Piano, piano… Lemme, lemme, sto recuperando pezzo per pezzo, occhio per occhio, parola per parola giusto per sopprimere le ridondanze che finirebbero per sciupare di amianto queste tensioni che mi rendono partecipe del nulla compromettente. D’altronde, il gusto del recensire deve essere assaporato nelle giuste tempistiche.
Il bello dei personaggi di Disavventure è che sono vividi come le sfumature di una mattinata fresca: ci vuole un po’ per metterli a fuoco, ma quando succede è pura magia, un amplesso inatteso di emozioni che si stringono intorno a quel filo cancerogeno che attraversa queste pareti di cemento; quello spessore così accentuato rischia di mettere in ombra la narrazione, in un gioco di equilibri precari, che il tuo estro rende sorprendentemente spontanei.
Il bello di Disavventure – e di Final Fantasy VII, in generale – è il fatto che gli eventi seguono una tendenza ciclica, presentandosi con dinamiche diverse, osservate con arguzia dall’onnisciente ed empirico occhio scrutatore, incarnato in sogni confusi e, chi lo sa, forse più reali della realtà stessa.
Si parte con la pazienza lustrata sulla fronte sudata e su un coraggio bruciato sull’orlo del baratro fino a sfociare in un canto di dolore intonato dalle onde.
Un capitolo assolutamente sublime, impregnato del sudore della fronte e una certa compiacenza crudele.
Concedimi una riflessione ai limiti dell’indecenza.
Non so se sia una casualità o meno, ma ogni volta che Shera è incagliata in una situazione domestica o anche solo sfoggia le sue grazie in uno dei rari momenti in cui suo marito non fa da becchino, fingendosi un esecratore cinico.
“Reno è comodamente seduto sulla sedia a sdraio e di tanto in tanto beve la sua bibita fredda facendo rumore con la cannuccia.”
Altro punto che mi sento di portare alla luce è il fatto che Reno – anche se la sua natura lo prevede – si trova a suo agio sempre e comunque; per farti capire, non si farebbe problemi a stare a petto nudo, con la bibita fredda in mano, mentre l’affascinante signora Highwind libera il cortile dagli escrementi. I colloqui tra i due, sebbene siano circoscritti solo all’ambito della convivenza forzata estiva, sono fonte di grande diletto per me e – immagino – per quella testa calda di Cid.
Il bello della tua storia è che riesci a intrecciare armoniosamente relazioni tra nature apparentemente recessive o che non hanno mai avuto nessuna interazione, rendendole assolutamente plausibili: è l’intero contesto che è così drammaticamente adatto alle circostanze; ad ampliare i legami rimasti in sospeso. E’ affascinante, davvero.
Dopo i primi capitoli, sostanzialmente disciolti dal filo conduttore principale che si snoderà fino al prossimo, inizia la fase clou: Rude e Cloud (e parzialmente Tifa) si crogiolano nella precaria essenzialità delle loro azioni, che non hanno sortito gli effetti che speravano poiché si sono affidati agli eventi, invece di dominarli. Rude non ha mai mostrato un palese interesse verso Tifa, almeno verso lei direttamente, quindi deve accettare passivamente le conseguenze della sua indolenza; similmente ha fatto Cloud con Aerith, poiché c’era un meccanismo d’automa dentro di lui che negava ogni coinvolgimento sentimentale (la sua morte l’ha sbloccato).
Hai offerto uno spaccato di “vita” di Rude: fa parte della sua quotidianità, secondo me, congedarsi dall’abito gessato per indossarne uno più informale, che possa aiutarlo a far mente locale, mentre fa il giro dei bar insieme a Reno, ma non per divertirsi, bensì per fare chiarezza nei suoi pensieri, coperti da una coltre scura come le lenti che porta sempre e comunque. Il che fa davvero tenerezza.
Rude sa di non essere fatto per Tifa, ma più di tanto non può fare nulla.
“[…] L’unica faccia tosta che poteva pensare di fare lo splendido con lei era Zack Fair, ma sappiamo tutti che fine ha fatto”
Forse vedeva in Zack Fair un potenziale rivale per le attenzioni di Tifa, dato il suo charme da smargiasso e quando è passato a miglior vita, sperava di poter avere qualche chance in più… In realtà, Zack Fair è solo un’altra giustificazione per il suo poco spirito d’iniziativa che gli ha costato la felicità.
E, a proposito della Fack, ti sono grata per aver inserito questo scorcio che – per quanto insignificante – ha fatto breccia nel mio cuore:
“Zack Fair e Tifa Lockheart?!?
… Non suona così malaccio …”
E se lo dice quel grande intenditore di Reno: se Zack fosse stato vivo, probabilmente avrebbero formato una delle coppie comiche più scalmanate e casanova di sempre.
In questo momento sto ascoltando una canzone di Mina e Celentano – Brivido Felino – e mi sembra più che mai adatta a Zack e Tifa… E a Reno ed Elena; incredibile i parallelismi che intercorrono tra queste due coppie.
“- E che avrà mai di tanto speciale questo Cloud Strife? Non lo capirò mai! Prima l’Antica, poi la Lockheart, ho saputo che la Kisaragi a suo tempo si era presa una cotta per lui e, a detta della figlia di Wallace, sembra che abbia accalappiato anche la sua maestra … Ci manca solo l’ex Tviest e la festa è fatta –“
Ah, come muovi bene Reno: riesci a rendergli giustizia senza il benché minimo sforzo (sappiamo che è solo Vincent che ti fa impazzire); gli metti in bocca le parole giuste e lo rendi carismatico, inflessibile, adorabile e irriverente al tempo stesso. Sublime.
E per quanto riguarda l’abilità da seduttore di Cloud… Non si è accalappiato la collega Turk del rosso che, secondo me, non considera una donna, ma LA donna: tra tutte le donne che Reno ha avuto, Elena è l’unica con la quale condivide un sentimento concreto, che verta questo sull’odio profondo o sull’amore sublimato.
Passiamo a Tifa e a Rude. Mi credi se ti dico che questa è la prima volta che leggo una loro interazione?
Altro pregio esclusivo solo della tua persona: non ti fermi ai collaudati standard del mainstream dei fan, quindi riesci andare oltre gli intrecci più “piccanti”, per così dire. Rude e Tifa sono di una tenerezza assurda, empatici perché – inconsapevolmente – condividono lo stesso, infausto destino: l’incombenza di una paura sempre più impellente che frena ogni loro istinto (ecco perché Tifa ha il cuore chiuso e Rude porta sempre gli occhiali).
“Dopo qualche minuto di esitazione si porta una mano al viso e si toglie gli occhiali. Non so il perché, ma sembra quasi voglia mettersi a nudo e la cosa mi sorprende non poco.”
Sottilmente, spieghi le motivazioni di un gesto che può sembrare avventato per la persona di Rude: per una volta, non si accontenta di una realtà vista dietro degli occhiali scuri e vuole constatarla con i “suoi” occhi, la sua personale visione di un qualcosa che non potrà mai raggiungere, ma solo sfiorare.
In questo frangente, mi ha ricordato molto Tifa: non appena lei ha cominciato ad aprire la serratura della sua porta, ha lasciato che un po’ di luce entrasse nel suo cuore; Rude vuole sfruttare i benefici di vedere in modo più chiaro la realtà, senza aspettarsi nulla, ma solo assaporare un effimero istante.
“Gli auguro di cuore di trovare una brava ragazza, al contrario di Reno mi da l’impressione di essere proiettato verso la vita familiare e la tranquillità.”
E Tifa, con sottile verve materna, riesce solo a fare da sfondo al colloquio tra i due che si snoda senza intoppi, in modo spontaneo e dolce; uno dei dialoghi meno artificiosi e profondi che costellano il grande mondo delle storie amatoriali, dimostrazione efficace che le carte vincenti da giocare non sono sempre la “malizia” e il “botta e risposta” vivace.
Mi sono sembrati due amici che non si erano mai detti niente perché frenati da un timore che alimentava ogni loro inibizione.
Rude riesce a liberarsi di uno di questi blocchi emotivi nella frase di commiato, quel saluto trapelato come una sottile dichiarazione dei suoi sentimenti e la definitiva accettazione della realtà: il contrasto tra le loro mani dà un tocco di suggestione all’atmosfera intimistica che si è andata a creare tra i due, senza alcun fraintendimento.
“La voce di Cloud mi fa trasalire. Alzo la testa e i suoi occhi luminescenti mandano lampi. La cosa mi fa preoccupare, in genere non dimostra mai così apertamente ciò che pensa. Anzi, non credevo potesse infuriarsi così per un nulla.
Non avrà pensato che …
Ma cosa sta succedendo tra noi?”
E Cloud incrina questa atmosfera con una facilità sorprendente: rischierò di ripetermi, ma il tuo Cloud è uno dei più umani che abbia mai letto. Hai saputo prendere gli stereotipi, tritarli in una pentola piena di carta e inchiostro, scuoiarli della carne superflua e portando alla luce un nuovo lato di Cloud, mai esplorato fino in fondo. Non hai dato una semplice interpretazione personale di questo personaggio e lo si avverte in modo più evidente nello step successivo, quello tanto decantato da me e che considero uno dei sprazzi Clerith migliori che abbia mai letto…
Cloud cerca di trovare una giustificazione per la furia quasi omicida che ha invaso il suo corpo, alimentato da supposizioni sempre più impellenti e dubbi che non lasciano scampo a nulla: cerca di non colpevolizzare se stesso, gettando la colpa sulle più probabili minacce alla stabilità sua e di Tifa, dimostrandosi quasi “immaturo”, proprio come un uomo vero (non un ‘vero uomo’, eh). Ecco perché è così facile non biasimarlo, ma lasciare che gli eventi prendano la loro piega perché – riprendendo la teoria aristotelica dei “luoghi naturali” – Cloud ritornerà al luogo al quale è destinato. Questo luogo è dove si trova Tifa.
I loro cuori, però, non mi sono mai sembrati così distanti.
Hanno bisogno di un catalizzatore.
Cloud si sfoga nel modo più virile possibile: annacquando nell’alcol fin quando un dolciastro e pesante odore di fiori non invade le sue narici, ennesimo monito per la sua incoscienza. Ora Cloud sta per essere mondato dai suoi dubbi.
“- Ciao, ciao!-“
Solo Dio sa quanto ho aspettato tutto questo.
Quando qualcosa inizia con questo saluto, nella vita di Cloud, si può star certi che nulla sarà come prima; nulla avrà le stesse, monotone dinamiche; sarà stanco di viaggiare tra le righe e troverà sollievo per i suoi dubbi.
La voce gli è più familiare che mai: non l’ha mai scordata. La sua presenza gli è più familiare che mai: non si è mai allontanata.
Hai evidenziato, in questa prima parte, il lato materno di Aerith che, onnipresente sempre e comunque, ha deciso che quello era il momento in cui lui aveva più bisogno di chiarimenti; è pienamente cosciente che non può farcela da solo. La natura del rapporto di Cloud ed Aerith è ambiguo: sembra quasi che lui si senta in dovere di ascoltarla per non venir meno ai suoi sensi di colpa; per altri versi, è pienamente cosciente che può uscire dal tunnel buio solo se afferra la sua mano.
“- E’ un sogno? -
- Ha importanza?-“
Come muovi bene Aerith: le rendi pienamente giustizia.
Lei dispensa sempre queste risposte intriganti che, imbrigliando la mente di Cloud di nuovi dubbi, non fanno altro che allentare gli altri. E’ paradossale, ma è uno dei capisaldi del loro rapporto.
“- Perché sono qui? -
- Hai sbagliato di nuovo domanda, dovresti chiederti perché io sono qui – in effetti guardandomi intorno sono rimasto esattamente nel punto dove sono caduto. Tuttavia ciò che mi ha risposto continua a non fornirmi nessun chiarimento.
Tipico di lei.”
Perfino Cloud ammette che è lei a tenere le redini del gioco. Lei è l’unica che riesce a dominare le sue sensazioni senza un approccio da despota. Questo perché le loro menti scivolano l’una sull’altra, intrecciandosi in amplessi confusi e che prendono i colori del tramonto, del verde dei suoi occhi, del rosa carne delle loro mani e della notte che si staglia dinanzi a loro.
“- Ho saputo che ti sposi, Cloud Strife-“
Lei non usa mai mezzi termini.
Vuole metterlo alle strette, vuole fargli prendere coscienza dei suoi dubbi che – pur non diventando certezze – allenteranno sempre più la presa al suo cuore e non offuscheranno più la vista.
Aerith fende queste nebbie con una malizia sopraffina e raffinata.
“- Cloud … Io ti sto cercando -
- … ? -
- Voglio incontrarti-
- Ma io sono qui!-
- Lo so, lo so … intendo dire … Voglio incontrare … te-“
E’ interessante come intrecci parallelismi del “passato” non proprio idilliaco e del presente, anche lui contornato da sfumature scure, malinconiche, brune: due oceani neri e due luci da trovare. Cloud non sa che queste due luci sono sempre state lì per lui.
Sembrano due elementi contrastanti questi parallelismi, ma penso servano a fare più chiarezza nel modo di vedere le cose e prendere ulteriore coscienza dei sentimenti che aveva per Aerith. Ho deliberatamente evidenziato questa frase perché – dopo tanto tempo – Aerith ce l’ha fatta ad incontrare Cloud; è riuscita a trovare anche lei la sua luce nell’oceano nero.
“[…]è così facile parlare con Aerith, le parole lasciano la mia bocca come se non passassero dalle labbra. E’ una specie di flusso di pensieri che dalla mia mente si riversa direttamente nella sua.”
Hai perfettamente reso l’idea del loro rapporto – non del Clerith, in generale – ma hai scavato nell’individualità di ognuno e hai saputo intrecciarla con il forte legame che li unisce nel destino infausto.
Mi trovo d’accordo su tutta la linea e, davvero, non so dirti quale meraviglia plasma il tuo estro ogni volta che scrivi di questi due o anche solo dai un accenno in un contesto già confuso di suo. Questa è la mia luce nell’oceano nero.
“- Dimmi un po’, Cloud, tu la ami?-
Questa situazione è assurda.
- E sei proprio tu a rivolgermi questa domanda!-“
Aerith, di contro, è pienamente cosciente dei veri timori del cuore di lui e un po’ si è sempre sentita responsabile della serratura chiusa di Tifa, dello sguardo vacuo di Cloud e dei suoi dubbi sempre più impellenti, scalpitanti e scalmanati.
Sta cercando di testare la medicina che ha creato su di lui, in modo che possa alleviare la malattia di massa che si è diffusa a macchia d’olio da tempo.
“- Ma certo, sono l’unica a cui non riusciresti a mentire. Potresti farlo con te stesso, ma non con me-
Una volpe, ecco cos’è! Altro che Antica …”
Cloud non riesce ad ammettere nulla a se stesso e ha bisogno di qualcuno che possa essere specchio dei suoi dubbi, dei suoi pensieri, delle sue incertezze; qualcuno che possa addossarsi pesi gravosi e renderli più leggeri, che possa aiutarlo a fare chiarezza.
Aerith non è una presenza che rende il tutto più confuso, al contrario, è proprio ciò di cui Cloud ha bisogno. E l’ha salvato, un’altra volta.
“- Tifa è … un po’ di luce in un oceano di nero -“
Il testimone passa a Tifa, ora.
E’ lei, ora, che deve farsi carico dei suoi pesi e renderli più leggeri; è lei che deve raccogliere i cocci; è lei che deve aiutarlo a fare chiarezza… Aprendo un po’ la porta.
Aerith sta solo aiutando Cloud ad accettare tutto questo, senza che viva con il rimorso di sempre o arrancando scuse su scuse.
“- Aerith!-
- Sì?-
- Cos’è quella cosa che desideravi tanto prendere?-“
Una luce intrappolata in un bacio.
Il momento più profondo dell’intera storia. Ciò che mi è piaciuto di più è che hai saputo umanizzare Aerith, dandole quell’apporto carnale che tanto manca, che tanto è ignorato, che tanto è offuscato dal suo spirito di sacrificio. Aerith voleva aiutare Cloud e, allo stesso tempo, alleviare i tormenti di se stessa: a differenza di Cloud, però, lei conosceva la sua medicina.
Lei ha curato lui e lui ha curato lei; non si sono chiesti nulla in cambio, hanno fatto tutto da soli.
Struggenti sono l’arrivederci e le promesse che si fanno, allietate sempre dalla reciproca intesa e della malizia che Aerith dimostra in ogni circostanza. E’ così “lei”.
Vorrei citare il mio gruppo preferito, con una frase che, secondo me, si confà al loro rapporto e alle circostanze.
“Sono venuto qui con un peso e lo sento molto più leggero da quando ti ho incontrata”
Tu hai saputo rendere appieno questa frase – se non l’intera canzone da cui è tratta la frase (Green Eyes – Coldplay) – quindi pollici bene bene in su.
Davvero, vorrei tanto poter dire di più, ma le parole mi si incastrano nella mente, si aggrovigliano e si disperdono senza darmi il tempo di acchiapparle; sappi solo che non leggevo una cosa del genere da tempo e ne sono felice.
Già come storia singola, questo piccolo sprazzo di luce Clerith, è perfetta quindi ottimo lavoro.
“Un alito di vento dal mare fa oscillare il fiocco bagnato che portiamo sugli avambracci.
Perché mi sento come se avessi perso?”
Tifa, a differenza di Aerith, con Cloud si incontra, si alterna, combatte, si strugge, si dimena, si calma e poi bacia. E poi il circolo vizioso ricomincia dall’inizio.
Tifa non ha perso: ha vinto una nuova consapevolezza e non sa che sta per affrontare una nuova battaglia per porre fine alla guerra. E’ una fase per porre fine al circolo vizioso.
E, intanto, Aerith fa ancora capolino tra i due, incarnandosi nei fiocchi rosa che portano agli avambracci, deliberatamente evidenziati…
Sembra quasi che Aerith stia tenendo per mano entrambi e li stia mettendo davanti al proprio destino, mentre Cloud e Tifa sono l’uno di fronte all’altra… Con i cuori aperti e la coscienza pulita. Ma forse, questo non basta ancora…
Tesoro, ti ringrazio ancora una volta di esistere e averci fatto dono del tuo estro e di questa storia che, e posso dirlo, sta mietendo sempre più vittime. Non solo cartacee.
Continua presto e intanto cerco di rimettermi in pari con le recensioni.
Alla prossima,
S. |