Recensioni per
Forgetfulness
di AmyJane

Questa storia ha ottenuto 38 recensioni.
Positive : 38
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master

Sorprendente il grado di tensione che scorre in questo capitolo. Vengono sfiorato argomenti inquietanti come le sepolture premature ed il tutto è “autenticato” dalla citazione al maestro storico dell’horror e del sovrannaturale, cioè Edgar Allan Poe.
Molto interessante la figura del medico a Sheffield, Simon Miller, che si occupa di Sh e della sua overdose. Ci fai sapere di lui che é un amante della letteratura “gialla”, Agatha Christie, Simenon... Per questo la sua attenzione, anche professionale, è attratta sinceramente dalla figura del celebre consulting, la cui fama glielo rende davvero affascinante. Hai reso piacevole anche l’interscambio tra i due, da cui il buon Watson rimane un po’ ai margini. La figura del dottor Miller, come ho già scritto sopra, è ben costruita e l’hai resa in grado di interagire con lo Sh disorientato e sofferente a causa degli ultimi accadimenti.
Molto intensa e sospesa nell’aspettativa di qualcosa di grosso che deve accadere è la scena in cui Sh scopre sul comodino un oggetto che prima non c’era. Ed è proprio il libro di Poe che accende “i circuiti” del suo formidabile cervello. Io sono una cultrice di ciò che ha lasciato questo Autore e ricordo vagamente che, tra i suoi “Racconti del terrore” ce n’è uno, “The Premature Burial”, che descrive gli incubi indicibili legati a dei casi in cui, chi è stato sepolto, non era effettivamente morto. Tremendo.
La geniale mente di Sh, per quanto indebolita dai postumi dell’overdose, collega l’argomento con una scritta che appare recente su un testo datato, il numero 13. Da qui a scatenare un vero e proprio “allarme” mentale, il passo è breve. Bellissime le immagini che hai descritto di deduzioni galleggianti nella testa di “un’incandescente scintilla” che attiva i formidabili meccanismi che fanno di Sh l’unico consulting al mondo. Mi sono piaciute queste righe perché hai reso concreti, con figure chiare e visibili, dei concetti assolutamente astratti e difficilmente rappresentabili come i processi mentali.
E da qui fai sviluppare la pazzesca avventura che vede ritornare Gwen nella vita dei due di Baker Street. Ovviamente, e tutto questo è molto IC, ad uno Sh che corre avanti, anche come intuizioni e scoperte, segue un John confuso, incredulo, ma determinato a non lasciarlo solo ed anche a non perdersi un’occasione in cui, facile previsione, l’adrenalina sarebbe corsa a fiumi.
Si ritorna un attimo alla positiva figura del dottor Miller che, addirittura, come scopriamo, lascia a disposizione di Sh il suo tesserino di riconoscimento, sempre tra le pagine del libro di Poe.
Gustosa la descrizione del percorso che fanno Sh e John e davvero piacevole l’incontro con la sbigottita infermiera che tenta di opporsi,inutilmente, all’irruzione di Holmes in un luogo evidentemente precluso soprattutto a lui (“…Non è autorizzato a stare in questo reparto…”).
Ci fai arrivare, così, nella misteriosa sala 13, in un’atmosfera carica di curiosità e di tensione. Nelle righe che riguardano la “scoperta” sorprendente che gela improvvisamente i due del 221b, usi un’altra immagine, assolutamente centrata, per meglio esprimere l’effetto, che una Gwen ancora viva, ha soprattutto su John. Citi il freddo pazzesco del Mar Glaciale in cui lui si sente gettare di colpo. Significativo quel suo primo, spontaneo chiedere aiuto a Sh, per capire ciò che è sotto i suoi occhi e che dimostra quanto radicata e profonda, nonostante tutto, sia la fiducia in lui.
Di fronte ad un tale accadimento, è logica la conseguenza che individua in Mycroft l’artefice di tutto.
Le motivazioni, che il maggiore dei fratelli Holmes adduce al fratello, sbigottito ed indignato, sono comunque perfette dal punti di vista della logica e dell’affetto fraterno: Mycroft tiene indubbiamente a Sh e si è accorto che la ragazza era pericolosamente destabilizzante nei suoi confronti perché faceva leva sui sentimenti e questo non è mai un vantaggio, soprattutto, secondo lui, su uno come il fratello che, a causa di John, aveva già sofferto abbastanza.
Accurata e credibile dal punto di vista narrativo la descrizione che fai del progetto cosiddetto “Lazarus”, che ci fa tornare momentaneamente indietro, alla mitica TRF.
E così arrivo alle osservazioni finali.
Ovviamente non potevo ignorare il finale alternativo che hai ideato anche per la curiosità di scoprire ciò che c’era ad attendere Sh e John.
E ti confesso che il capitolo mi è piaciuto molto. Infatti, nonostante il finale precedente rispondesse di più alle mie tendenze di salvaguardia della Johnlock, devo ammettere che, in questo, mi hai stupito per le reminiscenze che vi hai distribuito in maniera elegante e tale da renderlo prezioso ed originale. Innanzitutto mi riferisco alla citazione dell’opera di Edgar A. Poe, come ho già scritto sopra, uno dei miei scrittori preferiti, che hai intrecciato sapientemente con gli sviluppi impensati della storia.
Il dottor Miller ed i suoi gusti letterari, il vecchio volume lasciato lì in bella mostra, il numero tredici, il tesserino plastificato inserito apposta tra le pagine…
Hai davvero connotato il percorso di questo capitolo con degli elementi misteriosi ed avvincenti che catturano l’attenzione di chi legge.
E si arriva alla stanza dove giace Gwen, quasi una “bella addormentata” in attesa del suo “principe”.
Non so se mi sbaglio, ma mi sembra di cogliere, in questo finale alternativo, un’energia maggiore che nel precedente.
Potrei azzardare l’ipotesi che, il mantenere la Blomst in vita, sia una scelta che tu condividi pienamente. Io no ma, come ho già detto, tra i due finali, preferisco, per il modo con cui è stato ideato, proprio il presente, per il terreno culturale, anche le fiabe sono cultura, come le opere di Poe, su cui hai fatto procedere i fatti.
Ovviamente ho trovato indovinato l’inserimento di Mycroft: chi altri poteva essere in grado di predisporre un’altra operazione “Lazarus” se non lui stesso?!
Così l’epilogo alternativo si conclude con l’avviarsi di John verso un futuro assieme a Gwen ed al bambino che nascerà.
In quanto a Sh, probabilmente si dovrà accontentare di rimanere ai margini di una vera famiglia da cui elemosinare delle attenzioni. O forse no.
Complimenti ancora per la complessità e l’effettiva qualità della creativa costruzione che è diventata la tua storia, in cui non va nascosto il tuo originale modo di scrivere. Brava. Arrivederci, spero.

Recensore Master
08/05/20, ore 15:07
Cap. 37:

 
“…bella…tersa…blu sereno, dolce e così intenso…un mare aperto e tranquillo…colori brillanti…”: dall’atmosfera angosciante e cupa del precedente capitolo, che si chiude con la rabbia di John espressa nei confronti di uno Sh che appare distrutto, ci apri ad una sensazione di sollievo e di positività tramite parole che richiamano un quadro naturale, dipinto con tinte tranquillizzanti e luminose. Ci pervade positivamente un senso di sollievo, di fresca libertà, di conforto. La tua capacità descrittiva, di cui non mi stancherò mai di elogiarne l’efficacia, ancora una volta, attraverso dei dati puramente visivi, ci raffigura un paesaggio anche spirituale, dove non ci sono dolore e sofferenza. E ciò contrasta con i fatti avvenuti e con il modo in cui si è chiuso il capitolo precedente.
Ritroviamo, in effetti, uno Sh che sembra rigenerato rispetto alla figura dolente e straziata che non ha avuto la forza di presenziare da vicino alla sepoltura di Blomst. La luce del sole, invece, qui lo indica meravigliosamente in quel contesto così consolatorio.
Però cominciano ad aprirsi le prime “crepe” aperte dalla razionalità in quel contesto quasi paradisiaco: la presenza assurda di Gwen, morta e sepolta, il mitico cappotto assolutamente inadeguato in una giornata dal “clima buono e clemente”.
Dopo le prime righe, infatti, ci rendiamo conto che il luogo in cui ci troviamo non è realmente Copenaghen, durante una tersa giornata di sole, ma è il Mind Palace di Sh, in cui lui ha “archiviato” con tenerezza, l’immagine serena e l’essenza frizzante e vitale di Gwen.
E qui hai tessuto un dialogo tra i due, in realtà, ovviamente, un monologo del consulting nel segreto della sua coscienza che lo porta ad un’abbagliante conclusione (“…io sono te, adesso…”). Così chiudi il cerchio che avevi iniziato a tracciare fin dal loro primo incontro: Sh e Gwen sono fatti della stessa materia che è quella dell’intelligenza acuta ed in grado di sondare profondamente la realtà circostante, cogliendone i più remoti significati. Inoltre, nei confronti degli altri, mantengono un atteggiamento di personalissima ed originale relazione. L’eccezionale capacità deduttiva di Holmes è perfettamente sovrapponibile, secondo me, all’empatia con cui Gwen riesce a penetrare negli anfratti più remoti di chi le sta accanto.
Chiaro è che ci sta un’interpretazione psicologica di quella “fuga” nelle stanze segrete della mente con cui Sh cerca di anestetizzare la grave perdita, ma a me piace pensare anche che lui, inconsapevolmente, immagini Gwen, o che la ragazza abbia “comunicato” in qualche modo con lui, in un posto dove il dolore e la sofferenza non possano più raggiungerla. La scena, ma soprattutto quello che tu indichi, alla fine del dialogo tra i due, come il “momento dell’addio”, mi richiama alla mente delle esperienze che mi sono state raccontate riguardo alla perdita di una persona cara. Le lacrime, la cupa disperazione di chi si sente lasciato solo, possono bloccare il processo necessario di rielaborazione del lutto ma anche, se noi abbiamo una prospettiva cristiana, possono “trattenere” l’essenza spirituale di chi è venuto a mancare, impedendole la libertà di andare verso una dimensione in cui non ci sono le infelicità della vita di tutti i giorni. Dobbiamo lasciarli andare i nostri cari, ritrovando il senso di un percorso esistenziale in cui loro saranno sempre con noi, anche se non più visibili. Da un punto di vista più “laico” questa scena potrebbe essere interpretata come una rappacificazione di Sh con se stesso nei confronti dei sensi di colpa riguardanti Gwen. Nel suo immaginario, dolcissimo conversare con lei, in quel posto stupendo, il consulting rimette in ordine i tasselli di ciò che è successo e, finalmente, accetta la verità e cioè che la ragazza gli è entrata nell’anima, gli ha mostrato le loro identità spirituali gemelle. Quindi non hanno più ragione di esistere i distruttivi sensi di colpa, i rimorsi, le chiusure ai sentimenti. Sh ha voluto bene profondamente alla ragazza ed, accettando questo, ha lasciato “andare” la disperata ricerca di una via di fuga, in una negazione autodistruttiva della propria umanità. Ora ha accolto la sua dimensione affettiva. È pronto per potersi asciugare le lacrime.
Un colpo di scena ci riporta alla realtà.
È l’energico richiamo di John che si rivolge preoccupato al consulting. Così, il dolce sapore dell’incontro con la ragazza morta, si dirada lasciando il senso amaro della realtà che è quella di uno Sh in grado solamente di ricorrere alla droga per trovare un significato a ciò che ha vissuto ed ai giorni che deciderà di vivere.
In questo capitolo, finalmente, ci regali il John pentito della sua rabbia nei confronti di chi ha sacrificato tutto per lui e pronto a riconoscere il vero volto di quello che lo lega a Sh.
Così chiudi la tua long, o almeno questo è un modo, perché noto che, in coda all’elenco dei capitoli c’è un finale alternativo. Si può davvero tirare un sospiro di sollievo dopo tanta tensione e dolore e l’immagine di Watson ed Holmes che, dopo tante sofferenze ed incapacità di guardarsi dentro veramente, trovano un senso alla loro vita.
Ed è una frase che voglio riportare qui perché, secondo me, esprime la vera essenza di quella che sarà la risalita di Holmes e Watson dal baratro in cui sono precipitati. Sono delle parole che pronuncia John:”Ho già perso delle persone a cui tenevo. Non perderò anche te. Intesi?”. Bellissima, questa affermazione, che chiude la via dei continui rimpalli di responsabilità, della fuga per non accettare la realtà di un rapporto che può dare molto all’uno ed all’altro.
Mi è piaciuta molto questa tua conclusione, “depurata” dall’essere scontata perché è il punto di arrivo di un lungo percorso che tu hai rappresentato con grande impegno nel mantenerlo sempre sui binari della verosimiglianza e del notevole spessore psicologico dei personaggi.
Come hai potuto notare non ti parlo più di IC, perché la tua storia si è snodata autonoma ed in piena libertà, verso scelte narrative originali.
Ma, in ultimo esame, sia John che Sh non hanno perduto le loro caratteristiche più particolari che li hanno resi personaggi indimenticabili.
Brava.  

Recensore Master
07/05/20, ore 23:25

Un capitolo relativamente breve, rispetto ad altri, caratterizzato da un titolo che, a mio avviso, nella sua luminosità, inquietante se accostato al contenuto, è, invece, perfettamente coerente con l’atmosfera che hai saputo evocare nella narrazione.
Infatti, non conoscendo io la lingua tedesca, sono andata su “Google traduttore” (“Ecco che arriva il sole”) ed, in effetti, dopo una prima veloce lettura del capitolo, ho trovato un acceso contrasto tra il testo ed il modo con cui tu l’hai denominato.
Ma, poi ho capito che hai così voluto mettere in risalto quel modo di dire che solitamente viene pronunciato, “ La vita continua”, che corrisponde a quella frase, molto originale e significativa, “...Il mondo continuò ad esistere...”, che hai inserito in contrasto con lo stato d’animo di Sh e di John.
È un capitolo, questo, che definirei “del dolore”, sicuramente. Il dolore devastante per la morte violenta della ragazza che aveva portato nel 221b un po’ di tutto: scompiglio, amicizia, amore, un diverso senso della vita, speranza. Infatti lei si era inserita in un tessuto aggrovigliato di “non detto” e “non fatto” che, prima del “volo” di Sh dal tetto del Barts, costituiva la trama su cui i due di Baker Street continuavano a non guardare il vero volto del loro legame. Ad accrescere il disagio era subentrata la rabbia e la delusione di John nello scoprire la finzione relativa alla morte di Holmes, poi il lutto per la moglie. Questi ed altri elementi che disorientavano i due. L’arrivo di Gwen ha come rimescolato tutto il disagio, portando a ciascuno di essi un conforto particolare. Infatti John ha coltivato con lei l’illusione di un amore giovane, Sh, con il quale, secondo me, lo scambio spirituale è stato più profondo, ha percepito in lei un’anima gemella, unita a lui da esperienze drammatiche, da un grande bisogno d’amare e di essere amati, da un’acutissima capacità di leggere la realtà e le persone. E sappiamo bene che per il consulting gli altri rappresentano un elemento a lui contrapposto, con cui non è necessario rapportarsi. Con la ragazza si è, invece, aperto un panorama nuovo, in cui poter trovare delle risposte, delle consolazioni.
Ma, ora, rimane solo il vuoto lasciato da una morte violenta ed improvvisa di cui si stende l’ombra del rimorso di non aver saputo prevedere e proteggere.
È ciò rende la perdita ancora più straziante. Questo stato interiore di Sh lo rendi in modo mirabile, mediante l’atmosfera che lo circonda, mediante il suo ritratto che diventa una rappresentazione straziante.
Infatti il capitolo si apre con uno sguardo sull’ambiente asettico dell’obitorio in cui Gwen è diventata, per Sh, un altro esito infausto di uno dei tanti casi che hanno costellato la sua carriera. Ma questa sua prima impressione si rivela solo una difesa, un modo per allontanare la sofferenza. Inutile, fragile barriera perché le parole freddamente professionali della patologa indeboliscono immediatamente quella parvenza di controllo sulle proprie emozioni, di fronte all’idea, purtroppo molto concreta, che Gwen sia ormai ridotta ad una mera materia destinata al bisturi dell’autopsia ed “a un deperimento crudele”. L’evidente impatto che la crudele realtà ha su Sh, nonostante quest’ultimo cerchi di non lasciarsi andare ad emozioni per lui prima sconosciute, lo descrivi con la tua consueta capacità di fissare, con parole scelte con cura, lontane da banalità e semplicismi, regalandoci un ritratto straziante di un dolore che viene a bruciare su ferite ancora aperte, su sofferenze mai sopite. Oltre a questi pensieri, c’è anche il senso di colpa legato alla convinzione che il consulting ha di non aver saputo proteggere la ragazza.
E ritrovo volentieri anche il tuo modo di far sì che la natura stessa esprima ciò che riguarda i protagonisti: in questo caso, il mese di aprile è stato da te connotato con termini che rimandano al dolore, alla perdita (“…tetro…giornate lunghe e lente, costantemente soffocate…infelice, rabbia…continue lacrime…”). Un aprile che sicuramente non ha la gioia e la luminosità della primavera.
Se Sh sente che il suo cuore, che sembrava aver trovato il calore di un affetto profondo e disinteressato, diventa “marcio” e “stracciato”, John non sta certamente meglio. Sta rivivendo le stesse devastanti emozioni legate alla morte di Mary, accompagnate anche dalla stessa rabbia cieca che trasforma la sofferenza in un atteggiamento di accusa nei confronti di Sh che non avrebbe saputo difendere la ragazza. Mi è piaciuto molto questo tuo riportare lo stesso clima livido delle scene di TLD, nell’acquario di Londra, in cui vediamo Watson, che tiene tra le braccia il corpo inanimato della moglie, trasformarsi in una maschera d’odio e di crudo risentimento nei confronti di Sh. Un atteggiamento che, nonostante il consulting abbia le sue colpe, ho sempre trovato ingiustificato ed eccessivo.
Il cerchio del dramma e del misterioso caso della povera Gwen si chiude in una foresta dello Yorkshire, con il certamente casuale affioramento della mano di un cadavere, che, però, io trovo estremamente significativo, sinistro ma, al tempo stesso commovente. Infatti così fai quasi partecipare anche Scarlett, sepolta lì da gennaio, alla tragica fine della sorella. Ora le due “rose dello Yorkshire” sono insieme in un’altra realtà, forse più benigna di quella che le ha accolte da vive.
Affidi efficacemente il compito di assistere alle ricerche, al ritrovamento e di scrivere la parola “fine” alla triste storia, al buon Greg, personaggio che porta sempre con sé un clima di affidabilità, di semplice umanità, di fedele amicizia. Giusto così, questo è, secondo me, un tocco veramente distensivo, pacificatore.
Il capitolo si chiude con la mesta scena della cerimonia funebre di sepoltura di Gwen. Protagonista ne è John, svuotato da un dolore troppo simile ad un altro, vissuto da poco, ma probabilmente più reattivo rispetto ad uno Sh che non riesce a mescolarsi ai partecipanti e preferisce seguire il rito da lontano. Lo colpisce furiosamente, a distanza, la rabbia di Watson. Un gran bel capitolo, anche questo. Brava.

P.S. “Forgetfulness”…guarda, quando ho letto il titolo, ho avuto un
attimo di disorientamento, non è che mi sia sentita come Gwen, ma quasi, perché non mi tornava qualcosa. Sono corsa alle “Storie da recensire” in cui mi aspettavano i capitoli della tua long che ancora non ho recensito e lì ho visto che se ne stavano tranquilli tranquilli, sotto la denominazione che hai scelto. A parte la facile ironia, mi piace “Forgetfulness”. Lo trovo più intrigante ed evocativo, davvero.

Recensore Master
05/05/20, ore 23:31

Questo è decisamente un capitolo lungo ed anche molto denso di elementi narrativi, di sviluppi, di colpi di scena.
Ci sono vari elementi portanti, fondamentali nello sviluppo della tua storia. Provo a ricordali di volta in volta, per avere chiaramente davanti il percorso che hai progettato con tanto impegno.
L’inizio è caratterizzato dalla presenza di Sh e John a casa Blomst per liberare la ragazza e, a proposito di questa scena, hai saputo caratterizzarla con precisione come una parentesi decisamente riposante in una narrazione che si va facendo sempre più caratterizzata dall’angoscia e dalle tinte fosche di quello che, in effetti, sarà un dramma. Splendida la descrizione iniziale della pioggia, tu sai che a me piacciono molto i quadri d’ambiente che, nei tuoi scritti, hanno un’originalità ed una caratterizzazione veramente notevoli.
Come ho già notato, tu sai animare un paesaggio o un evento naturale, come qui la pioggia, di una vita propria che rispecchia lo stato d’animo di cji agisce sulla scena. Quella, infatti, che si sostituisce al violento acquazzone è, come tu la definisci, un’ “acqua buona”, che rinfresca e sembra esprimere la serenità ed il sollievo che Gwen ha provato quando ha visto arrivare inaspettatamente Holmes e Watson con l’intenzione di portarla lontana da quell’orrore che sta vivendo.
Ma, e qui inserisci un altro elemento fondamentale, Sh le rivela che Russell è l’assassino sia del padre sia della sorella. Il fatto che il consulting le abbia detto l’agghiacciante verità, mentre John dimostra la sua contrarietà a turbarla ulteriormente, comunque è coerente con il carattere di Sh che tende a dominare i fatti con la logica, con il ragionamento: Gwen deve sapere, ne ha diritto, solo così potrà liberarsi dai suoi incubi e dal suo persecutore.
E qui i fatti prendono una direzione che ci fa presagire qualcosa di triste perché la ragazza, decide di rimanere in quella casa con il suo persecutore, proprio per compiere il recupero dei ricordi rimossi, così da fare giustizia nei confronti di chi ha distrutto la sua famiglia ed ora sta facendo la stessa cosa nei suoi confronti. Hai compiuto qui una scelta narrativa forte e ci rendi partecipi della tensione per la precisione con cui ci presenti le reazioni di Gwen e la preoccupazione di Sh e di John.
Molto intenso e tenero quel gesto che fai compiere a Sh di prendere una ghianda e d’infilarla di nascosto nella tasca della ragazza perché abbia un segno concreto del suo affetto e della sua vicinanza spirituale.
L’oggetto lo ritroveremo, emblematico e struggente, tirato fuori dallo stesso consultig, con il corpo ormai inanimato di Gwen tra le braccia.
Purtroppo per noi che leggiamo l’atmosfera distesa e rassicurante, causata dalla presenza di Holmes e di Watson, si ritorna nell’incubo della presenza di Russell che assedia la ragazza con atteggiamenti sempre più manifestatamente da psicopatico. Però, e lo metti bene in risalto, Gwen rivela una nuova determinazione e riesce a tenergli testa. Ovviamente i motivi che infondono coraggio a Blomst sono vari ma soprattutto due la caricano di un’energia inaspettata. Uno è l’aver avuto la vicinanza concreta di Sh e di John e l’altro, forse il più importante, è la scoperta degli omicidi del padre e della sorella entrambi ad opera di Russell.
Passo dopo passo ci fai arrivare, con il fiato corto per la tensione che hai saputo rendere palpabile, alla trasformazione della situazione in una tragedia.
Infatti, il ritorno della memoria, che Gwen ha relativamente alla morte di Scarlett, la induce a progettare la vendetta o, meglio, l’atto di giustizia che renderà all’uomo che la tiene prigioniera il male compiuto.
Ma sospendi per una attimo la tensione della scena perché la ragazza ha un mancamento e si ritrova in ospedale, con accanto la sua analista. Caratterizzi la scena, caricandola dell’ansia e della contrarietà che, comunque, non impediscono a Gwen di rendersi conto che tutto le è ostile, anche quel luogo in cui dovrebbero esserci cura e protezione della persona. Ma in lei è sempre più netta la percezione che anche lì c’è l’ombra malefica del suo rapitore (“…Idrata, nutrita, forse anche resettata…”) che ha saputo manipolare chi può intervenire in modo profondo nella mente della sua vittima.
“…scialbe pareti neutre e alle tende bianche…”: un ambiente, quello ospedaliero, che, con pochi, sapienti tocchi descrittivi, connoti come un luogo di solitudine in cui non c’è salvezza per lei.
Tutto precipita quando Russell, vuole un chiarimento a causa dell’orologio di John, dimenticato dal medico a casa Blomst.
E qui si scatenano la rabbia e poi il disorientamento di Russell, incalzato dalla determinata volontà di Gwen di vendicare la morte del padre e della sorella.
Ci fai salire su un tetto su cui i due si affrontano e qui l’angoscia è maggiore anche indirettamente, per quel che mi riguarda, perché la mente torna ad un’altra scena drammatica, su un altro tetto, sempre di un ospedale. Mi riferisco all’incontro tra Sh e Moriarty, concluso con la morte di entrambi, anche se quella di Sh risulterà finta, tutto visto in TRF.
Sei stata molto brava a caratterizzare questo momento di una crescente tensione, fino ad arrivare al tristissimo epilogo in cui Russell, accecato dall’ira, dalla gelosia e dalla sua mente malata, ammazza Gwen.
Qui, voglio mettere in evidenza la sequenza drammatica, ma molto efficace, in cui elenchi i vari momenti che segnano la fine della vita della protagonista. La tua è una descrizione sorprendentemente lucida e particolareggiata della caduta inarrestabile nel buio della morte. Sei stata davvero brava ad immaginare ed a scrivere il susseguirsi di sensazioni, emozioni, percezioni che la povera ragazza ha, prima di chiudere gli occhi per sempre. Un’immagine che ho trovato azzeccata e poetica è quella della clessidra in cui, ormai, i granelli, che scorrono scendendo nel contenitore inferiore, hanno terminato la loro caduta ed il tempo è consumato.
Sh interviene sul tetto, Russell si suicida ma, purtroppo, come ho già scritto sopra, Gwen è già morta.
La scena che segue è veramente straziante: Sh cerca di rianimare la ragazza ma è tutto inutile.
Toccanti quei gesti che hai fotografato con precisione. Sh le si inginocchia accanto, le cinge la testa, le sposta le ciocche dalla fronte, la prende tra le braccia…
Mi hai commosso, davvero, con le tue parole che sanno evocare così intense emozioni.
Complimenti.

Recensore Master
03/05/20, ore 00:13
Cap. 34:

"...Il sangue denso e scuro...": ecco, già dall'inizio questo capitolo mostra una sua credibile e verosimigliante connotazione psicoanalitica perché, ora Gwen è praticamente sola con se stessa, non c’è più, attorno a lei, il clima svagato ma accogliente del 221b ed il rapporto con Russell si va pericolosamente colorando di tinte fosche, di situazioni molto inquietanti. In tutto questo inserisci perfettamente l’intervento dell’analista della ragazza che cerca di far venire alla luce le sue più recondite ansie, evidentemente per fargliele riconoscere e combattere.
Abbiamo, a questo proposito, un’idea sufficientemente precisa di ciò che John ha rappresentato, e rappresenta, per la ragazza ed è un termine singolare ed inaspettato (“Assenza”) che le esce spontaneamente, in quell’esercizio d’associazione libera in cui la dottoressa Gomez la coinvolge, per richiamare dal suo inconscio dei dati che potrebbero essere d’aiuto nel tentare di ricostruire una realtà chiara e gestibile. Spero, visto che non sono un’esperta in materia, di non aver scritto troppe sciocchezze riguardanti i meccanismi che si attivano durante le sedute d’analisi.
Dunque, per Gwen John non ha saputo essere una presenza incisiva per lei, le ha lasciato un vuoto, una mancanza. Chiaro è che in quel rapporto probabilmente lei ha trovato un superficiale conforto, dei momento in cui la fisicità degli scambi con John le ha permesso l’illusione di una relazione profonda, sincera e soddisfacente.
In tal modo, richiudi il cerchio della narrazione sull'angoscia e sulla tensione che la situazione di Gwen e, di riflesso, quella di Sh e John, fa dilagare sulla scena.
Domina il tutto un'atmosfera livida, dove emozioni e sentimenti vengono come attutiti dalla sensazione che qualcosa di terribile avvenga o si sveli. Ed è il passato di Gwen che nasconde verità allucinanti di cui assistiamo alla manifestazione e che riguardano non la ragazza stessa ma l’uomo che praticamente l’ha portata via con decisione da Scotland Yard.
Dal punto di vista descrittivo, ho trovato splendida la rappresentazione della foresta, ma non avevo dubbi sulla tua capacità rappresentativa di un paesaggio coerente con lo scenario psicologico dei personaggi che vi agiscono, che esprime davvero tutto l'orrore dei fatti ("...cantare malinconicamente…Il vento, insormontabile ed eterno…” ecc…).
La ragazza, ormai, assiste impotente al trascorrere del tempo, svuotata di ogni energia e questo tu lo esprimi con lucidità, attraverso una scelta accurata delle parole. Parli, infatti, di "isolamento ancora più duro", di anima che sembra destinata “a ghiacciarsi”.
Comunque il dato che anima lo scenario angosciante è la certezza che lei ha riguardo all'affiorare dei ricordi che, via via, si fanno più chiari e si stanno componendo in un quadro sempre più completo.
Purtroppo, dominante, c'è la figura di Russell, inquietante e misterioso evidente figura chiave nell'interpretazione del passato di tutta la famiglia Blomst e delle tempeste che sconvolgono la mente ed il cuore della ragazza. Il modo con cui tu lo rappresenti, sempre più definito nella sua inquietante personalità, è veramente efficace: quando “entra in scena”, sono sincera, mi trasmette un senso d’inquietudine e di angoscia. Figuriamoci lo stato d’animo di Gwen che, oltre ad essere prostrata dal suo stato mentale e fisico, ha sempre più chiara la percezione che quell’uomo sia un pazzo pericoloso che si è stabilito in casa sua come un “irascibile parassita”. Definizione, quest’ultima, che ho trovato assolutamente centrata e che esprime con efficacia il vero ruolo di Russell.
Ci racconti, poi, della strategia con cui lei cerca di difendersi dagli attacchi d’ira, ci riesce ma fai percepire in modo coinvolgente, il senso di angoscia che domina il suo tempo in quella che, paradossalmente, è casa sua.
In un cambio di scena, ci porti al 221b, in cui Sh e John sembrano e, forse, sono veramente due persone segnate dai fatti collegati alla ragazza. Il consulting, infatti, pur avendone diminuito le dosi, non ha cessato l’assunzione di stupefacenti e Watson porta visibilmente i segni del suo malessere (“…occhiaie e una barba più pronunciata…”), chiaramente causato dal vuoto lasciato da Gwen. Mi viene da pensare che Sh stia vivendo una situazione contraddittoria ed il fatto che stia “sballando” di meno può voler significare che, nonostante l’evidente sentimento d’affetto per Blomst, scoperta come anima affine alla sua e, quindi il conseguente dispiacere per la sua mancanza, lui ritenga di aver più modo di stare con John, a cui, secondo me, è legato da un profondo sentimento che supera la semplice amicizia.
A proposito della scena che descrivi, uno dei momenti forti e che, a mio avviso, è tra quelli meglio riusciti del capitolo, è il “crescendo” con cui Sh, esprimendo, con la musica del suo amato violino, la sua tormentosa ricerca della verità, arriva alla consapevolezza di essere giunto alla mèta, cioè alla scoperta di ciò che potrebbe essere la verità sul caso di Gwen, con una manifestazione talmente rumorosa da spaventare John ed allarmare la signora Hudson che tenta di riportare un po’ d’equilibrio nella situazione con una bevanda che, però il consulting rifiuta. Infatti il suo formidabile cervello non tollera distrazioni dal lavorio con cui sta processando dei dati in suo possesso, ma che non ha ancora organizzato in una verità chiara ed inequivocabile. Alla fine ci riesce e la situazione appare in tutta la sua livida e folle essenza:”… Ha solo compensato la morte di Scarlett con Gwen…”. Una verità che inchioda anche John di fronte ad un’evidenza dalla quale cerca di fuggire disorientato ed incredulo ma Sh lo richiama decisamente, con una frase che scoppia nella stanza come un ordigno esplosivo e che si riferisce al fatto che la ragazza sia effettivamente in pericolo.
Ciò che succede, poi, a casa di Gwen è da te raccontato con precisione e con una carica d’energia che ci dà l’impressione di essere anche noi lì, a partecipare come diretti spettatori a quello che succede.
Arrivata alla fine di questo bel capitolo ti faccio i miei complimenti perché sono sicura che, il tuo scrivere a proposito queste situazioni, presupponga un lavoro psicoanalitico ammirevole, per costruire, per esempio, il labirinto mentale in cui era imprigionata Gwen. Complimenti, dunque, per questa tua cura nel rendere credibile la vicenda e motivata tutta l’angoscia emanata da quel nucleo oscuro.

Recensore Master
28/04/20, ore 22:26
Cap. 33:

Hai contraddistinto l'inizio del capitolo con il contrasto evidente tra il paesaggio ameno, verde ed accogliente, in cui corre la Bentley con Gwen e Russell e lo stato d'animo in cui si trova la ragazza, per descrivere il quale usi termini forti che esprimono minaccia e cupi presagi ("...prigioniera...tempesta...onde sempre più mastodontiche...").
È un’accoglienza verso il lettore, questa, che si distingue per la sua validità. Infatti hai, ancora una volta, mostrato la tua indubbia capacità descrittiva sia nei confronti di dati visibili sia riguardo realtà interiori. Lo sguardo, che ci fai dare al paesaggio, è guidato dal tuo linguaggio elegante e prezioso, e propone immagini che non scadono nella solita banalità di visioni trite e ritrite. Poi ci fai entrare nella mente di Gwen ed anche qui troviamo una descrizione accurata del “paesaggio” interiore che, come dicevo sopra, contrasta con l’amenità di ciò che accompagna la Bentley nel suo viaggio. Brava.
L’impressione che Blomst sia preda dello sconforto e dell’angoscia si conferma nell'apparente normalità del
dialogo tra lei e il ragazzo, da cui, invece, tra un "botta e risposta" abbastanza superficiale, trapela un'inquietante atmosfera di sospetto.
Intanto, a Londra per Sh e John è come se fosse scoppiata una bomba devastante che ha distrutto tutto ciò che costituiva una quotidianità che aveva quasi assunto dei toni rassicuranti, rischiarata dalla vitalità dell'insolita presenza dal ragazza.
Voglio annotare una frase, ma non è certamente l’unica, che ho trovato particolarmente evocativa, riferita alla tua suggestiva descrizione dello "sballo" di Sh: "... le chiare luci della metropoli si erano congiunte agli eterni astri celesti, amalgamandosi come un miscela fatta di tenebre e fulgidi picchiettature ...".
Davvero questo momento l'ho trovato intenso e, sicuramente, uno dei punti di forza del capitolo, tanta è la vicinanza ad una coinvolgente forma poetica. Chiaro è che, il riferimento all’atroce “aiuto” che la droga può dare alla mente sconvolta di Holmes, contrasta con la bellezza di ciò che hai fuso in immagini splendide, ma questo contrasto accresce l’angoscia ed il dolore che riduce Sh ad un fantoccio incosciente.
Ti meriti dei complimenti particolari per come hai descritto l'atmosfera sconvolta del 221b, in cui il colpo di scena, riguardante Gwen ed il suo passato, fa precipitare il consulting nell'abbraccio velenoso degli stupefacenti e circonda John di vuoto e della triste consapevolezza di essersi gettato, avventatamente, in un'esperienza sentimentale che si sta rivelando distruttiva.

Il ritorno della Blomst a casa sua, non si distacca dall'atmosfera cupa e soffocante della situazione e ci fa cadere in un terribile teatro di violenza fisica e psicologica. La scoperta, da parte di Gwen, della personalità disturbata e violenta di Russell si serve di sequenze degne di un thriller di ottima fattura, di cui tu ne stai dipanando lo sviluppo, seminando momenti forti, come, per esempio, quello in cui egli chiama la ragazza con il nome della sorella (“SCARLETT!”). Allucinante.
A proposito della caratterizzazione dei personaggi, Sh e John potrebbero aver sconfinato nell' OOC, ma i loro ritratti sono sempre supportati da un'attenta e precisa analisi psicologica, pertanto il loro percorso nella ff si rivela fondato sulla credibilità e sull'efficace realizzazione psicologica, giustificando, quindi, ampiamente le scelte narrative che hai compiuto. Come sicuramente avrai capito, io parteggio per la Johnlock e per l'IC ma, visto che mi piace leggere cose valide, accetto anche delle "deviazioni" rispetto alle mie preferenze se, come nel tuo caso, la forma espressiva è vistosamente curata e corretta ed il contenuto, anche se OOC, è equilibrato ed avvincente. In più, sinceramente, i tuoi pezzi hanno anche una caratteristica di evidente originalità che li rende "appetibili".
Capitolo dopo capitolo la tua long si sta confermando molto interessante per lo scenario inusuale, i fatti che la animano ed il modo, lontano dalla banalità, con cui dipingi dei paesaggi “interiori” che affascinano per la loro originalità.

Recensore Master
28/04/20, ore 21:15

Già la descrizione iniziale di Scotland Yard, in cui predominano "luci bianche e soffuse", "sale sgombre" e "corridoi silenziosi" e “tanta inerzia”, costruisce un'atmosfera di solitudine e di vuoto, sicuramente le sensazioni che ora occupano il cuore di Gwen travolta da un'ondata improvvisa e che sembra non lasciare scampo.
Russell Newman ha fatto irruzione al 221b ed ha sconvolto un, già precario, equilibrio relazionale tra i tre “coinquilini”. Ora, dal punto di vista narrativo, hai fatto giustamente retrocedere John, Sh e Greg sullo sfondo, quasi impotenti nei confronti di chi rivendica una priorità nella vita della ragazza.
Nonostante il "molto garbo" e la "gentilezza" con cui egli si presenta e spiegare le proprie motivazioni, intuiamo che la sua è una maschera, sotto alla quale si nasconde sicuramente una realtà umana non limpida.
Molto efficace quella frase con cui descrivi le sensazioni di Gwen, assediata ormai dal panico e dalla disperazione: "...Funi invisibili galleggiavano nell'aria e la cingevano come una preda...". Davvero delle parole scelte con cura, queste, che esprimono, con spietata lucidità, lo stato d'animo della ragazza.
Uno dei punti forti di questo capitolo è, a mio avviso, la rappresentazione lucida ed articolata di un quadro clinico, quello di Gwen, che colpisce per la sua complicata gravità. Ma non è tanto il “quello” che è espresso, la diagnosi, quanto il “come” l’hai scritto tu, che mi ha attratto ed interessato, anche se non sono certamente una persona che possa muoversi agevolmente nel campo psichiatrico. Come in ogni branca del sapere umano, tentare di atteggiarsi ad esperti di qualsiasi cosa o fingere di aver capito tutto, è un atteggiamento stupido e sterile. Non lo farò, quindi, perché non ne sono in grado ma è come qualcuno di fronte ad una leccornia sconosciuta che può comunque gustarla, senza sapere di quali ingredienti è composta. Mi è piaciuto, infatti, come hai completato il quadro psicologico e psichiatrico della ragazza, principalmente attraverso il dialogo tra la dottoressa Rowley e Greg. Una trattazione che ha una sua dignità scientifica e, nonostante io sia una profana quasi totale, ho cercato di leggere attentamente ed il senso l’ho colto perché il tuo stile è ricco ed articolato ma mai ermetico, anche di fronte ad argomenti così complessi.
Di fronte a questo panorama così desolante ed ancora quasi completamente indecifrabile, perché, comunque, il mistero permane, azi, viene alimentato dalla persona che se ne andrà con lei, cioè Russel, si pone uno Sh inerme, colpito ed annientato dal terribile colpo di scena che spazza via tutto ciò che era in evoluzione nei confronti di sentimenti nuovi e carichi di aspettative rassicuranti.
Ma Russell ha cancellato tutto, in un attimo. Accanto a lui un John anch'egli ammutolito, entrambi "ridotti a due ombre" ormai inutili.
E ci presenti Watson molto simile a quello che abbiamo visto nell'ultima Stagione, pronto a scagliarsi contro il consulting, evidentemente non più soggetto in cui riporre fiducia.
Molto IC, davvero, questa "maschera" di sdegno che egli rivolge a Sh.
Capitolo angosciante che si serve della tua consueta capacità di scrivere con correttezza e maturità stilistica.

Recensore Master
22/04/20, ore 23:14

In questo capitolo trovo un inizio, con citazioni bibliche, che induce a ritenere che il suo contenuto sia piuttosto incisivo, forte, tale da aver bisogno di un riscontro su un testo particolarmente importante.
"...coltre grigia, un aggregato di nubi cenerine e spesse...Non c'era posto per la luce...": e direi che la mia previsione è confermata da come Londra si prepari alle nuove vicende di Gwen e dei suoi amici. Infatti hai rappresentato, con la consueta cura e preziosità, la tetraggine di un mattino che può diventare la degna cornice di eventi infausti e terribili.
Intanto, inserisci la comparsa in scena di una Molly estremamente IC, nella sua totale, e penosamente evidente, dipendenza da Sh. La sua voce, nel rivolgersi a lui, è flebile, il suo sguardo è carico di una "malinconica dolcezza", il suo cuore batte ad un ritmo più accelerato. Perfino il suo cappotto è bluastro, un colore decisamente diverso da altre sfumature più piacevoli. Anche stavolta cioè, volevo mettere in risalto la tua capacità analitica e descrittiva che considera i particolari come qualcosa d’espressivo e coerente o con il personaggio o con il momento narrativo. In questo caso, dunque, attraverso ciò che ci fai vedere di lei, ritroviamo la solita Molly BBC, insomma, perdutamente innamorata di chi non la corrisponde perché c'è una presenza troppo ingombrante nel suo cuore, cioè John. Una ragazza molto intelligente e sensibile ma assolutamente scialba e dimessa, che insegue con commovente fedeltà un sogno impossibile, cioè Sh.
Uno dei fili conduttori di ciò che racconti è, secondo me, un consulting teso, confuso, disorientato da ciò che la ragazza provoca in lui ed, allo stesso tempo, addolorato per la visione di John che dedica le sue attenzioni a lei. Ho trovato molto significativa la frase che Sh fa sua, relativamente alla confezione di metadone e cioè:”…È solo per il dolore…”. Certo il farmaco è per il disagio ma, in questo caso, secondo me, il “dolore” per lui non è quello fisico, dovuto alla ferita ma, soprattutto, quello interiore, causato dalla situazione strana venutasi a creare al 221b, in seguito alla presenza di Gwen. E qui hai strutturato, a mio avviso, un intreccio di sentimenti ed emozioni che hai espresso con efficacia e che spero di aver capito ma, a volte, a causa della mia frettolosità nel leggere, posso aver non considerato bene. Allora, vediamo se mi è chiaro: intanto John che, secondo me, è il meno complicato dei tre, è chiaramente attratto dalla ragazza, dalla sua intelligenza, dal fatto che sia anche bella e, non ultimo che dimostri affetto ed interesse per Rosie. Gli risulta una dolce parentesi ciò che vive con lei, anche se il sentimento per Sh persiste ancora nel suo cuore ma, probabilmente, è incapace di riconoscerne il vero volto. Gwen e Sh sono molto simili, due anime affini, caratterizzate da un’eccezionale sensibilità e difficoltà nei rapporti umani, con inquietanti fantasmi del passato che continuano a tormentarli e a deformare la realtà che li circonda. Per questa loro affinità si attraggono anche se, secondo me Sh è profondamente innamorato di John. In quanto a Gwen non mi sbilancerei ma credo che, ciò che prova per Watson, sia meno intenso di ciò che la lega al consulting. E lei non vuol far stare male Sh.
La tensione è contagiosa e si trasmette, oltre naturalmente a Gwen, che ha perso la serenità dopo l’incontro crudo con Irene, anche a John, turbato dall’atteggiamento scostante della ragazza che, ai suoi occhi, sembra voler cancellare eventuali progetti futuri.
"...Si trattava di un giovane uomo...": e qui fai scatenare la tempesta con l'arrivo del nuovo cliente che porta lo scompiglio al 221b.
Il capitolo si chiude, lasciando un brivido d'inquietante curiosità.

Recensore Master
21/04/20, ore 23:27

In questo capitolo, piuttosto denso di elementi narrativi, ritroviamo Sh all’ospedale, dopo la terribile avventura con Adam e Moore. Accanto a lui c’è l’Adler che, anche il quel luogo in cui non dovrebbero trovar posto sentimenti egoistici o troppo parziali, rinfaccia a Sh il suo interesse per Gwen
È un dialogo particolarmente espressivo quello tra il consulting, ferito ed indebolito, ed Irene, in cui fai convergere l'attenzione su Gwen, che la Donna mostra di aver perfettamente inquadrato nelle sue caratteristiche. Particolarità caratteriali, queste ultime, rese singolari da un'intelligenza non comune e, probabilmente, esperienze regresse di lacune affettive che costituiscono un luogo interiore condiviso dalla Blomst e da Sh. La ragazza ed Holmes sono personalità apparentemente opposte ma molto simili ed è questo che provoca frustrazione alla Donna, in quanto Sh è, per lei, l’ “unico uomo amato”. Hai indubbiamente rappresentato molto effivacemente lo scambio tra due intelligenze molto vicine, esprimendo il gioco di ammiccamenti e di provocazione “tagliente” con cui l’Adler tenta inutilmente di inserirsi nei pensieri di Sh, allontanando l’attenzione per la ragazza che il consulting manifesta.
Visto che tutto è inutile, Irene si congeda da Holmes con la malinconica consapevolezza di aver perso per sempre la, sia pur remota, possibilità di contare qualcosa per il consulting. Anche qui mi è piaciuta molto la profondità con cui sondi l'animo umano e mi ha particolarmente colpito la profonda vena malinconica che caratterizza l’addio.
Il ritorno a Baker Street è particolarmente animato per la sorpresa di John di ritrovare i due senza preavviso e di scoprire che Sh è ferito e, più tardi, Gwen con un brutto raffreddamento che segnala chiaramente un problema bronchiale o polmonare.
La conclusione del capitolo li trova John e Gwen riuniti, ma quella tosse fastidiosa, che ogni tanto tormenta la ragazza, mi sembra il presagio di qualcosa di fosco, come l'avvicinarsi, all'orizzonte, della nuvolaglia che precede un brutto temporale.
Sai mantenere la tensione, non c'é dubbio. Brava.

Recensore Master
19/04/20, ore 00:03
Cap. 29:

Un capitolo, questo, piuttosto cupo ed angosciante, che inizi con delle osservazioni su Gwen che ci aiutano ad approfondire la sua sfuggente personalità. A questo proposito, ho trovato particolarmente intensa l’apertura del pezzo in cui fai quasi dissolvere la figura di Gerda nello spegnersi dell’aurora, in un’atmosfera di un colore indefinito e che sfugge subito alla capacità di percepirne la vera essenza. Hai così rappresentato, in un modo pittorico e delicato, la progressiva scomparsa di tutto quello che la rendeva viva nella memoria delle figlie.
Tornando a Gwen, notiamo che il suo aspetto é accattivante e apparentemente solare ma ci stiamo accorgendo che, in lei, ci sono dei lati in ombra da cui sfuggono, ogni tanto, delle ombre inquietanti che riguardano, soprattutto, il suo passato ed i rapporti con la sua famiglia d'origine.
In questa parte ho trovato molto significativa le definizioni che hai pensato per la sua adolescenza e per la sua giovinezza. Sono due modi di vedere quelle fasi della vita che, spesso, corrispondono a situazioni reali e ciò arricchisce di credibilità ciò che racconti. Mi riferisco, in particolare a quel “deturpare la propria testa” che diventa un mezzo per liberarsi da quelli che vengono considerati i vincoli soffocanti che la tengono ancorata pesantemente allla sorella che, da parte sua, ha maturato nei suoi confronti un astio devastante.
Uno degli aspetti del tuo essere Autrice, che trovo più convincente, è infatti la tua attitudine a scendere in profondità nei personaggi dando loro uno spessore molto realistico, anche se siamo di fronte a personalità complesse, come quella della ragazza, di Sh o dell’Adler.
Andando avanti nella lettura, infatti, scopro che, almeno per me, il punto di forza di questo capitolo è il confronto tra Gwen ed Irene, in cui la tensione è resa ancora più palpabile dall'evidente gelosia della Donna che cerca di schiacciare la ragazza anche esibendo la sua provocante fisicità ed i suoi modi da seduttrice professionista che abbiamo avuto modo di vedere in ASIB. Il suo personaggio, in “Sherlock”, inoltre, è caratterizzato da un’acuta intelligenza che lo rende ancora più complesso e questa sua particolarità la ritrovo anche qui, da te, in una versione sicuramente IC.
Irene è perfettamente consapevole di quale sia l'"area" affettiva di Sh, ma il suo carattere dominatore ed incline alle sfide ardue la spinge a tentare la battaglia più difficile, cioè quella di sostituire John nel cuore di Holmes.
Ed il fatto che lei lo dica a Gwen, non è un confidarsi tra donne ma un potente schiaffo morale che Irene vuole assestare alla ragazza. E ci riesce nel suo intento di farla stare male ("...La giovane trattenne le lacrime...").
Rompi con un ben "assestato" colpo di scena il devastante assalto che l'Adler sta portando a termine sulla "rivale" e le due si ritrovano prigioniere. L'ingresso di Holmes sulla scena è provvidenziale ma, ciò che gli succede, mi ha riempito d'angoscia. Così chiudi il capitolo con un'immagine decisamente preoccupante. Brava, sei stata brava anche a costruire una situazione così terribile e ad imprimere al testo un ritmo incalzante e dal taglio quasi cinematografico nella velocità delle sequenze d’azione.

Recensore Master
15/04/20, ore 16:04
Cap. 28:

Un capitolo, questo, che ha una prima parte che si staglia con una “estraneità” netta rispetto a quello che sta succedendo in Danimarca. E ciò è fondamentale per inquadrare la situazione psicologica di John che si trova come bloccato in un’atmosfera di sospensione e di attesa.
In effetti il legame che si è instaurato tra lui e Gwen sembra essersi zittito, anche a causa della lontananza, ed ho avuto l’impressione, arrivata alla fine di questo pezzo, che affondi radici ben più profonde quello che scorre tra Sh e la ragazza. A mio avviso si percepisce un’empatia più capillare, meno fisica ma più spirituale, interiore. Si vanno delineando, secondo me, Holmes e Blomst come due anime affini, che stanno intrecciando le loro sofferenze ed i loro ricordi.
Comunque, tornando alla prima parte del capitolo, descrivi un incontro tra Watson ed una sua conoscenza, una donna che ha avuto una relazione, sfortunata, con lui e la fine del rapporto è stata determinata dal monopolio che Sh ha sempre avuto nei pensieri del medico.
Descrivi l’inizio di una mattinata come altre, allo studio, in cui non manca una telefonata a Sh con le consuete raccomandazioni con cui John manifesta, ad orecchie indiscrete, il suo legame con il consulting. Il dialogo con Janette fa riaffiorare i consueti “mantra” con cui Watson cerca di dare un senso, ma non ci riesce, alla confusione che ha in testa e nella sua vita (“…No, io non sono gay…”). Il tutto avviene alla luce fredda e vuota di un solitario che la donna esibisce all’anulare e che le dà, se non il senso di una completa felicità, se non altro il segno concreto di un obiettivo raggiunto. Sembra una parte questa, come ho scritto sopra, avulsa dal resto della narrazione ma mi accorgo che è fondamentale perché approfondisce la situazione delle relazioni che intercorrono tra Sh, Gwen e John. Ad uno sguardo più approfondito metti in risalto il ruolo della Blomst che, come ho scritto sopra, appare più intimamente e spiritualmente vicina ad Holmes mentre in John sembra quasi farsi strada una gelosia indefinibile, non è nemmeno chiaro a se stesso se è più nei confronti della ragazza o del suo “coinquilino”. È comunque una sensazione scomoda in cui lui, ora, si sente tagliato fuori da intrecci emotivi e relazionali che non riesce a definire.
Nella seconda parte del capitolo, ritorniamo in Danimarca, in cui assistiamo ad uno spiacevole ma curioso episodio di cui è protagonista Gwen. In preda ai fumi dell’alcol, rischia di venir rapita da due “turisti” inglesi. Molto intenso il momento in cui compare Sh che, fingendosi Lestrade, riesce a far desistere i due dal progetto che si rivela alquanto inquietante. Infatti non sembra un caso di semplice rapimento a scopo di stupro o simili ma s’intuisce qualcosa di più (“…Ci hanno pagato…”). Dicevo che mi è piaciuta molto l’immagine del consulting che appare improvvisamente sulla scena, in tutto il suo fascino magnetico, e che allontana la minaccia che insidia Gwen.
La fine del capitolo è molto intensa per lo scambio emotivo che avviene tra i due, catalizzato dalle doti empatiche della ragazza e dall’istinto di Sh che ne percepisce lo spessore spirituale ed umano.
L’ultima figura, poi, è splendida, quando descrivi la coppia come una preziosa abbinata di due pietre preziose, molto più rare di quello che, per esempio splende banalmente al dito di Janette.

Recensore Master
14/04/20, ore 17:55
Cap. 27:

"...risucchiato il sole...lascia perire ogni proprio squillante colore...boscaglia misera e tetra...gelida roccia nera...ecc...": le inquietudini, che giá avvertivo nel precedente capitolo sembrano, qui, farsi più concrete.
Mi sembra quasi di scorgervi dei presagi non proprio rassicuranti. Però, superando l’inizio descrittivo che effettivamente trasmette sensazioni non proprio rassicuranti, ci si accorge che, focalizzando la casetta di Lars, l’impressione negativa si attenua. Infatti, nelle tinte fosche del paesaggio, lo sguardo é richiamato dal colore caldo e vivace della casetta di Lars. Facendoci entrare in essa, pur sentendoci in un ambiente disordinato e misero, ne percepiamo il senso di accoglienza che esso emana; quel luogo, così lontano dalle comodità delle case cittadine, ha un proprio calore, un proprio significato. E ci accorgiamo che tu ce lo fai guardare con gli occhi di Sh che, in esso, rivede i propri sogni infantili, allora ancora intatti.Gli ritorna l’immagine perduta di Victor e l’ondata calda della nostalgia sembra travolgerlo. Ma Sh è abituato a mascherare ciò che prova. Gwen percepisce, con la sua capacità empatica, i sentimenti del consulting che, però, si ritrae dal lasciare libere le proprie emozioni e l’esorta bruscamente ad occuparsi d’altro e non di ciò che sta provando
Hai costruito in quella casetta un'atmosfera surreale, accogliente, ripeto, nonostante l’atmosfera trascurata in cui si trova. In essa Sh e la ragazza trovano in modo di comunicare grazie alla sensazione di trovarsi in un luogo fuori del tempo in cui, per un momento, Holmes ritrova la freschezza dell'infanzia. Ed il piccolo Lars, accendendo il fuoco, rende la sua casetta il centro dell'universo.
Bellissima, a questo proposito, l’immagine che hai fissato in cui quella che, effettivamente, è una “catapecchia”, diventa un “faro luminoso” che riesce ad illuminare il buio di “una cupa notte morente”.
Molto efficace anche la sequenza di sensate deduzioni che Sh snocciola di fronte ad una stupita ed ammirata Gwen riguardo ai particolari, apparentemente insignificanti di quell’interno, che rivelano una vita chiaramente di lavoro, senza altre complicazioni, a parte dei problemi di salute. Quindi il papà di Lars, purtoppo, è scomparso perché qualcuno l’ha fatto scomparire. Egli non avrebbe mai abbandonato il figlio.
Mi è piaciuta la malcelata tenerezza con cui Sh si congeda dal piccolo, affidato all'assistenza sociale, ed osserva con attenzione la cura con cui la Blomst si occupa del piccolo prima che venga portato altrove. Un momento molto intenso, che suscita una sincera commozione, grazie alla carica emozionale delle tue parole.
Un altro punto di forza del capitolo è la scena in cui Irene tenta, per l’ennesima volta di sedurre Sh ma viene respinta con decisione: troppe sono le immagini e le emozioni che turbinano nella mente e nel cuore del consulting per lasciarsi andare.
Il capitolo si chiude con una gustosa scena di Gwen e Sh che si contendono la coperta.
Una lettura interessante, questo pezzo, e che mi fa nascere alcune riflessioni che, probabilmente, ti ho già esposto. Ma prendile solo come un mio opinabilissimo punto di vista. Lontano da me l’atteggiamento arrogante di chi dispensa lezioni e suggerimenti a chi s’impegna nel regalarci momenti di piacevole evasione attraverso le storie che vengono scritte.
Però voglio lasciarti questo pensiero: la tua long meriterebbe più attenzione da parte di chi frequenta la sezione…Forse il riversare tanti capitoli in una sola volta ha impedito a più di qualcuno di concentrarsi con calma su ciò che hai scritto. Peccato. Ma brava lo stesso.

Recensore Master
07/04/20, ore 22:33
Cap. 26:

All’inizio vengo accolta dal sapore prezioso di uno dei tuoi sguardi d’insieme, specialmente in quell’immagine di Gwen bambina che desiderava arrivare molto in alto per riuscire ad assaggiare le coloratissime nuvole del cielo al tramonto. Davvero suggestivo questo momento che, per un attimo, mi ha richiamato alla memoria alcune sensazioni simili della mia infanzia. Bello, proprio.
“…giocherellando con lo scintillio…mille sfumature color magenta…”: le parole che hai usato per raccontare ciò che colpisce la ragazza, che sta guardando il tramonto, mi suscitano un senso di movimento, di pace instabile, di serenità passeggera. Il paesaggio ed il momento della giornata fanno indulgere ad alzare lo sguardo verso il cielo ed a spingerlo verso il mare ma colgo un’instabilità sospesa su Gwen. E, sicuramente, la percepisce anche lei, considerando i motivi per cui si trova a Copenaghen e visto il legame profondo che ha con quei luoghi.
L’introduzione del personaggio del piccolo Lars è efficace e completa il quadro d’ambiente che tu arricchisci con competenza linguistica e geografica. Si nota davvero la tua passione per i luoghi nordici e per il loro fascino così unico.
Intanto John sta scavando nel passato della ragazza e scopre un vissuto di lutti e sofferenze, oltre alla figura del padre che appare certamente non affettuosa e rassicurante.
Ma, a mio avviso, uno dei punti di forza di questo capitolo è il collegamento che hai creato tra Sh e Lars: davvero sorprendente il richiamo alla vicenda del piccolo Victor che rimane imprigionato, nella mente di Holmes, nel suo oscuro destino.
E il piccolo “pirata” riesce a stanare il bambino che è rimasto in Sh, ancora paralizzato dal destino misterioso del suo più caro amico.
Un bel capitolo, brava.

Recensore Master
07/04/20, ore 22:11

Il capitolo inizia con una delle tue consuete descrizioni d'ambiente che si pongono ad un confine comune rispetto ad un testo poetico, tanto sono in grado di evocare con lucidità stati d'animo ed emozioni. Infatti Gwen è ritratta con precisione nella sua assoluta permeabilità nei confronti di ciò che la circonda e, in questo caso, è il freddo che l'assedia e la rende inquieta.
Forse la causa del suo disagio "termico" non è solo esterna, ma può essere collegata alla sensazione d’incertezza e di solitudine in cui si trova, di fronte all'impassibile efficienza di Sh ed alla lontananza da John.
Ma ci fai capire che è soprattutto il passato che sta ritornando a galla, su quelle "gelide acque del mare nordico". Il passato, nel bene e nel male, che le riporta l'aroma della particolare bevanda legata all'affettuosa presenza paterna.
È la tua precisione, nell'elencarne gli ingredienti, che ci rende quasi partecipi dell'atmosfera di ciò che Gwen rievoca.
A proposito della figura di Sh, si nota come tu l'abbia caricato di una particolare tensione (“Io non ho tempo…”) che non sembrerebbe essere attribuibile alla ricerca della soluzione del caso.
Infatti, quando la ragazza gli fa notare che la bassa temperatura potrebbe provocargli dei danni e gli consiglia di bere qualcosa di adeguato, egli non riesce a trattenere un ruvido e arrogante giudizio d’ “intruglio maleodorante”.
È evidente che qualcosa lo tormenta e ha minato le protezioni erette intorno al suo animo da un gelido autocontrollo.
Rappresenti efficacemente la sua irrequietezza che non ha nulla di consueto.
La motivazione, che Gwen intuisce essere origine di quello stato d’animo particolare, sembra riguardare Irene. Ovviamente il problema della sicurezza della Donna è sentito da Sh ma io penso che ci sia dell’altro che lo turba in maniera così evidente. E se lui si sentisse in qualche modo attratto dalla ragazza ma si scoprisse confuso e disorientato per la routine con John, nei confronti del quale, certamente, non è insensibile?!
Molto interessante lo scambio di battute tra i due riguardante Mycroft: dalle domande di Blomst e dalle scarne risposte di Sh, ne esce un ritratto assolutamente IC.
Curiosa la scena al cimitero, dove un bambino, solo, fa volare un aquilone tra le lapidi. Naturalmente Gwen percepisce l’anomalia della situazione e cerca di saperne di più.
A Londra, intanto, John non sta troppo bene, in quel 221b vuoto.
Davvero sai dosare molto bene la tensione che corre sotto l’intreccio del caso d’Irene e quella che tiene uniti idealmente Holmes, Blomst e Watson, che si ritrovano ad intrecciare strettamente le loro vite.
Una long, questa, davvero interessante.

Recensore Master
06/04/20, ore 23:32
Cap. 24:

Nel capitolo precedente hai focalizzato argomenti piuttosto impegnativi, come la figura complessa e controversa dell’Adler, il suo rapporto con Sh e l’attrazione che, in modo evidente, ha sempre legato i due, da cui non è disgiunto un riconoscimento d’intelligenza superiore da parte di entrambi ed anche una componente d’intrigante sfida di carattere seduttivo. Quest’ultimo particolare soprattutto dal punto di vista d’Irene. In più hai inserito, tra i due, l’intervento del personaggio della protagonista della tua long che ha complicato le relazioni interpersonali.
Da un’atmosfera così complicata e tesa, qui siamo passati a scene del passato. C’è in questo capitolo un ritmo più lento, affidato all’accendersi delle sensazioni che affiorano alla mente di Gwen, richiamati dal ricordo dei luoghi che l’hanno vista piccola.
Ci introduci a questa tematica in modo progressivo, prima immergendoci in uno scenario invernale che ha la magia di un innevato inverno inglese e che tu descrivi con la tua consueta originalità e precisione. Avvicini lentamente la “lente” narrativa e vediamo due figure femminili, prima, che avanzano lentamente sulla neve. Poi introduci un personaggio maschile che le segue con atteggiamento protettivo. Sempre con un addentrarsi lento nella messa a fuoco dell’identità dei tre che metti sulla scena, un po’ alla volta ci rendiamo conto che si tratta di una Gwen quattordicenne, della sorella di lei, Scarlett e del padre, Cristoff.
Mi è piaciuto molto il modo con cui ci fai conoscere ciò che fa parte del passato familiare di Gwen e cioè la costruzione dei fatti che riguardano la morte della madre a causa della sua nascita, se non ho capito male, ed il rapporto tormentato con la sorella che, non tanto inconsciamente, l’accusa di aver ucciso la donna venendo al mondo. Ci metti a conoscenza di queste cose non raccontandole semplicemente in modo oggettivo, ma attraverso il dialogo tra i protagonisti di questo capitolo. Un modo molto efficace e coinvolgente di “costruire” dei fatti e dei contenuti. Inoltre, un altro punto di forza, secondo me, è l’innestarsi dei ricordi precedenti a questi, che riguardano la vita della famiglia, prima della morte della madre, in Danimarca, con il trascolorare del paesaggio inglese in quello di Ribe (“…D'improvviso, la selva britannica fu usurpata dalle strade ciottolose di Ribe…”).
Alla luce di quelle immagini del passato comprendiamo il terribile vuoto affettivo che ha tormentato Gwen e continua ad inseguirla. C’è sì il calore dell’abbraccio paterno ma sentiamo il dolore che ha caratterizzato la sua maturazione personale.
Un bel capitolo, l’ho letto volentieri un paio di volte. Brava.

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