Ciao, eccomi di nuovo qui.
Il POV di Clove mi è particolarmente piaciuto, l'ho sempre trovata un personaggio interessante e in grado di offrire degli ottimi spunti di riflessione, come ad esempio il suo lato sadico che la porta a torturare le vittime prima di ammazzarle.
Ma, soprattutto, come mai Clove sia tanto schiava e perennemente chiusa in se stessa.
La motivazione che hai dato è forte e distruttiva, ma assolutamente plausibile: se in altri Distretti i genitori soffrono nel sentire chiamare il nome dei loro figli per gli Hunger Games, nel caso di Clove è stato l'esatto opposto in quanto sua madre non l'ha mai voluta — nel senso che non è una figlia desiderata, visto che è il frutto di una violenza — e tutto il Distretto sa che è il frutto di questa violenza atroce.
E se sua madre per prima non le vuole bene, come può Clove volere bene a se stessa?
Soprattutto col pensiero costante che forse sua madre sarebbe stata addirittura felice se fosse perita negli Hunger Games.
Cato è la prima persona a mostrare un interesse genuino nei confronti di Clove.
La invita a cena, cerca di renderla partecipe di qualcosa che la ragazza non ha mai sentito proprio e alla fine, proprio insieme a lui, assapora per la prima volta la felicità, quella vera e genuina.
Nel momento in cui Clove realizza di essere importante per qualcuno, di essere riconosciuta valida in qualcosa, si sente giustamente felice — e a ben pensarci, io ora gongolo perché è vero, d'ora in avanti lei e Cato saranno vicini di casa (!)
Considerando però che mi mancano ancora sei capitoli per terminare la lettura, non so cosa aspettarmi e immagino che ne succederanno di ogni.
Non vedo l'ora di scoprirlo.
Alla prossima!
M a k o |