatrice e tenera era Maria Antonietta.
Anche altri incontri fa la regina, in primo luogo con la pronipote Maria Luisa che a molti sembra buona e cara, ma che nella sua mente evoca dei dubbi ed ho subito pensato anch’io che, dopo la brutta esperienza con la contessa di Polignac, a Maria Antonietta debbano essere andate di traverso tutte le gatte morte, risultandole preferibili le persone di carattere come Oscar.
Un altro strano incontro del terzo tipo la regina madre di Francia lo fa con quel mezzo alieno del nipote imperatore… ho visto la foto del ritratto, mamma mia che brutto! Francesco I si dice preoccupato ed amareggiato per il triste destino toccato alla figlia amata, ma Maria Antonietta, esprimendosi a contrario, gli fa intendere che, se avesse avuto tanto a cuore le sorti di Maria Luisa, si sarebbe speso un poco di più per lei e non avrebbe permesso alla ragion di stato di incidere così tanto sulla sua vita. Quello stesso nipote, nella storia vera, non fece niente per salvarla dalla ghigliottina ed è perciò bello, in questa sede, vedere come la regina abbia avuto la possibilità di cantargliene quattro.
Ritorna a casa anche lei a Vienna, ma dopo soli quattro anni di assenza, anche Maria Luisa, ben felice di scrollarsi di dosso un marito divenuto troppo ingombrante.
A questo punto le aspettative si distanziano perché mentre Napoleone spera in un rapido ricongiungimento, a Maria Luisa non passa neppure per l’anticamera del cervello di rivedere il marito. Forse Napoleone ne aveva esagerato la bontà o sottovalutato la determinazione caratteriale o semplicemente non poteva neppure lontanamente immaginare di essere piantato in asso da qualcuno, dominatore e decisionista com’era.
L’imperativo categorico di Maria Luisa diviene invece dimenticare, rifarsi una vita e stare tranquilla e ciò che brama di trovare a Vienna è la serenità perduta e la protezione di una figura autorevole forte come quella del padre. Le figure autorevoli forti però non sono mai troppe, così che questa ragazzotta rubiconda e furbetta si innamora di un emissario del padre, un conte non più giovane e già sposato col quale instaura una liaison. Per età il conte von Neipperg potrebbe incarnare una figura paterna o quasi e con un carattere deciso infonde sicurezza in questo spirito debole.
Sul finire della storia ci accorgiamo che a casa vorrebbe tornare anche Napoleone che infatti è fuggito sul calar della sera dall’isola d’Elba per ritentare l’avventura che tanti anni prima lo pose sul trono. Storicamente il suo ripescaggio durò soltanto cento giorni, intensi ed incredibili. Sarà così anche qua? Sarebbe bello se rincontrasse Maria Luisa e gliene cantasse quattro!
Mi piace sempre più questa storia così particolare e mi rincresce che stia terminando. Non è che c’è in cantiere una Leonessa II?
This chapter is wonder!
D.P.

Recensore Junior
09/03/23, ore 14:52

Questo possiamo dire che è il capitolo dell’illusione d’amore.
Dell’illusione d’amore è rimasto vittima per tanto tempo il marchese de Saint Quentin che pur essendosi accorto della natura capricciosa e lussuriosa della bellissima Paolina Bonaparte e pur avendola lasciata è rimasto invischiato per un decennio nel vortice di un rapporto di amore – odio che lo ha pervaso e lo ha spinto nei gorghi del libertinaggio.
Per tanto tempo, il marchese de Saint Quentin ha fatto del male a se stesso perdendosi nel libertinaggio ed in una vita vuota e senza prospettive. L’incontro con Bernadette gli ha aperto dei nuovi orizzonti, mostrandogli che non tutto era perduto e che la felicità vera dopo tutto esisteva ancora. Pur amando sinceramente Bernadette il marchese non riusciva proprio a liberarsi del fantasma della bella Paolina che incombeva come un macigno sulla felicità sua e della sua futura sposa. Il marchese de Saint Quentin voleva avere una moglie e dei figli come il piccolo al cui battesimo era venuto ad assistere e voleva dare una risposta definitiva a Bernadette che rischiava di mettere le ragnatele al suo fianco, ma allo stesso tempo non voleva offrire alla moglie una felicità dimezzata. André, con la sua consueta sensibilità, si è accorto dell’arrovellamento dell’amico per il quale un tempo rappresentò una figura quasi paterna e gli ha messo a disposizione la sua esperienza giovanile. Il discorso di André mette in luce delle analogie tra lui ed il marchese, ma presto ci accorgiamo che queste sono più apparenti che reali, perché quella di André non era un’illusione amorosa, ma un amore – con i contorni di un’ossessione – per una donna difficile, ma reale, che si mostrava per quello che era e che, malgrado le apparenze, era del tutto meritevole dei sentimenti di cui era destinataria. L’esatto contrario di Paolina Bonaparte che, invece, malgrado le apparenze piacevoli, era completamente incapace di offrire al suo promesso un amore sincero e costante.
Il discorso di André, fatto col cuore in mano e col magone nel cuore (ah, la potenza dei ricordi anche dopo quasi trent’anni di matrimonio e due figli!), tocca le giuste corde dell’animo del marchese che appare affranto, ma ben intenzionato a tagliare finalmente i rami secchi che gli impediscono una completa felicità con una ragazza sincera e reale.
L’atto finale ce lo regala l’espediente della statua. La vista del capolavoro di Canova, relegato in cantina così come Napoleone era relegato all’Elba, colpisce profondamente il marchese ormai messo di fronte senza schermi alla sua illusione amorosa. La statua rappresenta perfettamente ciò che Paolina è per lui: una figura mitologica, un’illusione fatta di candido marmo levigato ed anche qualcosa di profondamente freddo, statico e senza vita. Bernadette invece è tutto il contrario: un amore reale e concreto, una ragazza semplice e terrena, del tutto priva di complicazioni che non sta lì per essere contemplata o per ricevere premi che ne sanciscano la leggendaria bellezza, ma per amare a sua volta e collaborare ad un progetto di vita. Il marchese de Saint Quentin ha quindi il coraggio di saltare il fosso e di lasciarsi alle spalle un passato illusorio che gli aveva impedito di guardare avanti. Varca la soglia della cantina, luogo dove si ripongono le cose ormai superate ed inutili, rivolge un ultimo sguardo all’immagine di colei che aveva amato e si chiude la porta alle spalle, realmente e metaforicamente. Là fuori la vita scorre e per non rimanere prigioniero del passato l’unica soluzione è relegarlo in cantina.
Un’altra vittima di un amore illusorio è, difficile a credersi, Napoleone Bonaparte. Sconfitto, detronizzato e relegato su un’isola piccolissima anche se amena, si trova a dovere ricoprire l’insolito ruolo del supplice. La moglie non lo raggiunge e lui si illude che ci sia qualcuno che glielo impedisce, ma non è così. Non ha notizie di suo figlio e ciò è atroce. La moglie non gli risponde quasi mai e lui si illude che le lettere siano andate perdute o non le siano state consegnate. La verità probabilmente la conosce benissimo, ma sarebbe inaccettabile per lui doverla ammettere. Quella donna senza volontà e senza carattere forse una volontà ed un carattere li ha, ma li tiene ben nascosti. Maria Luisa non è un’ameba, ma si trova nella scala animale diversi gradini più in su, perché, come dirà la sua prozia Maria Antonietta, è una gatta morta. Soprattutto è un’Asburgo Lorena ed il marito ormai caduto in disgrazia non può più imporle la sua volontà con un semplice schiocco di dita.
Maria Luisa è grata al marito per averla trattata con rispetto e gentilezza, ma conserva anche un pessimo ricordo di quel matrimonio imposto e di quella corte militarizzata, poco aristocratica ed ostile che per lei è sempre stata un corpo estraneo. Non ne può più del carattere dispotico del marito, delle sue smanie guerresche, delle schiere delle sue innumerevoli amanti e della bella contessa polacca. Quello che la donna desidera è lasciarsi il passato alle spalle e ricostruirsi una vita con un conte suo conterraneo, non un Adone, ma un uomo solido ed affidabile che le dia sicurezza e le ricordi la figura paterna. Napoleone, con le sue complicazioni ed i suoi spigoli caratteriali, le ha causato ansia ed agitazione mentre il conte von Neipperg le risolverà i problemi senza creargliene di nuovi. Basta una sola notte e questa figlia obbediente e devota si trasforma nel più grande scandalo della corte asburgica. Una vera gatta morta. Capisco che si sia dovuta difendere, ma la sua freddezza difficilmente la può rendere simpatica e vedere Napoleone messo in scacco da questa creatura esangue ed insignificante fa una certa impressione.
Un’altra illusione di amore condanna alla perpetua infelicità e relega nel poco lusinghiero ruolo di moglie opprimente, gelosa e priva di buon senso la neo duchessa di Wellington. Lei e sir Arthur in gioventù furono molto innamorati, ma poi le loro vite presero due strade diverse e mentre lui divenne un eroe nazionale lei diventò una casalinga disperata. Tanta strada fece lui al comando di un esercito, messo quotidianamente alla prova in terre lontane, ferma ed immobile rimase lei ad invecchiare precocemente da zitella. Entrambi furono due fari l’uno per l’altra, ma poi dovettero risvegliarsi. Lui si accorse che la sua illusione era diventata il suo incubo, ma la sposò lo stesso per senso del dovere. Lei capì che l’amore era tramontato, ma si rifiutò di risvegliarsi e di ammettere l’illusione perché troppo aveva investito in quell’amore e nessuna via alternativa aveva. Tutta compresa nell’illusione di far rivivere l’amore di gioventù, la duchessa di Wellington proprio per questo si rese ancora più pesante ed insopportabile, perché le sue premure ed il suo sincero desiderio di essere una moglie perfetta la rendevano invece una cappa di piombo insopportabile e, poiché dall’altra parte non c’era affetto, nessuna sopportazione le fu riservata. Bellissima e commovente è la scena in cui André offre un ballo alla duchessa umiliata dal marito.
Vediamo tante illusioni e tante conseguenti perversioni.
Illusorio fu anche il progetto di far camminare il congresso di Vienna ed illusoria è stata la fuga di Napoleone dall’isola d’Elba ed il progetto ad essa sotteso di ricostruire un impero ormai del tutto tramontato. Ma questa è un’altra storia.
Ti rinnovo i miei complimenti per questi snodi sempre così interessanti e forieri di mille riflessioni e per questi personaggi così vividi e complessi, preda di tante passioni spesso contrapposte.
Alla prossima!
Match Point

Recensore Junior
08/03/23, ore 19:17

Un altro splendido capitolo cara Agrifoglio che non ci mostra un protagonista assoluto ma tanti attori comprimari che si muovono sulla scena a loro più congeniale
Mi è sembrato di vederlo il papa Pio VII che di nuovo libero dopo tanti anni di prigionia si muove con disinvoltura in mezzo ad una folla festante che non chiede altro che di portarlo in trionfo Il papa può anche togliersi la soddisfazione di tornarsene per qualche settimana nella sua città di origine , Cesena e di soggiornare nel palazzo che gli aveva dato i natali tanti anni prima ,cosa che più in là farà anche Maria Antonietta
La fine della guerra ha portato buone notizie anche sul fronte inglese con lord Arthur Wellesley che prosegue e completa la sua ascesa alla nobiltà venendo infine nominato duca di Wellington ,per i meriti conseguiti nella penisola iberica . Se le cose gli vanno benissimo sul piano militare e politico lo stesso non si può dire su quello familiare I figli non se lo ricordano e vedono in lui un illustre estraneo, un monumento più che un padre mentre i rapporti tra lui e la moglie si sono del tutto guastati .Sebbene Kitty faccia di tutto per compiacere l’illustre marito, lui da quell’orecchio proprio non ci sente .Troppo diversi sono i loro caratteri , troppo diversi sono i loro atteggiamenti, lei è gelosa opprimente e completamente priva di buon senso e durante l’assenza del marito si è ulteriormente imbruttita Più che la regina del focolare la duchessa di Wellington è per il marito la regina delle delusioni e lui reagisce evitandola il più possibile e standosene sempre fuori di casa
Le cose vanno ottimamente a palazzo Jarjayes dove l’aprile del 1814 è salutato dalla nascita dell’ultimo erede ,il figlio di Honoré e della moglie che sarà presto seguito da un cuginetto ,posto che anche Antigone è incinta e prossima al parto Interessanti sono le reazioni dei vari familiari perché se il generale non si smentisce mai e gongola per quel nuovo maschio che insieme al padre lo ristora della sua progenie esclusivamente femminile ,Antigone non si fa scappare l’occasione per mostrarsi anticonformista e femminista ante litteram La giovane donna pensa infatti che gli uomini siamo sopravvalutati e che presto le donne raccoglieranno l’eredità di sua madre e si faranno valere in tutti i campi
A palazzo Jarjayes arriva anche il marchese de Saint Quentin con il suo perenne muso lungo .Il marchese infatti pur amando Bernadette non si è ancora affrancato dal ricordo della bella Paolina Bonaparte ed i dubbi lo assalgono anche se la vista del neonato lo spingerebbe a formarsi una famiglia Andrè si accorge dell’espressione sommamente gioiosa dell’ospite ahahahahahah!!!!!!! E gli mette a disposizione la sua esperienza forte anche del ruolo quasi paterno che ebbe per lui tanti anni prima a Lille. Dai discorsi che fa si vede che Andrè soffre ancora molto per il suo passato di innamorato ignorato e friend zonato ahahahahah!!!!!!!!!! Cogliendo tra le pieghe de suo discorso comunque si capisce che lui non è mai arretrato di un millimetro non si è mai pentito della sue scelte e non ha mai disconosciuto Oscar come padrona assoluta del suo cuore Si capisce lontano un miglio che lui considera Oscar ultra meritevole di tanti sacrifici e sofferenze e diversamente non potrebbe essere mentre tenta di instillare nella mente dell’amico la convinzione che lo stesso non possa dirsi per la capricciosa ed incostante Paolina Il marchese si mette le mani tra i capelli e si dispera (che novità ! ahahahaha!!!! ) ma dentro di sé sa che Andrè ha ragione e ne condivide in pieno le parole pensando a lui con grandissima riconoscenza
Finora è andata bene al papa, a Wellington (tranne che per la moglie ma non si può avere tutto dalla vita ahahahahah!!!!!! ) ed alla famiglia Jarjayes .Sul fronte degli sfigati troviamo invece Napoleone che oltre ad essere stato relegato in un’isola che è più piccola del suo cappello ahahahahah!!!!! si vede anche arrivare un due di picche grosso come un grattacielo da parte della moglie Lui crede o lei gli fa credere (e sappiamo che trattasi di gattamorta ) che non la fanno partire ma in realtà è proprio Maria Luisa che ha deciso di voltare pagina di accantonare un marito ingombrante ed un passato psicologicamente tumultuoso e di tornare ad essere un Asburgo ha anche adocchiato un nuovo amore verso il quale lo spinge il cuore e non la ragion di stato o un rapimento come nella tua interessante ucronia
Troviamo poi il congresso di Vienna che dà a Maria Antonietta l’occasione di tornare in patria dopo tantissimi anni e di soggiornare di nuovo nel palazzo natale, così come ha fatto il papa ad inizio capitolo Pare di vederla come una bambina aggirarsi di stanza in stanza e di giardino in giardino mostrando ad Oscar ed a tutti gli altri tra cui il marito segreto il conte di Fersen i luoghi del suo cuore così uguali e pur così diversi da come li ricordava Bellissimo è il modo in cui hai fatto entrare in scena la regina di Napoli Maria Carolina un modo che ne rispecchia il carattere forte e vivace Apprendiamo che il marito di costei è stato detronizzato ma che lei col suo carattere d’acciaio sta facendo di tutto per correggere questa incresciosa situazione Mi è molto piaciuto come Maria Antonietta forte della sua esperienza e della sua maturità sia riuscita ad inquadrare subito la pronipote ,quella cara ragazza tanto gattamorta che è riuscita a dare il benservito persino a Napoleone Bonaparte e che non ha certo i numeri per competere con colei che ne prese il posto sul trono di Francia . Mi è anche piaciuta l’occasione che hai dato alla regina consorte di Francia di togliersi un sassolino dalla scarpa nei confronti del nipote imperatore ,quel Francesco I che la abbandonò al suo triste destino attirandosi il biasimo di tutta l’Europa
Il congresso purtroppo danza ma non cammina e ciò alimenta l’attitudine all’intrigo di personaggi ambigui come Talleyrand e Metternich Viene però abolita la tratta dei negri ( sarà contento Lisimba ahahahahah!!!! ) e si decide la restituzione delle opere d’arte trafugate da Napoleone
Neanche a Vienna il duca di Wellington si lascia sfuggire l’occasione di bistrattare –questa volta anche in pubblico – la consorte che inverso un po’ seccante ed inopportuna lo è e qui mi è molto piaciuta la reazione di Andrè che per la seconda volta nel capitolo mostra una grandissima umanità invitando a danzare la duchessa di Wellington pubblicamente umiliata
Spostandoci sul versante romano ritroviamo Antonio Canova che durante il viaggio a Roma di Oscar e famiglia fece da cicerone ai nostri beniamini Forte delle sue abilità diplomatiche e delle sue doti umane per nulla inferiori al suo talento artistico , lo scultore riceve l’incarico di riportare a casa le opere trafugate da Napoleone e lo fece talmente bene da meritarsi un titolo nobiliare. Una delle mete dello scultore è palazzo Borghese di Campo Marzio dove il marito separato della bella Paolina ospita una considerevole collezione che ha tutto l’interesse a far giudicare legale e non frutto delle spoliazioni poste in essere dal cognato che anzi lo obbligò a cedergli alcune delle sue opere. Le cose filano liscio finché non si scende in cantina ed il povero marchese non si imbatte nella celeberrima statua di Paolina nei panni (succinti ) della Venere vincitrice Il principe Borghese aveva spostato varie volte il capolavoro di Canova ed alla fine esso era finito con poca gloria in cantina Mentre gli altri proseguono il loro tour cantinesco il marchese resta impietrito di fronte all’altra pietra della scena ,il marmo effigiante la Paolina della sua epoca d’oro Il Marchese ha un’epifania in quella cantina ed arriva a capire che il suo amore per la donna è falso ,menzognero, freddo ed incolore come la statua mentre Bernadette è vera e non aspetta altro che lui si decida Cresce prepotentemente in lui l’esigenza di una vita vera, contrapposta al caos ed all’apprensione che seguivano tutti i movimenti della bella sorella di Napoleone Ho trovato molto bello l’espediente della statua che compare all’improvviso e che con la sua presenza plastica e con i ricordi che richiama alla memoria offre al marchese de Saint Quentin l’opportunità di rompere finalmente gli indugi e di prendere quella decisione che in cuor suo già c’era Bella la scena finale in cui il marchese rivolge un ultimo sguardo alla statua e poi le volge definitivamente le spalle, chiudendosi la porta dietro di sé
Dulcis in fundo arriva il notizione dei notizioni : Napoleone è evaso dall’isola d’Elba così che il congresso che danza e non cammina inizia a tremare dalle fondamenta Una versione afferma che furono proprio Metternich e Talleyrand a favorirne la fuga per costringere i vari potentati a mettersi una buona volta d’accordo ricompattandosi di fronte al pericolo Come andò veramente non lo sapremo mai ma l’immagine di quei due che si scambiano segni di intesa mentre gli altri allibiscono è di grande impatto scenico ed emotivo e difficilmente sarà scordata
Come al solito grazie per quest’altra perla che ci hai donato ed aggiorna presto !!!! Sono sempre più curiosa di capire come finirà!!!!!

Recensore Master
07/03/23, ore 17:59

Ciao Agrifoglio. Eccomi finalmente a commentare questo capitolo. Giá dal titolo ho immaginato fosse stato impegnativo scriverlo. Mi dispiace per Kitty. Che emozione Oscar e André nonni e ho immaginato il Generale. Ho letto con interesse il drogarsi tra André e il Marchese de Saint Quentin. Mi ha colpita quanto abbia detto il primo. Sono contenta per Maria Luisa. Mi ha fatto piacere leggere di Canova. Che finale con la fuga di Napoleone. Apprezzo il tuo impegno riguardo nomi, date, posti e la presenza di personaggi realmente esistiti e non nell'intrecciare il tutto. Al prossimo capitolo. Un caro saluto.
(Recensione modificata il 07/03/2023 - 06:02 pm)

Recensore Veterano
04/03/23, ore 20:04

Buonasera Agrifoglio,
sono sempre più colpita dalla tua abilità nel riscrivere la storia con una “verosimiglianza” stupefacente.
André che mette in guardia il Marchese de Saint Quentin sugli effetti nefasti del dedicare la propria vita ad una donna irraggiungibile, mi fa pensare che nonostante la felicità conquistata non abbia dimenticato dolori e tormenti. Ma certo Oscar era donna tale da meritare un tale sacrificio.
Al contrario di Paolina: “di marmo levigato, liscia e perfetta, ma anche fredda e incolore.”
Perché talvolta ci innamoriamo di un ideale, ma il vero amore è tanto più semplice.
Aggiorna presto, mi raccomando!

Recensore Junior
01/03/23, ore 23:30

Dare informazioni così accurate e inserirle in una fiction senza scadere nel didascalico è una virtù rara. Ebbene tu ci riesci riscrivendo la storia canonica con verosimiglianza. I nostri eroi non solo non sono morti giovani, ma sono nonni senza aver perso un'oncia della loro aura eroica. André ha affinato la propria sensibilità e riesce a consigliare il marchese senza risultare invadente. Il marchese arriverà da solo alla giusta prospettiva, ma ben consapevole di avere avuto il giusto suggerimento. Maria Antonietta torna a casa e conosce la nuora mancata, rendendosi conto che l'attuale regina consorte è stata la scelta migliore. Napoleone non è il tipo da arrendersi e fugge dall'esilio, vorrebbe rivedere la moglie, senza sapere che lei ha un nuovo amore, meno ingombrante di lui. Come sempre hai scritto un bellissimo capitolo. Un saluto e alla prossima.

Recensore Master
01/03/23, ore 23:17

Sempre così interessanti e storicamente accurati i tuoi capitoli, anche se si prendono delle licenze poetiche. Oscar e André sono nonni! Un sogno che si realizza. Il generale novantenne arzillo e deciso è uno spettacolo. La regina Maria Antonietta realizza il desiderio di tornare in Austria e vi trova anche l'amata sorella ( in realtà morta, come Maria Antonietta stessa, ma nella tua ucronia tutto è possibile). Il marchese, finalmente, riesce a capire che la sua ossessione per Paolina era solo quello, un'ossessione vuota, mentre rivede il dolce volto di Bernadette e capisce cos'è il vero amore. Intanto, a causa della lentezza del Congresso, Napoleone riesce ad organizzare la propria fuga. Sono veramente curiosa di leggere l'epilogo di questa epopea estremamente coinvolgente. André sempre più saggio. Complimenti e a presto.

Recensore Veterano
01/03/23, ore 21:42

La Storia avanza nel nuovo secolo e ritrovare Oscar e André al Congresso di Vienna ha un effetto un po' straniante ma nella tua versione alternativa, non poteva essere diversamente. E mentre il Congresso danza ma non cammina, anche Maria Antonietta torna a danzare, metaforicamente parlando, nella sua Schönbrunn con l'esperienza e la lungimiranza che in realtà non ha mai potuto (o voluto) dimostrare. E' bello questo suo ritorno nella terra natia che le hai regalato, chissà quante volte l'avrà sognato imbrigliata nel protocollo di Versailles!
Sul versante Saint Quentin, finalmente il Marchese si rende conto che il suo ideale d'amore non sarà mai raggiungibile ma forse la realtà può superare l'immaginazione...
Il Generale novantenne che ancora riempie la scena aumenta l'ammirazione per quest'uomo particolare che, tutto sommato, ha scavalcato le regole del suo tempo.
Sullo sfondo, Napoleone riesce a fuggire dall'Elba ma il 1815 è anche l'anno di Waterloo...non ci resta che attendere, curiosi, l'epilogo dei diversi piani della vicenda, certi (almeno io) di imparare sempre qualcosa in più sulla Storia dell'epoca.