Ammiro la capacità che hai di inventare cose geniali ed allo stesso tempo divertenti, Agrifoglio! Nel capitolo precedente avevamo ‘Egli è’ al posto di ‘Ei fu’ mentre questa volta c’è la flotta navale di cui Napoleone è l’armatore e che si chiama Imperial Eagle Company! Dire che si tratta di un nome azzeccato è davvero riduttivo ed infatti se Napoleone avesse effettivamente armato una flotta l’avrebbe chiamata sicuramente così. E ci credo che la compagnia dell’aquila imperiale abbia dato del filo da torcere alla compagnia delle Indie, con un simile proprietario!
Napoleone si è dimostrato un uomo dalle mille risorse, destinato sempre a risorgere dalle sue ceneri. Qualunque cosa faccia la fa sempre bene ed ogni sua creatura è destinata a piazzarsi ai primi posti di tutte le classifiche. Il segreto di tanta genialità e di tanto successo secondo me sta nella compresenza di tante doti nella stessa persona. C’è chi è molto intelligente, ma magari è pigro o non ha studiato. C’è chi è intraprendente o addirittura iperattivo, ma è di vedute ristrette, è poco preparato o non sa interagire col prossimo. C’è chi ha studiato, ma è ottuso, lento, mentalmente poco elastico o pauroso. C’è chi ha coraggio, ma poco cervello e poca strategia come Gioacchino Murat. E c’è chi invece queste doti le riunisce tutte ed è intelligentissimo, laborioso, coraggioso, stratega, innovatore, ci capisce di politica ed ha vedute di ampio respiro che portano lontano. Tutti questi pregi riuniti in una sola persona compongono il genio.
Dalla tua retrospettiva emerge che Napoleone ha fatto parlare di sé anche nel viaggio oceanico che lo ha portato da Sant’Elena all’America iniziando una relazione con Jeanne de Valois, la grande avversaria di Oscar. I due si sono piaciuti istintivamente ed immediatamente per le affinità caratteriali ma poi si sono riscoperti incompatibili proprio perché troppo simili. Due forti personalità in effetti possono stare insieme assai difficilmente perché tenteranno sempre di prevaricarsi vicendevolmente. Nel caso di Napoleone e di Jeanne de Valois poi non c’era soltanto la forte personalità ma anche le manie di grandezza, l’immensa ambizione, le notevoli spigolosità del carattere ed una propensione a non accontentarsi mai di niente. Oserei dire che il loro non è stato un amore ma una passione travolgente nella quale ognuno ha visto se stesso riflesso negli occhi dell’altro. In questa situazione devastante credo proprio che l’accentuata differenza d’età sia stata l’ultimo dei problemi di questi due pavoni. Due narcisi non possono stare nello stesso vaso! Arrivati a New York il loro ‘amore’ era già finito ed ognuno è andato per la sua strada.
L’escalation di Napoleone in America è stata sorprendente. Malgrado fosse ormai un signore ultracinquantenne la sua verve non era affatto venuta meno ed in pochissimi anni ha conquistato il potere anche nel nuovo mondo. La sua grande genialità gli ha fatto capire che gli americani parlavano il linguaggio del denaro e quindi per ascendere doveva tentare la strada dell’imprenditoria. Nel vecchio continente Carlo Maria Bonaparte si prodigò per procurare alla famiglia delle patenti di nobiltà con cui aprire ai figli le porte delle migliori scuole francesi. Napoleone scelse l’esercito e, alla testa delle sue armate, conquistò il vecchio mondo. Nel nuovo mondo però le patenti di nobiltà non servono e non servivano a niente, se non a creare folclore perché lì occorrevano ed occorrono lo spirito di iniziativa, la spregiudicatezza, il fiuto per gli affari e la disponibilità a lavorare sodo. Napoleone possedeva tutte queste doti in abbondanza e le ha sfruttate per diventare ciò che gli americani rispettano di più: un tycoon pieno di soldi. La sua ascesa ha dell’incredibile: imprenditore del legname, costruttore edile, investitore in borsa ed armatore. L’Imperial Eagle Company come abbiamo già visto dà del filo da torcere persino alla Compagnia delle Indie, ma l’Inghilterra non vuole impelagarsi in una seconda guerra contro l’America e Napoleone cresce indisturbato ed ecco che rispuntano fuori i vecchi amori: la politica e l’esercito. Con le sue ricchezze illimitate il grande condottiero corso arma una milizia privata e poi viene eletto senatore. Da senatore avvia una campagna contro la schiavitù e qui vediamo che ritornano gli ideali moderni di cui si faceva esportatore anche in Europa. Come in Europa lui voleva esportare gli ideali della rivoluzione, così in America lui vuole abolire la schiavitù. In entrambi i casi è pura propaganda oltre che ‘carità pelosa’. Napoleone infatti vuole arruolare gli ex schiavi nella sua milizia reputando il mestiere delle armi più consono del lavoro dei campi per impiegare quegli africani robusti e soprattutto più utile a lui. Qui però iniziano a presentarsi le prime bucce di banana perché la proposta di abolire la schiavitù farebbe fare la cura dimagrante a troppi portafogli tanto che gli stati del sud iniziano a giocare a freccette col ritratto di Napoleone. Un portafoglio non è mai un nemico docile e quindi Napoleone non riesce a fare approvare la sua proposta di abolizione della schiavitù e perde anche le elezioni presidenziali. Non solo: quando un pittore fallito attenta alla vita del presidente i senatori accusano l’ex imperatore di essere lui il mandante del tentato omicidio. Conformemente al personaggio, Napoleone esce dai gangheri e sulla scia di un attacco di collera micidiale minaccia di scatenare una guerra civile, ma si auto scatena soltanto un colpo apoplettico così che il nipote di Cesare Beccaria dovrà modificare ‘Egli è’ in ‘Ei fu’.
Così facendo Napoleone cessa di essere un problema per gli americani, per gli stati del sud e per Andrew Jackson e torna ad esserlo per i francesi che non sanno che razza di funerali fargli e soprattutto dove seppellirlo. Nel frattempo infatti la delfina Elisabetta aveva sposato il duca di Reichstadt, ora duca di Berry, un tempo Napoleone iunior e questi aveva espresso il desiderio di portare nella sua nuova paria le ceneri di papà. Viene perciò interpellata l’ottuagenaria Oscar che dà subito dei buoni consigli, suggerendo di inumare l’ex imperatore all’Hotel des Invalides dove lo aveva incontrato molti anni prima. La delfina è ben contenta di seguire il consigli della sua mentore anche perché i suoceri sono spesso una patata bollente ed il suo non fa eccezione.
Dopo avere compreso con immenso sollievo che non le tocca la trasferta americana, Oscar va al porto di Cherbourg per accogliere il principe di Joinville e la fregata La Belle Poule che trasporta il feretro di Napoleone. La grandiosità ed oserei dire l’esagerazione non l’ha abbandonato nemmeno da morto tanto che a raccoglierne il corpo ci sono ben sei bare stile matrioske o scatole cinesi che pesano complessivamente milleduecento chili.
Anche i funerali a Parigi non sono da meno perché il carro funebre è alto dieci metri quanto un condominio ed è trainato da ben sedici cavalli che oltre a quel catafalco devono sopportare il peso anche dei loro ingombranti paramenti. La sfilata è grandiosa, l’oro della carrozza abbaglia e la gente è entusiasta ma in tutto questo fulgore colpisce anche una certa falsità: la vera bara infatti non è quella sorretta dalle cariatidi e coperta dal velo nero, in cima alla struttura, ma sta nascosta alla base della carrozza, probabilmente per il peso eccessivo che avrebbe spaccato le cariatidi e compromesso la statica di tutta quella torre di ostentazione. La cerimonia è solenne, le parole del re e del principe di Joinville ben pensate e, sulle note del requiem di Mozart, il corpo di Napoleone entra nell’immensa e complessa struttura dell’Hotel des Invalides per non uscirne più.
In tutta questa ostentazione ed in tutto questo sfarzo colpiscono i pensieri di Oscar, ben consapevole di essere giunta alla parte finale della sua vita e di avere perso una persona che nel bene e nel male questa vita l’ha ampiamente condizionata (giusto perché non sa chi dovrà perdere di lì a poco….). Un astro si è oscurato, ma anche la sua vita da leonessa è finita per sempre perché non ha più le forze per combattere e perché non ha senso una leonessa se non c’è un’aquila da combattere. Oscar riflette sulla stranezza della vita, in quanto aveva dovuto risalire la Senna dall’oceano Atlantico a Parigi anche in occasione del trasporto in patria di Re Luigi XVII dopo la liberazione dalla prigionia inflittagli proprio da Napoleone. Oscar rivede quei luoghi e tutto le pare mutato anche perché tante persone che c’erano allora adesso non ci sono più. I genitori che erano andati ad attenderla al molo di Parigi sono ormai due ombre del passato e lei non è più una donna nel fiore degli anni, ma una pensionanda affaticata.
Ai funerali, mi è piaciuta la preghiera che Oscar rivolge in suffragio dell’anima di Napoleone che dopo la morte non è più oggetto della sua bellicosità e della sua ostilità, ma una delle tante anime naufragate nel mare della vita. Non ci sono più nemici ma vecchi conoscenti, uno morto e l’altra molto anziana e, stante la simmetria della vita, la fine dell’uno pone fine anche la carriera dell’altra che si dimette da tutti gli incarichi.
E’ stato emozionante e commovente anche capire cosa la gente pensasse di quello stoico maresciallo di Francia che ad ottant’anni non demordeva e guidava il corteo funebre dell’aquila imperiale. Tutti avevano rispetto ed aggiungerei anche venerazione per quella sacra vegliarda che li aveva salvati in più di un’occasione e che ora è una grande vecchia collocata nell’Olimpo degli eroi. La considerazione della gente giunge ad affiancarla al re, quasi si trattasse di una regina guerriera a lui complementare.
Oscar quindi si dimette, ma all’indomani delle dimissioni la tragedia bussa alla sua porta perché la morte viene a prendersi André, pochi giorni dopo il suo ottantesimo compleanno.
Mai due morti sarebbero potute essere più diverse perché Napoleone spira incollerito ed André sereno, perché Napoleone ha avuto funerali solenni ed André li avrà forse di stato anche lui in quanto ex ministro di giustizia, ma di sicuro più sobri e raccolti. André poi muore circondato dalla sua famiglia, dai suoi amici e dai servitori che lo amano mentre Napoleone lascia questo mondo attorniato dai suoi accusatori. Ci sono indubbiamente delle grandi differenze, ma entrambi gli uomini sono stati molto significativi per Oscar e la loro dipartita ha portato via una parte importante della sua esistenza. Con Napoleone Oscar ha perso il suo antagonista e l’ultima ragione che l’aveva indotta a mantenere acceso dentro di lei lo spirto guerrier ch’entro le rugge. Con André Oscar ha perso il suo cuore, la sua vita, il suo sostegno morale ed in una parola se stessa.
Si tratta di un capitolo tristissimo che io ho adorato lo stesso perché ha avuto il potere di mettere a nudo i caratteri dei vari personaggi ed i loro sentimenti più segreti, reconditi, fragili, disperati ed irrinunciabili. Oscar, che col suo urlo disperato lacera il silenzio che resta, ricorda dolorosamente quella dell’anime che si sente improvvisamente ed irrevocabilmente lasciata sola. André invece muore con una serenità ed un sorriso, giustapposto alla lacrima dell’anime, che sono il frutto di un’esistenza lunga, appagata, pienamente vissuta e realizzata in tutti i campi. Quello dell’anime muore da soldato semplice disertore, povero, plebeo, mezzo cieco, stroncato ad un passo dal poter sposare la donna che ha sempre amato e senza neppure avere visto cadere la Bastiglia (destino quest’ultimo che condivide con Oscar). Questo qui invece muore come marito della suddetta donna, bisnonno, conte, ricco e ministro di giustizia emerito. Malgrado questa sua morte dolce, ci piace comunque ricordarlo con il calice in mano, intento a pronunciare le parole garbate ed affettuose del suo brindisi finale.
Bretzel Salato |