Recensioni per
Siberia [Camus - Hyoga 100 Drabble Themes]
di Deliquium
Chez moi, aussi, l'investitura è come il sacramento dell'ordine per i sacerdoti. Pigli un nome nuovo, ché rinasci, letteralmente, come Santo e come uomo. C'è chi lo mantiene (vedi Milo), chi ne assume uno bizzarro (Shura... mah!), chi manca di fantasia (Aldebaran), chi di buonsenso (Aphrodite) e chi di decenza (Death Mask). Ma si rinasce. Tutti. |
Che bravo nonno, a risparmiare a Hyoga quei racconti di atrocità e dolore! Che brava persona a raccontargli le fiabe di Ivan Zarevich e compagnia per farlo addormentare, quando le spade non fanno male, no, e colpiscono solo i malvagi ed i mostri. |
Madre Santa, che freddo nell'anima. Come una stilettata inferta con un pezzo di stalattite staccato di netto dal soffitto. |
Grandissimo paragnosta, Isaac. Che sa che è meglio portarsi appresso il compagno di squadra onde evitare che Camus, non vedendone uno, domandi all'altro che fine abbia fatto il compagno. Perché qualcosa mi dice che Hyoga no, non è in grado di mentire. O se lo fa (quelle rare volte in cui lo) gli riesce molto, molto male... |
La diffidenza di quei due piccoli profughi è la stessa di due bambini alle prese coi nuovi compagni il primo giorno di scuola, o con l'arrivo di un fratellino in famiglia (riallacciandoci alla drabble precedente): ma loro, dico loro, chi sono? Lo cantava Renato Zero taaanti anni fa, in tutt'altro contesto (ed anche avendo qui tre vertici, il trinagolo mi pare un tantinello prematuro) e con una dose di ironia dissacrante, ma questa è una domanda sempre valida ed attuale. La stessa che ci poniamo quando dobbiamo avere a che fare con delle persone che sono ancora estranee, ma che, magari, diventeranno qualcosa di più. Un amico, un fratello, un compagno, un collega. Nemmeno i fratelli nasocno già fratelli, ma come estranei. Estranei che si osservano, si conoscono, si studiano, prendono le misure l'uno dell'altro, annusandosi come cagnolini randagi o gatti sui tetti. Per conoscersi. E capire se si può fare un pezzetto di strada assieme. |
Camus coi capelli rossi... diciamo che ha il suo perché. Sono le unghie laccate di rosso a lasciarmi perplessa. Fosse stato nero, lo smalto, avrei subodorato una svisata verso il glam, ma rosso? vabbé, non discutiamo di quisquilie, adesso. |
Ah. Per te questi due sono amanti. Ok. non lo sapevo (o se lo sapevo m'era passato di mente). Buono a sapersi, allora. |
Come massacrare un cuore in tre, due, uno... |
Non ho capito la battuta d'attacco, scusami. Non l'ho capita perché poi il discorso prende tutt'altra piega, quella del battibecco tra maestro e allievo, un testardo incaponito che deve fare appello a tutta la sua (residua) pazienza e non congelare quel marmocchio biondo; e un marmocchietto biondo, appunto, con la testa più dura del porfido. Che dubito conoscano lassù a ghiacciolandia, ma rende bene l'idea. |
Mi piace l'inizio, con il punto di vista di Camus che osserva il piccolo Hyoga alle prese con il ghiaccio nella ripetizione di gesti sempre uguali e incomprensibili. Per questo Camus sa quando Hyoga getta la spugna e comincia a piangere. Quello che il Maestro forse non ha capito è la determinazione con cui il piccolo vuole riuscire a fare a pezzi il lastrone di ghiaccio. Lo fa per Lei. Atena? Certo che no. Sua madre. Sempre per una donna si combatte.... |
Non poteva che essere Hyoga il contraltare del punto di vista precedente. Se Camus è l'Introverso, il suo allievo cerca di essere il contrario. Ma qui, l'esteriorità, prende la forma di una pallina colorata che rimbalza annoiata sul pavimento di legno. Quel che c'è fuori è un paesaggio ricoperto di neve, ostile, freddo, e la disperazione di un ragazzino che aspetta il ritorno del maestro in un luogo dove nemmeno la noia ha il coraggio di affacciarsi. |
Camus è ghiaccio fuori. Ma dentro? Non so cosa ci sia, dietro quell'espressione fredda e immutabile come la banchisa sull'artico. Eppure, anche il ghiaccio più spesso si muove. Piano, ma lo fa. Il ghiacciaio scivola a valle lentamente portando con se pietre e scavando valli. Per quanto Camus nasconda i suoi sentimenti agli occhi del mondo, qualcosa viene a galla. Di lui ricordo il cieco orgoglio durante la battaglia all'Undicesima Casa. E la tenerezza con cui confeziona una bara di ghiaccio per proteggere il suo allievo dalle nefandezze della battaglia, pensando che Hyoga doveva farne ancora troppa, di strada, prima di imparare a rinchiudere i sentimenti in una teca inviolabile come ha sempre fatto lui. |
Meraviglia, già. Stupendo episodio, quello dell'Allievo che uccide il maestro (fisicamente e metaforicamente), anche se l'immagine che mi ha colpito maggiormente nel loro combattimento all'ultimo sangue è la specularità della loro tecnica, come se ciascuno dei due (Hyoga da un lato e Camus dall'altro) stessero in fondo uccidendo una parte di sé anziché il loro avversario. Ma non divaghiamo e veniamo al tuo drabble. Mi sono piaciute le veloci sequenze di immagini, ricordi ed emozioni di quei fatali istanti che hai descritto nel tuo capitolo. Sono un po' come i pensieri di una persona prossima al trapasso, che si susseguono e si accavallano senza una logica, riportando a galla il passato sepolto nella memoria. Che, nel tuo drabble, prende la forma sonora della risata di un bambino a cui il destino di saint ha negato per sempre l'infanzia. |
Camus e Hyoga sono come due pezzi di banchisa che si scontrano per il gioco delle correnti dell'oceano artico. Non riesco a immaginarmeli diversamente. Il loro rapporto è fatto di poche parole e tanti non detti. Tu rendi questo concetto molto bene, ma aggiungi un elemento che personalmente ho adorato: il saltimbanco. In questo quadro, forse lui è la migliore rappresentazione di quello che un qualsiasi osservatore esterno alla logica dei Saint spacca-atomi potrebbe pensare di fronte a un personaggio così rigido e glaciale come Camus. Che porta il nome di un filosofo dell'esistenzialismo e dell'assurdo, ricordiamolo. Straordinario. |
Ottimo inizio, mia cara. Camus arriva annunciato da uno sfarfallio di cristalli di neve che danzano lievi nel vento gelido della Siberia. C'è un vago ossimoro in questa immagine: la neve è bella, ma sa essere letale nella sua danza leggiadra. Ti ammazza a poco a poco senza nemmeno emettere un rumore. Lo testimoniano gli arti intirizziti del piccolo Hyoga. Quella che hai descritto è una scena poetica e suggestiva e la trovo molto azzeccata per l'entrata in scena di un personaggio di calibro come Camus. 100 parole sono difficili da dosare, ma soprattutto da rendere efficaci. Se questo è l'inizio, direi che sai benissimo il fatto tuo. |