Gerard è venuto con me in ospedale oggi, ed è stato al mio fianco.
Gerard ha bruciato scuola per venire qui. Io sono qui perché ho bruciato la mia vita.
Adesso mi brucia la pelle del braccio, dopo che l’ago è dentro da un quarto d’ora e la flebo nell’altra vena sta iniziando a darmi fastidio.
Venti provette di sangue per sapere quanto tempo ho ancora per vivere la mia vita bruciata.
"Io sono Frank, ho diciassette anni e sono fatto di vetro".

Frank un ragazzo di 24 anni con una vita movimentata alle spalle decide di lasciare tutto, cambiare aria e vivere il suo passato con serenità in un luogo da poter chiamare, finalmente, casa.
Lascia il suo attuale ragazzo, fa le valige e, da Parigi, si trasferisce a Belleville col suo caro amico Bob.
Frank ormai è un ragazzo tranquillo alle prese con paure e ansie che ancora lo rincorrono. Fa lo scrittore e per mantenersi nell'attesa della pubblicazione fa il free-lance. A causa del suo lavoro non esce quasi mai e, nonostante questo, riuscirà ad incontrare Gerard.
Quest'ultimo è un ragazzo di 29 anni che ama divertirsi e godersi la vita ma anche viverla con calma attraverso la sua più grande passione: la pittura che, però, non l'ha reso ne ricco e ne famoso. Per mantenersi canta nei pub.
[OCC]

“-Cosa ti è saltato in mente? Ma, di più, cosa ti ho permesso di fare? –“
E’ solo una questione di dettagli...
[Revenge]

"Frank?" Chiese, incerto, per poi alzarsi lentamente dal letto, portandosi dietro il lenzuolo.
Frank scosse la testa, continuando a ripetere "No, no, no, non può essere, no, cosa cazzo significa, no..." fissandosi nella superficie riflettente, toccandosi i tatuaggi ed i capelli. Gerard lo raggiunse e quasi gli venne un colpo quando si vide nello specchio.
Quello non era lui.
Solo che... Era indubbiamente lui.

Cosa succederebbe se Frank leggesse una fanfiction, più precisamente una Frerard, e decidesse di seguire le orme del suo alter ego immaginario?

Piastrelle.
Non toccare le righe che le dividono.
Non toccarle mai.
Che gioco infantile!
Eppure è l'unica soluzione per sopravvivere al silenzio della stanza, giocare come un bambino, esorcizzare la paura della morte evitando accuratamente di mettere il piede sulla riga nera.
« Signore è il suo turno. » pigola la segretaria.
Cammini, stando ben attento a non lasciarti inghiottire da quel buco nero.
Le mani ben piantate nelle tasche, gli occhi fissi al pavimento e la testa persa chissà dove.
La testa persa nel caos della tua anima.
[Presenza di: Malattia mentale in entrambi i personaggi principali, Tematiche delicate e Morte. Anche se molto accennate. Ho preferito mettere, comunque, il raiting rosso]

Molti della resistenza cadevano in missioni anche di poco conto perché sfiniti. I pochi rimasti erano stanchi, o comunque iniziavano a chiedersi se tutta quella fatica avesse davvero senso. Pochi di loro erano rimasti con la stessa voglia di rivalsa. Pochi si ricordavano come erano stati costretti a scegliere, e come le famiglie furono distrutte senza problemi. Alcuni lasciando mogli, figlie, fidanzate, mariti ed amici a marcire sotto una pillola, o sottoterra, non c'era tutta quella differenza. Altri scappando con tutta la famiglia e perdendosi dopo. Per molti era un motivo per continuare a combattere ancora più determinati di prima. Per altri un motivo per arrendersi e lasciarsi uccidere di propria volontà, o consegnarsi direttamente a Korse.
Killjoy!Verse [FRERARD]

Frank temeva i discorsi con Gerard. Erano sempre un po’ strani, e ora era troppo assonnato per difendersi brillantemente da ogni possibile attacco che Gerard avrebbe potuto sferrare alla sua autostima.
Quindi decise di chiudere gli occhi, rannicchiarsi di più in modo che il suo piede non sfiorasse minimamente Gerard e impedirgli di ricordargli di essere al suo fianco.
Ma si sentiva tremendamente osservato, quindi aprì di nuovo gli occhi e incrociò inevitabilmente quelli di Gerard.
Bene, si era dato una pedata sui coglioni da solo. Ora erano cazzi suoi.
- Che c’è? – sospirò, guardando Gerard con gli occhi gonfi di sonno e non del tutto aperti.
- Sono sotto stress. – confessò Gerard, esageratamente cupo. Problemi da diva. - Ho bisogno di un modo per scaricare la tensione. – mormorò. A Frank passarono davanti agli occhi l’ultima decina di concerti, spesi a flirtare con Gerard sul palco come se fossero decisamente poco etero. Non se l’era mai domandato, ma forse a Gerard non bastavano gli strusciamenti.

"Quelle notti invernali troppo fredde per essere passate da soli e quelle sere d'estate troppo belle per essere sprecate a dormire. Quegli sguardi che solo noi possiamo capire e quegli sguardi che, purtroppo, non capisci. E poi i baci, le carezze, i sospiri. Quei momenti che speri non finiscano mai e quei momenti in cui capisci che l'infinito, paragonato ad uno di quegli attimi in cui ci apparteniamo, non è niente. L'infinito è relativo. Non lo puoi immaginare, eppure io penso di averlo trovato in uno di quegli istanti in cui ho il tuo fiato sul collo e le tue mani sulla schiena, perché quando in quel silenzio sento la lancetta scoccare, non me ne capacito che sia passato solo un secondo. Allora capisco che io, il tempo, quando lo passo con te, ce l'ho in mano."
[E' una storia abbastanza vecchia, probabilmente ci saranno molti errori grammaticali, chiedo scusa in anticipo ma non voglio modificarli perché in un certo senso sono la prova dei miglioramenti -anche se piccoli- che credo di aver fatto! Ci sono altri due seguiti :3]

Ho ambientato la fic ai tempi di Three Cheers, quando Gerard era ancora un alcolizzato e Lyn-z non era ancora sua moglie.
E' una Frerard, dal punto di vista di Frank, che si renderà conto che il moro non è più solo un amico per lui.

Dal primo capitolo: Ed è così che Gerard aveva conosciuto Frank, su un social network. Tutte le loro emozioni si sarebbero finalmente consolidate in un abbraccio lungo e accogliente; le parole non dette avrebbero avuto la libertà di specchiarsi nei loro sguardi, per poi morire nei sorrisi brillanti che si sarebbero scambiati.
~
Secondo capitolo: I miss you so far.
~
Dal terzo capitolo: Frank chiuse forte gli occhi, strinse tra le mani la stoffa ruvida del cappotto di Gerard e con il fiato sospeso aspettò qualche secondo, per verificare se quella fosse tutta un’illusione, un sogno, come gli era capitatato molte volte mentre dormiva.
No, Gerard era veramente insieme a lui ad accarezzargli la nuca morbidamente.
Credo che non sia la solita FRERARD; è un pezzo della mia vita.
[Da verde nel primo capitolo, il raiting si alza in ROSSO!]

- Lui lo ama, B. Lo ama da sempre. E anche Frank. Non... non volevo essere io a dirti queste cose. Sapevamo che prima o poi l'avresti scoperto...
Bandit non disse nulla. Si sentiva piccola, si sentiva sola. Voleva vedere suo padre, voleva abbracciarlo, voleva chiedergli spiegazioni.
Bisbigliò un "Grazie zio Mikes", si voltò e camminò lentamente verso casa.
Le faceva male il cuore. Ormai lo aveva accettato, aveva capito come stavano le cose, si era arresa all'evidenza. Ma faceva male. Perchè non poteva avere una famiglia normale? Perchè non poteva essere come tutti gli altri ragazzini della sua età?
Pensò a Cherry e Lily, al fatto che loro sembravano convivere in modo leggero con quella situzione, per loro era semplice: si amano, quindi stanno insieme. Ma per lei no, non era così.
[Frerard]

***Leggimi, leggimi, sono importante!***
*Aggiornato al 31/10/2015*
Oh cazzo, dev’essere lo stress, sì, sicuramente, colpa dell’esame, colpa della White, dormo poco e bevo troppi caffè, è colpa della mia immaginazione, colpa della suggestione, devo smetterla di guardare quegli stupidi film horror con Mikey, assolutamente, da stasera basta televisione, a letto presto, e senza caffè!

Soteriologico, verosimile e disperatissimo sogno nato dall'analisi del rapporto che lega Matthew e Dominic verso un solo destino: amarsi,
e farlo nel modo meno sereno e più silenzioso possibile, abnegando una vita normale in nome di un unico, risucchiante ed ineluttabile bisogno speciale.
Tra vergogna, sbagli e paura, l'infinita lotta di due uomini invincibili.

Feci per suonare un bottoncino, che supposi essere una specie rara di citofono, ma ancor prima che potessi premerlo, il pesante portone si aprì e ne uscì un parecchio incazzato Harry Potter. Sapevo che odiava i dentisti, ma addirittura uscirne incazzato...poi mi porse il mio telefonino.-sai spiegarmi perché tua madre- disse calcando l'aggettivo possessivo e la parola madre- è dispiaciuta di non poterti scopare?- chiese con voce dura e vi giuro che vi era insita anche qualche nota di rabbia omicida. Per chi avesse frainteso, dico subito che non è una storia con scene incestuose!Spero di avervi incuriosite!