Ophelia! ♥
Imploro venia inginocchiandomi ai tuoi piedi per aver mancato una recensione e per essere arrivata a tale giorno per recensire questo capitolo.
E' che è stato un periodo un po' così, in cui il sottile filo sul quale camminavo si è spezzato. Ma siccome la vita non è un gioco, al contrario del circo, nel quale i trapezisti danno del loro meglio, con la certezza rassicurante di avere una rete sotto di loro pronta a accoglierli, quando il nostro filo si spezza cadiamo nel vuoto. E poi diventiamo cadaveri che respirano, proprio come Hinata. Mi sono sfogata nelle lettere, devo ammetterlo, ho consumato una decina di penne, dato che anche il pc mi ha fatto compagnia nella caduta, assumendosi il ruolo di "curatore di virus" e raccogliendoli amabilmente in programmi mai visti.
Adesso ho scoperto di esser rimasta aggrappata con un unghia a questo filo, che mi regge, seppur debolmente.
Comunque, non sono qui per deprimerti, ma per usare una tregua in modo da riuscire a recensire questo capitolo.
Quindi passiamo al giusto utilizzo di quel briciolo di tempo a mia disposizione (ti stimo profondamente per l'intervallo di tempo con cui riesci a pubblicare capitoli, dato che sei anche all'università)
E' stato un capitolo veramente bellissimo, l'ho letto con estrema lentezza perché cose simili sono molto sottili, delicate, e anche con la lettura le devo prendere con due dita per apprezzare pienamente la narrazione e non fermarmi prima. Sì, io detesto con tutta me stessa la violenza, ho un'avversione per tutto quello che lo è. Non ne trovo l'utilità, se il mondo è già frenetico di suo, perché renderlo ancora più nervoso? Esistono le parole, esiste la facoltà di pensiero, esiste l'empatia e la comprensione, esiste un cervello, nella nostra testa, quella cosa che è sopra al nostro collo. Perché non utilizzare tali cose? Perché dobbiamo sempre far gesti che resteranno indelebili sul cuore delle persone? Perché vogliamo far del male ad altri? Non c'è motivazione che regga. Ci piace vedere le persone soffrire? Non siamo umani, non abbiamo un anima e non abbiamo nemmeno il diritto di alzare un dito per difenderci da una qualsiasi cosa. Alla fine diventa un'arma di difesa, per una catena di “Io l'ho subita da parte sua e la riverso su di te”.
Comunque, sono riuscita a arrivare in fondo viva e vegeta.
E, soprattutto, soddisfatta per questo nuovo capitolo,felice, oserei dire. Un'assurda contrapposizione.
Il capitolo precedente ci lascia con una minaccia in sospeso nell'aria, una decisione presa ancor prima di sapere le condizioni e un odio profondo nei confronti di una certa vipera dai capelli rossi.
Con un briciolo di pensiero lucido non ci sarebbe voluto poi molto per fare le dovute considerazioni, mettersi il cellulare in tasca o chiamare Neji.
Ma una persona che di sé è sensibile e emotiva, in simili situazioni è un burattino in mano a qualsiasi persona trovata per strada, sotto determinati aspetti.
La paura della morte è una cosa che mi colpisce sempre enormemente.
Ovvio che alcune persone si fermino a riflettere sul giorno in cui abbandoneranno questa vita, per passare in un altro stato, ma poi basta aprire un libro o accendere la televisione e tutto passa.
Ma, esser consapevoli di aver già oltrepassato il bivio “Vivo comoda a casa mia con i senti di colpa” e “Decido di andare incontro al pericolo di una qualsiasi specie sapendo che poi mi resterà una grande ferita o più nulla”...bé, è una cosa piuttosto dura da affrontare sul piano psicologico.
Molti sono programmati in modo da prendere la morte a piccole dosi, cucchiaio dopo cucchiaio, per continuare a vivere. E, a quanto pare, è una cosa che Hinata ha già sperimentato.
Adesso aveva trovato un buon pretesto per sorridere e doveva andare di sua spontanea volontà incontro a una probabile fine. Se non nel senso di “passaggio all'altro mondo”, certamente nel senso di perdere irrimediabilmente una parte di noi stessi.
Insomma, correre verso questa fermata del nostro bus, accompagnati dalla certezza di morire (e mi sembra giustificabile la cosa, per situazioni simili e persone simili), di dimenticarsi delle facce conosciute, di non vedere più alcun sorriso, di non perdersi negli occhi di chi vorremo, di non fare mai più cose che di solito facevamo, di non arrivare all'ultima fermata nel modo che ci eravamo prefissati..certo non è il massimo.
In questa parte si mostra anche la forte influenza che Sasuke ha lasciato su Hinata. Quei passi così veloci, quella forza d'animo una volta arrivata nel luogo dell'incontro e anche la sola azione di salire in macchina, senza svenire per l'ansia, sono evidentemente conseguenza di quel filo che ormai ha serrato le anime dei due personaggi. Ed è una cosa stupenda.
Poi, come se la malinconia non fosse abbastanza, inizia persino a ritrovare in ogni cosa qualche ricordo. L'infanzia, il lavoro del padre. E sono sicura ricordasse anche l'esatto punto in cui era scivolata , concludendo con una risata il pomeriggio di tanti anni fa [;3]. Tutti ricordi piacevoli, quelli legati a quel posto. Ricordi inevitabilmente destinati a soccombere sotto quelli negativi, favorendo una sorta di repulsione nei confronti di oggetti e/o persone a ora sconosciute.
Nella parte che segue le cose si fanno limpide, quasi accecanti. E forse sarebbe stato meglio restare nella penombra dell'ignoranza, piuttosto che nel fascio di luce della realtà. D'altronde si sa, preferiamo sempre nascondere il mondo reale dietro un telo e vivere nei nostri pensieri, con linee già disegnate e percorsi più semplici.
E si ritorna ugualmente all'infanzia di Hinata, anche se per strade secondarie, nascoste dietro molte altre parole. Quando era piccola aveva paura dei mostri che si rifugiavano sotto il letto o nell'armadio, con i loro occhietti piccoli e gialli, creature sovrannaturali pronte a artigliarla. Poi ha iniziato ad aver paura degli incubi, perché i mostri stavano troppo stretti tra le cose materiali e avevano preferito farsi spazio in un universo pressoché infinito, dove i posti dietro i quali nascondersi potevano nascere dal vuoto. Poi si dividono: lasciano una parte di loro nei sogni e l'altra la fanno passeggiare con lei, che ci dialoga quotidianamente. In quel momento, con il collo stretto in una morsa, il corpo avvolto da lacci di puro terrore e due occhi usati come arco, con una scorta infinita di frecce, si accorge che i peggiori mostri ti guardano in faccia e ti sorridono.
Non so se lo definisca “mostro”, riserva ottimismo persino per persone come lui. Fa tanta tenerezza, questa ragazza dai capelli blu.
Ma poi esce lo spirito femminile, con una ferocia arrivata da chissà dove, magari dalla parte di cuore che riserva all'Uchiha, che riesce a pestare, per un solo attimo, un lembo di pensieri provenienti dalla mente di Hidan.
La voglia di fuggire, di tornare alla vita di prima. Premere il tasto “Pausa” e mandare il nastro indietro, fino al bivio, cancellare sul cartello le parole “Sensi di colpa” e aggiungere all'altro “Promesse non mantenute, sacrificio inutile”. Infine scegliere di tornarsene sul suo divano, premere il tasto “Play”, mandare un messaggio a Neji dicendogli che tra poco sarebbe andata a letto, finire di leggere il suo adorato libro di storia, mettere la parola fine alle avventure di persone di cui nemmeno la cenere era rimasta, perdersi nei pensieri, sorridere vedendo nella sua mente due occhi neri e andare in camera, rifugiarsi tra le coperte, chiudere gli occhi e rintanarsi nel nostro mondo. La mattina dopo sarebbe tornata a scuola, con un sorriso da orecchio a orecchio, felice come non mai e avrebbe aspettato di vedere le sfide che la vita le proponeva.
Ma non poteva farlo. La vita non ha un telecomando, scorreva e basta. Poi terminava, lasciando a te la possibilità di lasciarla in pace con il mondo o con ancora qualche nota sull'agenda. Soprattutto, la vita non ha un minimo di riguardo per i più fragili, con l'animo di ferro. Vuole farli piegare, essere l'autrice della macchia nera sulla tela bianca. Se poi non ci riesce prende in custodia quell'anima sperduta e l'aiuta. Ma è raro.
Hidan che schiaccia il corpicino gracile di Hinata sulla pozzanghera è una cosa che mi ha messo i brividi. Sasuke aveva paura persino di sfiorarla, onde rovinarne la perfezione, e quell'essere vi sale sopra macchiandola di fango da capo a piedi. E' inevitabile fare un confronto tra l'Uchiha e il maniaco.
Quando le dà un calcio ho sentito più male io che lei. Non è davvero possibile vedere una figura così pura, dolce, ottimista, che ha lottato fino alla fine per sé stessa e in onore delle figure che la hanno guidata, essere pestata, rovinata e marchiata a fuoco da un maniaco senza cuore.
La Hyuga spezzata in tanti piccoli pezzi di vetro da un calcio. Disseminata nell'acqua che tanto è diversa dal suo essere, senza un modo per ricomporsi, tagliandosi se prova a raccoglierli.
Il senso di impotenza, di trovarsi nel bel mezzo del nulla e ricordarsi che prima pretendevamo di farvi nascere una villa con rispettivo laghetto e giardino fiorito...oh, quanto lo conosco.
Un terzo della mia vita è fatto da situazioni in cui volevo risolvere problemi grandi quanto Giove, in mio confronto, e accorgermi che non potevo far altro se non restare a guardare, aspettando l'evolversi della cosa come se un acido mi stesse corrodendo goccia dopo goccia. Una cosa schifosa.
Hinata si è contornata di spine, di una recinzione, di un muro, ma appena qualcuno si avvicinava a lei, deponeva le armi e pur di tenersi stretto quel poco che ha era disposta anche a diventar esattamente la sua copia, la sua ombra, il suo zerbino.
È come se il suo carattere dipendesse unicamente da chi ha intorno, come se per essere apprezzata dovesse trasformarsi in qualcuno che non è, è come se, appunto, non meritasse di esistere. E si va a sfociare nel pessimismo e in qualcosa che è vicino alla depressione, anche se così non si può certamente chiamare, infatti i pensieri si sviluppano in pochi minuti e danno solo una visione sintetica della descrizione della sua vita, come giusto che sia in tali contesti.
Infine arriviamo all'apatia. Hinata c'è, sta vivendo quei momenti, ma si è rinchiusa a forza in un porto che non conosce nemmeno lei, fasciando i suoi pensieri e concentrando la sua attenzione su un elemento non appartenente a una situazione normale (in quel caso niente apparteneva a una situazione normale) e, in quel caso, il piede nudo, scrivendoci le riflessioni riguardanti un discorso che l'ha particolarmente colpita e leggendole distaccandosi dal mondo esterno, per evitare attacchi di panico o altre reazioni ovvie che potrebbero causarle danni. Soprattutto perché è in trappola e non può fare altro se non cercare di subire coscientemente il meno possibile.
Le lacrime, fide compagne di vita, coloro che la strappano definitivamente dal suo mondo, anche se in uno stato peggiore di quello precedente. Ha perso la speranza, la lucciola che illuminava i suoi occhi, quella che rendeva belli i suoi sorrisi, e adesso è diventata lo spettro della sua ombra.
E dov'è Sasuke a asciugarle gli occhi?
Meglio, però, che cadano, che scoprano anche loro com'è brutto per certi aspetti questo mondo, che si asciughino senza esser viste da qualcuno, piuttosto che vengano ingoiate e facciano affogare Hinata.
Ma alla fine si sciolgono in un acqua indegna di loro, rovinando il loro ormai opaco splendore definitivamente. Puff. Morte anche loro.
Non deve essere stata una bella cosa vedere una ragazza nuda in acqua, con il viso fuori, due occhi vuoti che cercano di riempirsi con quello che la tua anima contiene, che scavano, facendoti il male che te hai provocato loro. Sì, ha ragione, sa tanto di cadavere morto in tutto tranne che negli occhi.
Persino lei stessa si abbandona lì, ai piedi della fontana. In quel momento poteva benissimo essere la gemella di quella bottiglia vuota lasciata sul tavolo. Entrambe vuote. Entrambe fragili. Entrambe vacillanti. Una è caduta, l'altra è ancora in piedi solo perché non ha forza propria.
Hidan riparte, con un pizzico di Hinata rifugiato in una tasca. Domani si alzerà e guarderà il sole, forse sorridendo, mentre lei non può farlo, perché ha paura di rivederlo spuntare tra le nuvole, le sue mani sporche protese verso di lei, per aprire ferite che continueranno sempre a piangere.
Spero solo che non inizi a aver paura della vita stessa. Ha diciotto anni, ha chilometri di vita da vivere e toccare. E un Sasuke forse ancora ignaro di tutto, steso sul letto di camera sua, a pensare ai suoi tanto amati occhi di perla che non luccicheranno più come prima.
Se, poi, vogliamo riportare gli eventi nella realtà, io oggi, conosco una sola giustizia: quella della propria coscienza, che ti logora dentro fino a quando impazzisci in preda al senso di colpa. Non penso nemmeno lontanamente che coloro che fanno tali cose riescano veramente a provarlo, lo spero vivamente, ma ne dubito. Questa sarebbe l’unica cosa a renderli ancora umani.
Lo stupro, o il tentato, per come la vedo io, è una delle rare cose che non può essere giustificata, nel momento in cui abusi di un’altra persona, la uccidi nel modo più atroce.
Hai fatto comunque bene a non far proseguire oltre le azioni di Hidan, mi sembra già abbastanza così. Non riuscirei a immaginarmi un Hinata dopo un eventuale compimento di simili maniacali propositi. Inoltre, come hai già detto, non si merita questo. Sarebbe davvero troppo...
I lividi, me li immagino, la firma di un uomo che voleva mettere a tacere una ragazza. Deve essere tanto vuoto, anche lui.
Sono curiosa di vedere la sua reazione, anche se so già che mi stupirai nuovamente, come sempre, d'altronde :)
Forse è già stato inviato, il prossimo capitolo.
Che ritardo, me ne scuso nuovamente. Questa volta mi sono proprio superata: 10 giorni dalla pubblicazione TT-TT
Scusa ancora, carissima ♥
Un abbraccio,
Mutny |