Recensioni per
La scelta
di Old Fashioned

Questa storia ha ottenuto 263 recensioni.
Positive : 263
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
04/03/23, ore 02:55
Cap. 3:

Bentrovato!
Anzitutto sono io che devo ringraziarti per le risposte lunghe ed esaustive che mi hai dato. Immagino ti sarai già ripetuto infinite volte su questa ambientazione con tanti lettori, ma apprezzo il fatto che ti sia preso del tempo per illustrarla nuovamente anche a me, a distanza di anni dalla pubblicazione. Mi fa enormemente piacere la tua conferma di aver colto gli aspetti basilari della società di Kjarr, più che altro perché vuol dire che l'immagine stupenda che si sta delineando nella mia mente è corretta. Siamo solo al terzo capitolo, ma già questo mondo inizia ad appassionarmi sempre di più: i suoi ideali, la sua struttura, i suoi valori sono al contempo una boccata d'aria fresca e il ritorno a quella che sento come una familiarità amata. *Preußens Gloria che suona in sottofondo*

Questo mood lo troviamo all'inizio del capitolo, quando finalmente abbiamo uno scorcio più genuino sugli uomini di Kjarr attorno al tavolo di guerra.
Anche qui sono pochi ma buoni, solo lo stretto necessario per organizzare le forze armate, e si parlano con il minimo di parole bastevoli per esprimersi. Qualcosa però incrina quest'atmosfera di rigore marziale, un peso dalla forma di un dubbio che solo Hithaigh si azzarda a far trapelare. Ehrenold affronta subito la questione di petto, lo sfida a mettere in discussione nero su bianco la sua autorità, e Hithaigh obbedisce alle regole di Kjarr: sceglie di non affrontare la questione, quindi sta' zitto ed obbedisce. Ovviamente, però, quel silenzio non risolve nulla: sembra strano a tutti che Ehrenold, valoroso sovrintendente di un esercito immenso e capace come le Nere Armate, si lasci sfuggire certi rischi da recluta alle prime ronde.
Come hai confermato anche tu, più avanti avremo modo di vedere cosa sia accaduto per renderlo così; ma io nel mentre mi preoccupo. Essere temuto e detestato da un popolo vigliacco è una cosa, ma instillare la sfiducia nei propri uomini sarebbe un vero e proprio disastro.

La figura del luogotenente Rowden, in tutto questo, è quella che più riesce a toccare le corde giuste di tutti; sia di chi legge, che del Sovrintendente. Pare un fratello di battaglia di Ehrenold, e difatti è con fraterna sincerità che gli parla; ma persino di fronte alla sua franchezza, il Sovrintendente pare chiudersi sulla difensiva e non lascia trapelare quasi nulla.
Non credo sia nei costumi di Kjarr lasciarsi andare all'emotività, ma non lo è nemmeno mettere a rischio la sicurezza di un'armata per un dolore che non si vuole sviscerare. Non credo che Rowden possa fraintenderlo e giudicarlo male per la sua sofferenza, anzi; più orrori e tragedie passi al fianco di qualcuno, più capisci il valore della sua fortitudine e quel che deve sopportare. Il fatto che malgrado tutto Ehrenold si rifiuti di condividere quel fardello col suo migliore amico è triste, atrocemente triste, e lascia solo un senso di profonda solitudine. Se lo si guarda con gli occhi della nostra scala di valori, Ehrenold è un violento aguzzino che fa del suo lutto un'arma; ma se lo si guarda nell'ottica di un guerriero di Kjarr, è un uomo che sta tentando di restare in piedi e fare del suo meglio per i suoi soldati, per l'esercito e per il Regno, malgrado tutto il peso che lo opprime. Non ci sta riuscendo davvero, ma arrendersi non è neanche un vocabolo; e quindi appare sospeso nello stallo di una battaglia terribile, dall'esito incerto.

Chi è questo amante di cui vuole proteggere il ricordo con così tanta ostinazione, e perché si chiude così ermeticamente anche solo ad accennarlo? Per essere un uomo la cui esistenza è votata alla battaglia, dev'essere stato ampiamente temprato dalla morte. Immagino che abbia visto più di una persona cara soccombere sotto il ferro e le spade, sin dalla tenera età; e quindi come mai questa perdita invece sembra averlo distrutto così profondamente?
Ancora una volta le supposizioni sono tante, ma finalmente abbiamo uno scorcio su quel che affligge Ehrenold: una morte da cui non riesce a riprendersi.
(in tutto questo: ma le menzioni di queste battaglie? Iobeley, Korvie, Irdan... sono avvenimenti bellissimi che mi sto perdendo per via dell'ordine cronologico e avrò modo di recuperarli, o sono nomi estemporanei per creare un background? No, perché io sono qui che fremo per vedere le Nere Armate all'opera, te lo dico xD)

E finalmente, perché stavo friggendo fin dal primo capitolo -cioè da poco, ma poco è bastato-, habemus il pov di Ehrenold! E che soddisfazione leggerselo, lui e le sue considerazioni, per una volta non filtrate dall'autocommiserazione di Iasay. Ci voleva proprio una voce che parlasse per Kjarr dal punto di vista di qualcuno temprato dai suoi insegnamenti.
In compenso, l'immagine di Kadya e dei suoi abitanti viene fatta a brandelli come uno straccio. In una società nostrana oserei dire che la resistenza partigiana di Kadya possa avere il suo perché; ma in un mondo come quello di Kjarr e dell'Amlinntal, dove esistono eserciti di creature sanguinarie che muovono assedi a loro volta, direi che il popolo di Kadya possa solo ringraziare di essere finito sotto il controllo di qualcuno in grado di difenderSi e di difenderLi. Soprattutto se, a parte il rigore estremo, i soldati di Kjarr sono militari disciplinati che non usano soprusi sul popolo invaso. Certo, hanno un concetto tutto loro dell'habeas corpus dei giovani avvenenti, su questo niente da oppugnare. Ma è troppo facile rimpiangere la vita di prima, fatta di ricchezze e vini dolci, se mentre ci si godeva il benessere nessuno ha pensato alla difesa ed alla preparazione per i tempi peggiori; come si dice, chi è causa del suo mal pianga se stesso.
Come hai spiegato, Kadya è lo specchio dei valori odierni di dialogo e diplomazia, ma questi servono a ben poco se non vi unisci la forza per farli rispettare. Come puoi pensare di fronteggiare disarmato un intero esercito, solo per dirgli "No, guardate, mettete pure via le spade che voglio solo parlare"?
La vita a Kadya era bella perché nessuno voleva prendere in considerazione le cattive prospettive. Era comodo spendere tutto per il benessere materiale, e niente per cose "brutte" come l'esercito, che non dava immediato sollievo alla pancia e ai sensi. L'arte e la cultura elevano un popolo, ma purtroppo non lo difendono. A vivere solo tra i fasti poi si finisce per dare per scontate troppe cose, e si diventa un popolo imbelle; ma prima o poi ti arriva lo scotto da pagare, e in questo caso sono stati fortunati che il prezzo sia stato l'esercito severo ma ragionevole di Kjarr, e non qualche bestia sanguinaria.

Tutto questo per dire che la frustrazione di Ehrenold è più che comprensibile. I kadyani (?) hanno solo raccolto ciò che la loro politica di ridotte visioni ha seminato, gli è andata anche tutto sommato bene, e hanno persino la faccia tosta di lamentarsi che sono oppressi e vessati. Scommetto che se avessero un incontro ravvicinato con gli Orchi Cinerei, i cittadini di Kadya scapperebbero a rifugiarsi dietro ai soldati di Kjarr, diventati improvvisamente i loro eroici e magnanimi protettori.

Il capitolo prosegue con Ehrenold e Iasay che per il momento, ancora non imparano nulla delle culture a loro speculari. Ehrenold ancora non si capacita di come la sua brutalità possa essere talmente spaventosa per un ragazzino come Iasay, e per quanto il suo punto di vista sia ben spiegato, dall'altra parte Iasay è pur sempre un picio che non ha idea di come giri il mondo al di fuori della campana di vetro di Kadya. Se non fosse una situazione tragica, la reazione di Ehrenold susciterebbe quasi un moto di empatia; è lì che si chiede "Io gliel'ho spiegato chiaro e tondo. Perché non l'ha ancora capito?" sinceramente confuso, perché nella sua ottica lui gli ha illustrato tutto quel che c'era da sapere sulla natura di quel rapporto, e Iasay ci sta solo mettendo un lasso di tempo incredibilmente lungo a comprendere qualcosa di cristallino.
Iasay invece si fida di un bulletto rancoroso che letteralmente gli ha appena detto di non fidarsi di nessuno. Io giuro che non voglio infierirgli contro, non ora che è al punto più basso della sua vita, ma Kodarvor dammi la forza...

L'unico spiraglio di speranza lo abbiamo alla fine. Iasay inizia a comprendere che le richieste, quando non hai altro che le tue suppliche a supportarle, non hanno eco presso le genti di Kjarr. Forse inizia a capire che quello che gli sta accadendo è un'usanza normale, per l'invasore, e che aggrapparsi alla pietà per uscirne non ha senso. Non perché non abbiano pietà, ma perché non c'è nulla per cui averne, in quel frangente; il problema non è loro, è di Iasay, ed è Iasay a dover trovare il modo di risolverselo da solo.
Ehrenold non lo ascolta non perché voglia ignorarlo a prescindere, ma perché in quel momento non ha nulla che renda la sua voce degna di essere ascoltata.
Il vittimismo non è un'argomentazione.
E' un passo avanti, ma fa ben sperare che almeno un ingranaggio si sia messo in moto.

In tutto questo, speriamo che almeno Rowden abbia trascorso del tempo piacevole con il cortigiano (anche se mio caro luogotenente, con tutti i bei giovanotti dell'esercito va a scegliersi certi individui...); così almeno lui una gioia alla fine di questa giornata pesante se l'è presa.

ps: e per fortuna che ho scelto di commentare capitolo per capitolo. Ti immagini se avessi dovuto concentrare tutte queste riflessioni in un unico commento a fine storia? Avrei dovuto prendermi una settimana di ferie per organizzarmi, e tu un paio di giorni per leggerlo. Ma recensire questi capitoli è per me un vero piacere, nonché un momento per tirare i fili delle riflessioni che certi argomenti sono in grado di suscitare. Come dicevo, quando uno scritto è davvero valido, apre molti altri spunti su cui si potrebbe discutere. A presto!

Recensore Junior
02/03/23, ore 02:35
Cap. 2:

E di nuovo, la diplomazia di Kadya affronta il muro di ferro di Kjarr; e cosa può una brezza estiva contro un monolite?
Un po' la figura di Iorweth muove a compassione. E' un uomo impotente di fronte ai fatti, un padre in angoscia che si prodiga per aiutare il figlio con gli stessi mezzi che gli ha insegnato, il buonsenso e la ragionevolezza. Tenta ancora una volta di far leva sui sentimenti dei militari e del graduato, ma resta umilmente tra i ranghi, senza scoppi di emotività. Ad ogni colpo verbale subìto la sua disperata grinta si accartoccia sempre di più, finché non è costretto a battere in ritirata.

Di ben altra natura, ma dallo stesso esito, è il nuovo confronto tra Iasay ed Ehrenold. Iasay poveretto è traumatizzato, spaventato e ferito, e quindi per questo capitolo non me la sento di condannarlo con la stessa durezza di Ehrenold. Però non posso che dare ragione al Sovrintendente, almeno nel fatto che la meschinità di chi comanda solo a parole trapela nella differenza con cui si approccia a persone di vario grado.
Con Feila, Iasay si impone e si scalda, con la guardia prova a chiedere con ragionevolezza, con Ehrenold piange e supplica con servilismo. Una persona forte, in grado di difendersi, non ha timore di usare lo stesso tono con chiunque. Invece una persona subdola, abituata a subire, sviluppa l'odiosa tendenza a sfogare a sua volta quella frustrazione su chi gli è inferiore, e via così in un circolo vizioso. Ehrenold mi ha quasi stupito quando lo ha esortato ad usargli lo stesso tono usato con Feila; forse era solo una provocazione per terrorizzare Iasay ancora di più, o forse era un fargli toccare con mano il viscidume di quell'abitudine, una sfida feroce a far valere le proprie ragioni in una maniera che non fossero smielate suppliche e a sviluppare un po' di spina dorsale. Una sorta di "Se questo è il tuo carattere, abbi il coraggio di usarlo in faccia a chiunque, o guarda quanto sei ipocrita".
Magari avrebbe sortito qualche effetto, magari avrebbe solo posto la firma sulla condanna a morte di Iasay, ma non lo sapremo mai. Il povero giovane non si discosta dal suo approccio supplice di agnello sacrificale, e il suo destino è ancora, tragicamente, lo stesso.

Sorge anche un altro abisso fondamentale tra le due culture: quello che è accaduto, per gli abitanti di Kadya è uno stupro in piena regola, con tutto il dolore e la vergogna che ne segue. Per i soldati di Kjarr invece è un onore, sempre in relazione al rapporto che li lega militarmente e fisicamente. E qui mi apri ancor più domande e supposizioni, perché non posso star zitta e continuare a leggere per trovare risposte, ma devo renderti partecipe del mio flusso di coscienza in tempo reale.
Comprendo che a Kjarr sia un onore per un soldato essere scelto come compagno dal proprio superiore, anche per quel legame di mentoraggio e cameratismo che potrebbe venirsi a creare; ma lo è anche scegliere un esterno privo degli stessi valori di Kjarr? Anzi, perché dovrebbe essere proprio lui a meritarlo, piuttosto che uno dei tanti giovani valorosi dell'esercito? Soprattutto uno come Iasay, che finora sta dando dimostrazione di essere l'esatto opposto dell'essenza bellica che forgia gli uomini del regno, e non sembra trarne alcun insegnamento. Ti dovrei chiedere un'intera opera di saggistica su questo aspetto, perché sono argomenti che mi appassionano, e non è detto che ad arrivare alla fine della storia io non possa cadere nella tentazione di farlo *ammicc*

A dimostrazione dei possibili danni che provoca il procacciarsi amanti esterni, abbiamo anche una desolante visione sul fato che attende gli ostaggi come Iasay: quei tre cicisbei che paiono più una caricatura dei vizi di corte, piuttosto che uomini venuti a contatto con la cultura di Kjarr e che ne hanno appreso qualcosa. Sembrano per lo più creature rimaste in una sorta di limbo, rifiutati da entrambi i mondi -quello di origine e quello che li ha rapiti-, da cui paiono aver preso il peggio. Da un lato hanno conservato le mollezze e l'inclinazione al lusso, dall'altro hanno assimilato la prevaricazione che però attuano solo con l'appoggio del branco, con minacce vigliacche rivolte al più debole.
Spero davvero che Ehrenold e i suoi modi brutali possano impartire a Iasay una lezione di vita che lo porti a prendere in mano il suo destino, e a non lasciarsi andare a questa disfatta.

Comunque ora mi spiego come mai Ehrenold fosse quasi stupito dal rifiuto di Iasay: per lui quel che stava accadendo era la prassi, e Iasay non solo non sembrava riconoscere il privilegio che gli era capitato, ma si stava persino opponendo all'ordine di chi gli aveva impartito di attenersi a qualcosa di normale.
Diciamo che insomma, l'approccio tra questi due regni farebbe venire i capelli bianchi a qualsiasi mediatore culturale dei tempi contemporanei.

Potrei commentare in tanti modi l'opposizione al limite tra l'infantile e il disperato di Iasay, ma mi ero ripromessa di non infierire troppo contro di lui e terrò fede all'intenzione. Devo, però, di nuovo esprimere tutta la mia approvazione per il Sovrintendente: se non fai una cosa come va fatta, non è che guadagni la scappatoia facile. La rifai come va fatta, per tutte le volte necessarie. Chiuso, firma dell'eiserne kanzler e dichiarato dogma.
Un principio che andrebbe canonizzato anche nella vita reale.

Recensore Junior
02/03/23, ore 00:23
Cap. 1:

Ed eccomi, finalmente, in procinto di approcciarmi a questa lunga saga.
Le premesse sono tali per cui sono incuriosita e al contempo assolutamente bramosa di tuffarmi in questo universo. Ero indecisa se leggere tutto e poi farti un'unica recensione finale, ma ho deciso di prendere le cose con calma e commentarle strada facendo, al passo con la lettura; anche perché di primo acchito mi sembra un world building su cui hai dedicato tanto tempo e cura, e quindi si merita ogni attenzione al dettaglio. Metto subito le mani avanti: non so quanti capitoli al giorno riuscirò a leggermi, ma pian piano ci arrivo. Sono anche scevra da ogni informazione a riguardo, tranne la breve infarinatura che mi hai gentilmente fornito; per cui ho scelto di partire da qui perché è il primo nella cronologia di pubblicazione, nella speranza che sia un ordine temporale corretto. Insomma, saranno tutti commenti di chi vi si approccia da zero, e se magari peccheranno di una conoscenza pregressa, dall'altro spero che abbiano in loro la freschezza del primo impatto. Detto questo!-

La storia comincia nella morbidezza e nell'allegria di un ricco banchetto nuziale, con un'opulenza festosa che quasi stona con la terribile prefazione bellica di poco prima. Ben lontana dal pensiero dell'invasione e della sovrintendenza nemica, sembra che la gente di Kadya sia disposta a dimenticarsi delle sventure per un giorno pur di dedicarsi ai festeggiamenti in un lusso sfrenato, quasi fuori luogo, data la dispendiosità dei preparativi. Non che su due piedi gliene si possa fare poi troppo una colpa: appaiono come un popolo abituato a vivere nello splendore, anche data la fama della loro città, e sono più dediti a godersi la vita che a organizzarsi per la guerra.
Ci pensano i soldati delle Nere Armate a ricordare a tutti l'amara realtà della situazione. Già dallo scambio verbale che avviene tra le genti di Kadya e quelle di Kjarr al momento del sequestro di Iasay, spicca un'insormontabile barriera dovuta a molto più che alla provenzienza geografica. Parlano lo stesso idioma, ma è come se le frasi viaggiassero su due binari paralleli. Se il popolo occupato è amabile e dedito ad esprimersi attraverso i propri sentimenti, l'invasore rende subito chiaro perché sia un'autentica macchina da guerra. Diretto, inscalfibile, inflessibile: un pugno di ferro che irrompe nelle celebrazioni, svolge gli ordini con cruda efficienza e lascia dietro di sé nient'altro che lo sgomento e il vuoto.

Anche dall'ammodernamento del palazzo abbiamo la netta conferma che a Kjarr non si usano fronzoli; né nelle parole, quanto negli ambienti. Ci viene presentata come una società scarnificata fino all'osso di orpelli e bellezze, dedita solo a quel che è pratico e lineare, dritta al punto senza giri panoramici. E questo mi fa nascere curiosità su come tramandino la loro cultura e la loro identità, se l'arte viene così rifuggita, ma immagino sia un interrogativo ancora troppo ampio.
Ci è anche fatto chiaro che a Kjarr vige un'enorme frattura tra mondo maschile e femminile. Sono due comunità nette e divise che trovano una congiunzione solo per il puro pragmatismo della procreazione; è interessante, perché è un concetto che trascende la semplice inclinazione o il piacere che uno può trarne; ci viene infatti detto che non è l'atto in sé a non generare alcun interesse, quanto l'idea di un vincolo duraturo tra uomo e donna. Non è un orientamento personale, dunque, quanto la natura della relazione stessa.
Personalmente lo trovo uno scorcio affascinante, e a dispetto delle critiche che ho sentito muovere per casi simili in varie sedi antropologiche e sociali, nient'affatto misogino: non viene detto che le donne non godano d'importanza o rispetto, solo che sono una parte che, in questa storia e nel mondo bellico di Kjarr, non hanno motivo per esserci. La guerra è una colonna portante -la più importante- della loro società che si fonda sulla virilità, sul pragmatismo e sulla prevaricazione. Sa così squisitamente di civiltà classica, e incarna il concetto di quella forma di sodalizio intimo che puoi stringere solo tra persone dello stesso sesso, perché introdotte ai tuoi stessi valori.
Possiamo dirci che è anche un modo per indugiare nell'immagine di una società basata su guerrieri teutonici molto virilmente affiatati tra loro? Ma sì che ce lo diciamo. Le cose belle vanno dette per come stanno.

Passiamo ai due protagonisti dell'intera storia, e alla prima impressione che hanno lasciato in questo capitolo.
Iasay è delicato come il suo nome, soprattutto per quanto riguarda il carattere; non sembra aver capito particolamente come giri a Kjarr, o forse l'ha capito ma, giustamente, per affrontare le cose resta sul solco tracciato dal suo popolo: diplomazia e obbedienza. Dopo una lieve opposizione verbale si rassegna a seguire le guardie, si fa preparare dai servi malgrado abbia l'atroce sospetto di dove stia andando a parare l'intera vicenda: persino quando si trova nella camera del Sovrintendente non tenta la fuga, ma resta lì, convinto che dimostrandosi collaborativo si possa arrivare a un accordo che sistemi la faccenda a parole. E oh, poveretto, se sta per andare a sbattere in piena faccia contro un muro di ferro.
Quel muro di ferro, nello specifico, è Ehrenold. Letteralmente. Non si capisce come Iasay non l'abbia riconosciuto dopo quel loro incontro in armatura completa, dal momento che nutro il sospetto che Ehrenold non si tolga mai l'armatura: anche quando lo fa fisicamente, gli rimane comunque addosso tutta la muraglia di quella spaventosa impassibilità inscalfibile. E' un'incudine contro cui prova ad abbattersi una piuma, e il risultato è una sconfitta tragicamente prevedibile.
Iasay la butta sul disonore; Ehrenold gli risponde che per lui il disonore è ben altro.
Un approccio che ho adorato, e che mi ha instradato a tante interpretazioni.
"Neanche tu puoi opporti" replica Ehrenold con cruda praticità, senza nemmeno istigarlo a tentare. Per come l'ho intesa io, è un segno che il suo biasimo non è tanto per l'essersi arreso senza combattere; magari quello già se lo aspettava da Kadya, così come ora si aspetta che Iasay si sottometta al suo predominio, perché è debole e non può fare altro. Il vero disonore di fondo è non essere stato in grado di prevenire la catena di eventi che poi hanno portato all'inevitabile capitolazione. Se Kadya avesse avuto mille uomini, invece che mille fontane, se Iasay fosse stato un combattente invece che un fanciullo cresciuto tra stoffe preziose... ma così non è stato, e ora non possono che subire.
E' un linguaggio che comprende solo chi parla la violenza, ma nelle Nere Armate gira così. E Iasay può solo apprendere l'angosciante verità che non importa quanta buona volontà lui ci metta: Kjarr non ripaga la compiacenza, semplicemente perché non ripaga qualcosa che otterrebbe comunque a prescindere. Si sente che sono già affascinata da questo regno? Meglio che non si senta troppo, ho come la sensazione che l'emotività a Kjarr non sia cosa molto gradita.

Un primo capitolo bello intenso di ambientazione e premesse, che lascia la voglia di addentrarsi in quella che si preannuncia una terribile prigionia per Iasay. Con la speranza che porti ad un'evoluzione di entrambi, perché Iasay ha chiaramente la necessità di riscuotersi e imparare come potersi imporre. Di Ehrenold finora sappiamo ben poco, ma insomma: essere un blocco di ferro senza emozioni apparenti non è un comportamento di qualcuno che sembri stare bene neanche lui.
Negli atti subito prima della violenza non si dimostra apertamente crudele (non più di quanto ovviamente non sia già per lo stupro, atroce di per sé), non sembra volerlo schernire o umiliare, nè prova piacere di fronte al suo terrore; ma d'altro canto appare quasi distaccato, lì per compiere quello che deve senza farsi coinvolgere troppo. E sì che è stato lui a richiedere specificamente il giovane Iasay, colpito dalla sua bellezza; è andato persino a farlo prelevare e preparare, quindi averlo nel suo letto doveva essere un suo desiderio da tempo. Ma persino il bacio, quella sorta di assaporare il preludio al piacere, sembra più il gesto freddo di una belva che quello passionale di un uomo animato dal desiderio di giacere con un amante.
Vedremo se è solo l'apparenza con cui si mostra al prigioniero, o se dietro al suo carattere cela qualcosa. Magari sono tutti voli pindarici miei, e troverò una risposta alternativa già dal prossimo capitolo.

Vorrei scrivere molto altro, ma forse è meglio proseguire nella lettura e iniziare a scoprire se le congetturie siano giuste o no.

Recensore Veterano
10/01/23, ore 20:02
Cap. 18:

Ma che bellissimo!
Devo ammettere di aver davvero temuto il peggio quando ho letto del Sovrintendente così mal ridotto. Però poi si è rialzato, più incazzato di prima e ha vinto la battaglia praticamente da solo e... e... è fantastico! Cioè! Wow.
Il ragazzo alla fine si è emendato completamente, arrivando a salvargli la vita. Quella stessa vita che aveva sognato di togliergli.
Anche il Luogotenente che due capitoli fa gli avrebbe tirato il collo come a un pollo ha dovuto ricredersi. Ed è tutto molto bello.
Mi è piaciuta molto l'idea dei tatuaggi, a me piacciono molto, soprattutto l'idea che ciascuno abbia un significato preciso e sia correlato ad una battaglia vinta, o ad un passo importante della propria crescita. Non a un mero fattore estetico.
E sono anche molto felice che Rowden sia sano e salvo: è un sollievo, davvero.
Mi ha colpito molto anche la frase con cui hai concluso la storia "davanti a loro il mondo intero", è proprio bella: dà un'idea di libertà di serenità che tutti e due hanno lottato per conquistare e credo sia davvero il finale perfetto per una storia così piena di dolore e lotta.
Complimenti, mio caro, e a presto ^^

Recensore Veterano
10/01/23, ore 19:49
Cap. 17:

Beh, non è proprio uno Stregone Bianco e non arriva da Est all'alba del quinto giorno, ma qualcosa mi dice che è addirittura meglio ^^
E' molto bella, splendida addirittura, la scena di battaglia che descrivi: la cavalcata dei soldati di Rowden e il Lupo di Hudach che attacca a testa bassa, ferito ma non sconfitto. Con le frecce che riescono solo a farlo incazzare ancora di più.
Nel frattempo, il ragazzino si sveglia fuori e decide, forse scioccamente, di andare anche lui a combattere. Sembra molto determinato e lo fa per una causa giusta: proteggere o vendicare il suo compagno. Spero che gli vada bene.
Ma soprattutto spero che non sia accaduto nulla di male a Rowden perché gli voglio un sacco bene e non dico che farei nulla di male, solo che sarebbe meglio per tutti se fosse ancora vivo. Ecco.

Recensore Veterano
10/01/23, ore 19:36
Cap. 16:

Allora, sarà che ho da poco riguardato tutto "Il Signore degli Anelli", ma leggendo il tuo capitolo mi è ritornata in mente l'atmosfera della Battaglia del Fosso di Helm, con i cavalieri di Rohan assediati dagli orchi al punto da non poter uscire ed affrontarli a cavallo, costretti ad arroccarsi nel Trombatorrione.
Ebbene, questo capitolo mi dà le stesse sensazioni di quello, soprattutto la consapevolezza di avere davanti un nemico spietato e selvaggio, più numeroso e meglio armato.
Tuttavia, se Re Theoden poteva contare su ognuno dei suoi uomini, i nostri devono anche subire sabotaggi e attentati da parte dei civili. E' una situazione estenuante ma il Sovrintendente rimane impassibile a tutto, almeno in apparenza, per tutti Padre, Re ed Eroe. Il Lupo di Hudach è tornato.
Sono ansiosa di leggere il prossimo capitolo, anche se ho idea che non arriverà uno Stregone Bianco a salvarli.

Recensore Veterano
10/01/23, ore 19:21
Cap. 15:

Sono molto contenta che i nostri due siano di nuovo fianco a fianco, pronti ad affrontare ciò che gli aspetta.
Iasay si è un po' emendato dallo stato pietoso in cui era all'inizio. E' anche molto consapevole dei suoi limiti e della sua debolezza, ma è pronto ad affrontare in qualche modo ciò che lo aspetta, armato di un'incrollabile volontà di vivere che è quella che alla fine ti salva la vita: fuggire o combattere e per scappare è ormai troppo tardi.
C'è anche un altro aspetto, meno noto, che è quello di restare paralizzati dal terrore. Ma credo che non ne avrà la possibilità, anche solo per rendere onore al suo compagno.
Alla fine, devo dire che i soldati assedianti non mi fanno nemmeno del tutto schifo, anzi. Certo, sono dei barbari ingioiellati e decisamente sgradevoli, ma loro fanno il loro. I veri meschini sono i nobili che sobillano la popolazione di Kadya a fare il proprio male convincendoli del contrario. A loro non importa nulla di quanti ne muoiono, mentre penso che se solo un soldato di Kjarr dovesse cadere ce ne sarebbe almeno un altro pronto a piangerlo facendo una strage. Che è anche un sano modo di gestire la cosa, se devo dirla tutta.

Recensore Veterano
10/01/23, ore 19:11
Cap. 14:

Eccomi di nuovo, un po' disidratata ma ci sono.
Dev'essere un bel colpo lasciare quello che oramai era, in un certo senso, diventato il suo mondo per ritornare a quella che formalmente dovrebbe essere la sua casa.
Certo, non è più lo stesso di prima come non lo sarebbe stato se il Sovrintendente ne avesse fatto la sua concubina e basta, ma c'è anche di più. Ha aperto gli occhi e ha capito che il sistema di valori di Kjarr gli è più congeniale. Certo non lo conosce appieno, ma lo comprende abbastanza da ritenere che tutto ciò che avviene tra gli uomini del Nord sia "sincero, cristallino, puro" per fare una citazione importante. E così fa la sua scelta. Lascia andare la sua famiglia d'origine per entrare nel sodalizio militare, come un giovane che abbia compiuto il suo percorso iniziatico. Ora gli manca solo il battesimo del fuoco, che si spera sia il meno traumatico possibile.
Non solo per lui, ma soprattutto per il Sovrintendente che non se lo merita un altro dolore simile.

Recensore Veterano
10/01/23, ore 18:40
Cap. 13:

Non so piangendo. Mi è solo entrata una macchina pesante d'assedio nell'occhio.
No, davvero.
E' bellissimo vederli come si cercano, si stringono l'uno all'altro nel momento del bisogno, come a sostenersi e farsi forza a vicenda. Addirittura il Sovrintendente sorride. Ed è devastante vedere che tutto sembra stia per volgere tragicamente al termine. Prima lui voleva andarsene ma non poteva, ora deve farlo ma non vuole. Nessuno dei due lo vorrebbe.
E' straziante, davvero. Per quanto voglia leggere come prosegue, devo fermarmi un attimo perché se no non smetto più di piangere.

Recensore Veterano
10/01/23, ore 18:24
Cap. 12:

Anno nuovo, recensioni nuove ^^
Ma la stessa vecchia storia: vengo a scartavetrarti le gonadi con i miei sproloqui.
Orbene, iniziamo male, non c'è che dire: i tre bastar... ehm i tre giovani fanciulli alla corte degli ufficiali di Kjaar non hanno fatto passare troppo tempo prima di dar voce alle loro minacce.
Al contempo, il cappio si stringe sempre di più alla gola dei Luogotenenti, che hanno un quadro ben chiaro della situazione ma non i mezzi per gestirla. Del resto, anche il loro punto di vista è comprensibile.
Quale il male minore? Causare un'ulteriore ferita al loro generale, con le conseguenze disastrose che potrebbe comportare, o fare finta di nulla e continuare?
Del resto, Threwe ha ragione: è solo un pretesto. Non fosse il ragazzo sarebbe stato qualcos'altro.
Intanto, il giovine si trova ad un bivio: diventare una creatura meschina come gli altri o qualcosa di più. A questo punto credo siano possibili entrambe le cose anche se, a naso, sospetto la seconda.
Non resta che leggere e scoprirlo!

Recensore Veterano
04/01/23, ore 18:17
Cap. 11:

Così finalmente si scopre cosa è successo al Sovrintendente per renderlo com'è oggi. Un dolore immenso, straziante, dev'essere perdere il proprio compagno di vita in un modo simile. Un compagno speciale, perché lo aveva scelto, curato ed educato nel modo migliore.
Fa anche tenerezza vedere il Luogotenente che si preoccupa di parlarne al ragazzo e di come questi si senta quasi geloso del suo sventurato predecessore. Spero sia un punto di svolta per il suo rapporto con il Sovrintendente.
Di certo è un punto di svolta per lui che riesce per la prima volta a trovare in sé il coraggio e la forza di reagire alle vere vessazioni da parte degli altri giovanotti.
Andrei avanti ancora ma, purtroppo, devo almeno tentare di fare il mio dovere di studio.
Nei prossimi giorni conto di riprendere. Prima però devo riprendermi io dalla forte commozione di questo capitolo.
Stavolta non è un manoscritto, è proprio una biblioteca.

Recensore Veterano
04/01/23, ore 18:04
Cap. 10:

Ma pensa! Un sogno profetico che parla proprio di quello che conviene ai nobili. How convenient! -_-
Mai successa una cosa simile, mai nella vita, proprio.
Io sospettavo che sotto il Gatto un ratto ci covava, e infatti! Mammina mia santissima! Che ansia!
Il cerchio si stringe sempre di più attorno al Sovrintendente, anche i suoi stessi luogotenenti, il suo Stato Maggiore, insomma, comincia a perdere fiducia in lui. E' una situazione oltremodo seria e temo davvero che peggiori ancora di più nei prossimi capitoli.
Poverone, non se lo merita!

Recensore Veterano
04/01/23, ore 17:58
Cap. 9:

Pessimismo e fastidio. Orrore e raccapriccio.
Questi nobilacci sono degli infami, veramente. Non che ci si aspettasse che abbracciassero senza condizioni uno stile di vita del tutto opposto a loro, ma, insomma, tanto male alla fine non è che gli abbiano fatto.
Come dice sempre mia nonna: "non lamentarti di una gobba prima che te ne spuntino due."
Del resto, la nonna dice anche: "Da 'n pum, naas mia i pèr." (fa più effetto in dialetto ma significa semplicemente "da un melo non nascono le pere") e questo mi sembra descriva molto bene la situazione della città. Anche il giovanotto sembra conformarsi a questo trend e si capisce come il Sovrintendente ne sia ferito, anche perché lasciarlo significherebbe tornare nella sua dolorosa solitudine.
Poveraccio, spero che almeno tra loro due le cose si risolvano.

Recensore Veterano
04/01/23, ore 17:45
Cap. 8:

Va beh, ma è scemo! Ora, non credo che sarebbe riuscito nemmeno a graffiarlo anche stando in perfetto silenzio però, santo cielo!
Eh va beh.
Comunque, è interessante vedere che il Sovrintendente non si è limitato a razziare libri tanto preziosi, ma li ha comprati. L'esatto opposto di quello che si pianifica di fare il Duca nel capitolo precedente. Libri che, peraltro, ricordano i codici purpurei bizantini, che sono tuttora inestimabili, addirittura scritti in oro e argento.
Oltre a questo, è molto toccante vedere come il rapporto tra i due stia iniziando a crescere, ad evolversi. Il Sovrintendente si apre sempre di più verso il ragazzo, si capisce che lo conforta fare qualcosa per lui più di quanto lo confortasse il suo corpo e basta.
Rowden, poi, è sempre un tatino e io gli voglio tanto bene, ma la scena del Sovrintendente addormentato mi ha fatto tanta tenerezza: si percepisce come in realtà si senta solo e vulnerabile. Mi ha fatto venire voglia di andare lì e accarezzargli i capelli.
E no, non sto piangendo, mi è solo finito un manoscritto nell'occhio.

Recensore Veterano
04/01/23, ore 17:30
Cap. 7:

Carissimo, nelle ultime settimane ho avuto molto da studiare e non sono riuscita a trovare il tempo di leggere.
Mi fa molto piacere, dunque, ricominciare a leggere questa meraviglia.
Innanzitutto tantissimi complimenti per le descrizioni, perché sono veramente stupende.
Qui credo si veda chi erano e chi vorrebbero ancora essere i veri potenti di Kadya: un gruppo di grassi, flosci e pigri ricconi lieti di bearsi della propria opulenza. Gente che preferisce muoversi nell'ombra, tra intrighi e manipolazioni, anzichè affrontare il nemico a viso aperto.
Il nobile non mi piace per niente, mi sa di meschino, laido proprio. Alla fine approfitta della buona fede del mercante per ottenere da lui ciò che vuole. Anche il fatto che si preoccupi di specificare che suo figlio è "bellissimo" mi fa pensare che lui farebbe le stesse cose che fa il Sovrintendente, se ne avesse l'opportunità, ma per puro piacere personale.
Poveri i nostri, prevedo guai all'orizzonte.