Recensioni per
Gorgoglìo.
di hiccup

Questa storia ha ottenuto 269 recensioni.
Positive : 267
Neutre o critiche: 2 (guarda)


Devi essere loggato per recensire.
Registrati o fai il login.
Recensore Veterano
29/05/14, ore 15:16

Premetto che le frasi che ritornano a mò di ritornelli nelle poesie mi piacciono molto, fanno da filo conduttore e fanno in modo che dimenticarsi di loro sia difficile - per questo serve la frase giusta, altrimenti il rischio è di creare qualcosa che non sia originale, musicale, particolare. Ho apprezzato la tua scelta, una domanda (retorica?) su cui mi sono soffermato ad ogni strofa con piacere.

La prima strofa la trovo meravigliosa, c'è un senso di inadeguatezza che incontra un pressante e intenso bisogno d'espressione, la necessità di fare - dire - qualcosa, perchè vale la pena tentare, anche se scriverne può diventare estremamente complicato. E offre il preambolo adatto alla strofa successiva, una difesa strenua dell'amore libero e sincero, della priorità d'una persona, nel complesso, piuttosto che su un suo aspetto, piuttosto che su un aprioristico genere.
L'argomento è delicato e, come hai ammesso tu stessa, difficile da trattare senza correre il rischio di sentirsi fraintesi. Ma credo che, a prescindere dalle posizioni proprie di ciascuno di noi, sostenere possibilità uguali per tutte sia un punto di partenza del quale non si possa fare a meno in una società laica e pluralistica. Come ben affermi nelle strofe successive; e mi piace come tu abbia evidenziato la discriminazione con le sue assurde fondamenta, mi piace il riferimento all'universo che si muove nonostante (quel nonostante tutto non credere che non l' abbia notato - e che non abbia sorriso, nel rileggerlo per l'ennesima volta) le intenzioni di chi vorrebbe renderlo fisso e rigido.
Alla fine è pur sempre amore.

L'ultima delle quattro strofe è meno "poetica" e più formale, forse un tantino più aggressiva; succede quando ti fai paladina di un qualche ideale poco rispettato - e il suo mancato rispetto ti dà ai nervi, è chiaro e comprensibile.

Una bella poesia su di un tema difficile. Brava!

Recensore Veterano
26/05/14, ore 13:38

Yep, un ritorno al passato è utile se serve a progettare un futuro migliore, ma diviene tossico se serve solo a cullarsi in rimpianti ed illusioni.
Per questa ragione selezioni accuratamente il passato su cui vuoi ritornare, secondo procedimenti attenti e precisi:

1 - senza rimorsi, senza pensieri, senza giudizi,
2 - cercandovi tra le lunghe fila dei collegamenti,
delle idee; si cancellano gli eterni e se?
3 - s’ignorano i ma, i però e i nonostante tutto.

L'idea è di purificare, credo, i ricordi, per ricondurli ad azioni e sensazioni che ci hanno resi ciò che siamo, nel bene e nel male.
La poesia non mi ha fatto impazzire, nel senso che non è tra le mie preferite ma mi piace, il fatto è che ormai so di cosa sei capace e vorrei che riuscissi a scrivere sempre "al top", sebbene questo sia impossibile; sarebbe troppo pretendere che tu scriva 365 capolavori, però mi accontento di qualche capolavoro e di molte poesie belle e poche poesie meno belle, come avviene adesso :3
Brava!

ps.

"si cancellano gli eterni e se? Che logorano"

Io avrei scritto in corsivo anche il punto interrogativo, così da mettere il che minuscolo :)

Nuovo recensore
26/05/14, ore 02:41

Molto carina.. spero che in un modo o nell'altro il tuo augurio si sia rivelato efficace

Recensore Master
25/05/14, ore 23:12
Cap. 121:

Mi sono imbattuta per caso in questa raccolta e ho notato un sacco di commenti. Di conseguenza ho notato anche 145 capitoli fatti fin'ora e mi sono incuriosita, non potevo non dare un'occhiata.
Ho visto il tuo progetto e rendendomi conto della mia stanchezza, dell'ora e del conseguente fatto che non avrei potuto per queste ragioni godermi appieno le tue poesie ho scelto questa data, senza pensarci troppo.
Mi piace davvero. L'incrocio tra natura e una cosa così artificiale eppure allo stesso tempo così naturale ed essenziale per l'uomo come un libro mi ha colpito in positivo.
Ma la cosa che più ho adorato (e che tutt'ora adoro rileggendo quasi compulsivamente) sono gli ultimi quattro versi. Non potevi porre miglior enfasi col corsivo in un punto migliore.
Ti faccio i miei più sentiti complimenti, mi hai fatto sentire questa poesia un po' mia, come se mi rispecchiasse ed è una cosa straordinaria. Ancora complimenti.

Recensore Veterano
25/05/14, ore 15:44

Mi piace, mi piace, mi piace.

È stupenda, sul serio, di un'intensità avvolgente e straziante. Ci sono versi e immagini di una bellezza davvero non comune, come:

"e l’orizzonte si delinea prepotentemente ustionato."

"E la notte piomba su di noi, implode in se stessa e nei nostri cuori;"

"incateni lo sguardo agli astri brillanti e ineffabili e non mi guardi,
non mi vedi;"

Ed è l'intera poesia ad essere bella. Ma non voglio liquidare l'intera poesia con qualche complimento; vorrei rvederla con più attenzione, spero a te non dispiaccia (ho sempre paura di risultare inopportuno nello scomporre e ricomporre a mio piacimento poesie così "forti"; se dovesse essere così, dimmelo).
Il titolo è forse trascurabile in una poesia del genere; rivela qualcosa dei versi a seguire (nei sogni si piange) e aggiunge qualcosa (e s’inghiottono le lacrime), ma dopotutto non è essenziale. Peraltro il verbo "inghiottire" è curiosamente presente, ma in altre vesti, riferito non a te, bensì a lui.

"Cammino, cammino, cammino
e il sole quasi muore, oltre le nubi,
e l’orizzonte si delinea prepotentemente ustionato."

Che inizio! Temporalità, l'avanzare della vita, il susseguirsi dei giorni, l'orizzonte ustionato. Splendida.

"Rileggo solerte tra i miei passi incalzanti, cadenzati, veloci
le pagine della giornata scritte con calligrafia febbrile e scomposta:
i libri letti, le leggende sfogliate, i miti amati;
le persone lontane e le persone vicine;
le risate sonanti e le lacrime dolceamare;
i singhiozzi, i singulti e i silenzi assordanti;
le proposte ilari e le promesse nuove, ridondanti."

Le tue giornate, in effetti, sono composte di pagine; in forma di lettere, libri, diari, favole e testi teatrali. E di poesie soprattutto, che racchiudono il tuo intero universo di azioni e passioni, si fanno persino metapoesie all'occorrenza.

"Cammino, cammino, cammino
e il già sole muore, oltre la tua fronte candida,
e le nuvole si chiazzano d’emozioni e di sentimenti forti;
stillano sangue vermiglio e ceruleo,
tingono le stelle e coccolano la luna acerba."

Strofa che si ricollega ai primi versi, con cui costituisce una sorta di contestualizzazione geografica ed emotiva, una confusione di ruoli resa possibile ed omogenea dall'attività onorica.

"Sospiro una, due volte, tre volte:
un eterno ritorno, un eterno divenire - un’eterna fine?"

Questa è la tua interiorità esistenziale che emerge prepotentemente; d'altra parte è inevitabile che la ciclicità, l'apparentemente infinita successione di gesti identici e azioni monotone e ripetitive, di sforzi compiuti che ad uno sguardo riflessivo ed attento appaiono vani o inutili, che insomma ciò che compone la vita possa essere solo un cumulo di sassi accumulati uno sull'altro, nell'attesa che si formi un ammasso troppo ingombrante, nell'attesa che crolli tutto.
Conta davvero la maniera in cui impegniamo i nostri sassi nell'attesa? Che differenza fa posizionarli su di un lato o su un altro, che cosa può importare averne uno in più o uno in meno?
Siamo destinati a cadere, dopotutto. Che senso dovremmo trovare in questo? Che senso dovrebbe avere l'attesa?

"Mi fermo, ti guardo, ti sorrido tra le ciocche di capelli profumati
E cerco la tua mano nell’incantevole sogno audace di primavera;
l’afferro con dolcezza e fermezza, insieme, e la stringo;
non voglio perderti ora che ti ho trovato, sussurro."

Dolcissima. Meriteresti di vivere tutto questo sulla tua pelle.
L'audacia sta nello scovare e nell'appropriarsi della tua guida, un senso valido all'andare ripetitivo, all'eterno divenire, all'eterna fine di cui ti torment(av)i, l'audacia sta nell'avere qualcosa che tu credi di non meritare e che immagini non avrai mai modo di possedere davvero (sei pur sempre una drama queen per usare le tue parole).
Questa è la parte più dolce del sogno. Non finisce così; in psicologia qualcuno direbbe forse che non finisce così proprio perchè tu reputi improbabile che finisca così, forse pensi addirittura di non essere degna o abbastanza bella per un finale del genere. Dove la belleza è da intendere a tua discrezione - e a quella del tuo inconscio.

"E la notte piomba su di noi, implode in se stessa e nei nostri cuori;
li arresta e noi piangiamo l’uno le lacrime dell’altra;
le mani si stringono ancora e i pensieri fioriscono nelle tempie.
Arriva la tempesta, la grandine, la disperazione
e le nostre nocche si scheggiano, si lacerano i nostri petti, si strappano i sorrisi,
i miei occhi piangono rimorso e i tuoi piangono desiderio confuso;
non voglio perderti ora che ti ho trovato, urlo.
E nessuno mi sente – nemmeno tu; inghiotti a vuoto e sparisci,
incateni lo sguardo agli astri brillanti e ineffabili e non mi guardi,
non mi vedi; e come potresti vedermi?
Vedi solo le costellazioni, tu, e dietro le costellazioni scorgi gli infiniti e se?
Ma non hai il coraggio di districare quei grumi possibili, inquietanti,
e quindi svanisci lentamente, inesorabilmente."

Questa è una parte da brividi, la più intensa, l'apice del tuo componimento.
La notte si fa portatrice di sventura, di lontananza, e la presenza benefica di lui svanisce lentamente, rendendoti facile preda della disperazione, delle paure che non ti sei ancora scrollata di dosso. La notte è vuota, buia, indifferente; lo sguardo di lui è rivolto alle stelle, ti fa sentire estranea e ti ti fa sentire inferiore, imperfetta.
E quelle stelle sono come le sfere fisse degli antichi, affascinanti ma immobili ed irrazionali, e lo sguardo di lui non va oltre e non compie il giro dell'universo per ritornare a terra, da te, per andare oltre quei futili e se. Le lacrime strisciano via, inghiottite in un vuoto che non rende loro giustizia.

"Mi sveglio, mi sveglio, mi sveglio
E non respiro, non respiro, non respiro;
solo un sogno, solo un sogno, solo un sogno."

Hai scritto sogno, non incubo, nonostante tutto. Un sogno che fa mancare l'aria.

Non vado oltre, forse ho già scritto anche troppo. Commentare queste poesie mi fa sempre sentire un po' in colpa, sono così intime e forti...
Ribadisco soltanto che mi piace, mi piace, mi piace.

Recensore Veterano
23/05/14, ore 21:23

Sembra un ritorno alle origini, aww.
In questa poesia c'è tanto di te, di quello che sei stata, c'è maturità poetica e esistenziale (relativamente al percorso di questa tua raccolta); mi è sembrato che ci sia un'accettazione di te, oltre che di ciò che è stato. Mi piace perché con parole soffici hai tentato di raccontare una circostanza fortunata e piacevole, scaturita dal profumo dei gelsomini e da quell'estasi cerebrale che ne è derivata, con la materia grigia che per qualche attimo si è scomposta di fronte alla loro bellezza disarmante e forse ne è stata addirittura contagiata, come se quei gelsomini e più in generale quel paesaggio naturale avessero il dono di tramutare in fiore ogni corpo umano al solo contatto. O forse ha solo permesso alla bellezza di scoprire se stessa, per qualche attimo si è fatta manifesta in quelle leggere ninfe che cantano della loro vita, ma con parole - oh, con parole celestiali, bellissime.

Una bella poesia d'una splendida ninfa, complimenti.

Recensore Veterano
23/05/14, ore 12:46

Ieri pensavo che sarebbe bello, un giorno, poter rileggere tutte le tue poesie, una dopo l'altra, dalla prima all'ultima; sarà come leggere una raccoltà vera, come una di quelle che trovi in libreria, con quell'introduzione scritta da qualcuno che personalmente odio abbastanza (io sono molto critico con le introduzioni; esigo che mi raccontino dell'autore senza spoilerarmi nulla, che mi dicano del suo contesto storico e culturale, che accennino ad altre opere, ma tutto senza spoilerare nulla! Ehm sì, lo so, una richiesta un po' difficile da accontentare). E sarà come osservare dei fotogrammi che tracciano dei movimenti impercettibili eppure presenti. Sì, alla fine di questa raccolta dovremo rileggere tutto ciò che hai scritto, sono anche curioso di sapere cosa tu ne penserai.

Questi versi li trovo particolarmente dolci, specie la prima strofa che è sul serio delicata e tiepida come quelle parole di cui parli. In genere raggiungere un equilibrio, seppure precario, è un buon segno, è un primo traguardo. E nonostante l'avvertimento della seconda strofa, di quell'incertezza che incombe minacciosamente, c'è la riaffermazione conclusiva che dialetticamente sintetizza positività e nagtività, che ne riafferma l'attimo d'equilibrio. Mi domandavo:

"le risa cristalline della primavera superba,"

Superba come lo intendi in questo caso? Come un peccato di superbia o come uno splendore forse altezzoso ma meritato?

Infine, quel quasi salutare fra parentesi... è la tua autocoscienza, credo, forse ti ricorda che quest'equilibrio passivo ti aiuta a soffrire meno ma allo stesso tempo di inibisce e non risolve i problemi della tua condizione attuale?

Recensore Veterano
22/05/14, ore 21:28
Cap. 141:

Te lo dico subito e senza giri di parole e senza inutili fronzoli, so che in questo caso lo preferisci: questa poesia non mi piace, mi sembra scritta svogliatamente e il tuo impegno espressivo è ridotto proprio al minimo sindacale. Una poesia che sembra riempire una pagina bianca un po' fredda e spaventosa, per utilizzare le tue parole più recenti. Ed è un peccato, perché il tema è veramente vitale, nel senso che i libri rappresentano la linfa vitale per alcune persone (io fino a ieri sera ero perso fra gli infiniti scaffali della Feltrinelli <3) ma tu l'hai trattato in maniera asettica, secondo stereotipi e con un una brevità che, in occasioni così importanti (ufficiali se vuoi, sì), non ti appartiene.
Un passo falso, giustificato perché una raccolta non è mai perfetta, specie se scritta da una ragazza così giovane e con limiti di tempo così rigidi da rispettare. Lo so, a volte scrivere non è facile (capisco il tuo stato d'animo contraddittorio, si ritorna sempre a quell'odi et amo che è caratteristico di così tanti aspetti delle nostre vite...) per le più disparate ragioni, in primis legate alle proprie condizioni fisiche, mentali, "storiche".

Comunque mi ha incuriosito la citazione iniziale, cos'è? Ultimamente ho notato che ne inserisci molte, di citazioni, stanno in parte rilevando il compito di quei piccoli proemi in forma dialogica che adesso usi più raramente. E no, non è una critica, solo una delle tante osservazioni sull'evoluzione del tuo modo di scrivere :)

Recensore Veterano
22/05/14, ore 15:35
Cap. 140:

Non ho visto il film della citazione, però devo ammettere che mi ispira tantissimo. Me lo consiglieresti?
I tuoi versi di oggi - il mio oggi - sono fin troppo veritieri e mi trovo quasi in difficoltà a commentarli. L'inizio, il verso che apre le danze, mi piace moltissimo: un po' assurdo. C'è la tua solita modestia, o meglio, l'assenza di presunzione. Dopotutto, è assurdo secondo alcuni punti di vista; il tuo, il mio, molti altri. Ma altrettanti (e forse più) sono quelli diametralmente opposti e che, in effetti, hanno il privilegio di governare l'andamento del mondo a quanto pare. Siamo la metà più debole, temo.

"che sembra contare è la mera e scarna apparenza,
l’involucro delle cose, l’aspetto esteriore."

Yep, è questo il risultato di processi socio-economici che da secoli alienano l'uomo, che mercificano ogni essere umano secondo valori che seguono standard stabiliti a priori e su scale che tengono conto più dell'esteriorità che dell'interiorità. Purtroppo penso sia "normale", quando mai l'interiorità umana ha avuto il primo posto sulla, poniamo caso, bellezza esteriore?
E non sarò certo un ipocrita, perché ammetto di essere anche io, sotto diversi aspetti, un'esteta; non mi fermo all'apparenza, questo no, eppure l'esteriorità non mi è indifferente (non lo è a nessuno presumo, ma potrei essere io allora a peccare di presunzione, eh?).
Siamo quello che siamo e spesso siamo terribilmente superficiali. Per quanto desidererei che il mondo fosse un po' diverso a tal proposito, non riesco a fargliene una vera colpa, è qualcosa di naturale.
E in fin dei conti sono d'accordo con te: è un po' assurdo che sia così, ma solo un po'. Non è assurdo, solo un po' assurdo. Sarebbe meglio che le priorità fossero diverse, ma è comprensibile che siano così, se ci volgiamo alla nostra storia e alla nsotra evoluzione, se rintracciamo le nostre origini e ammettiamo che non ci scrolleremo mai di dosso certi istinti che ci accompagnano dall'alba dei tempi e non scompariranno senza di noi.

"Mentre l’anima, il carattere, le abilità vengono
scomodamente surclassate da idee preconcette
futili ed inermi giudizi leggeri e infantilmente soffusi."

I versi sono belli, però stavolta sono in disaccordo. Le abilità, fintantoché sono remunerative, non vengono affatto sottovalutate, anzi!
La ricchezza pare essere la bellezza più grande in questa nostra società moderna - sai, ci sono giorni in cui discuto con qualcuno e quando sento quel suo avido ed affamato interesse per i soldi, quei suoi progetti per il futuro il cui unico scopo è fare quanti più soldi possibili, mi chiedo se davvero non ci siano più razze di esseri umani a popolare la terra. Il denaro, certo, è una necessità e averne molto è una gran comodità, come metterlo in dubbio? Ma basare la nostra esistenza in funzione di esso, come si fa? Come si può? Io, se fossi così, non so come farei ad arrivare a cinquant'anni e poi guardarmi allo specchio. Chi sarei, cosa sarei? Un possessore di beni? A che pro? Sono anche consapevole che forse è questa prospettiva ad essere sbagliata. Se la nostra esistenza si chiudesse così, con questa misera vita, allora forse la filosofia, la scienza, la cultura, sarebbero ben poco cosa, un intrattenimento come altri; forse allora converrebbe essere edonisti.
O forse, comunque sia, non avrebbe importanza. La fine delle nostre esistenze concluderebbe alla stessa maniera la vita dell'assassino e quella del filantropo.
Ci pensi? Sarebbe un'ingiustizia crudele e spietata, saremmo tutti uguali.

"Ci si sforza di studiare la natura e la forma sensibile
dei pensieri; ecco: guardo oltre la pelle, la carne, le ossa,
il sangue pulsante, i muscoli stremati, le cellule frementi;
m’incuriosisco di cose altre, di storie diverse,
di voci narranti alternative: eppure si ritorna ancora e ancora
solamente all’apparenza."

Sì, la cultura viene osannata, celebrata, nei modi tipici di ogni periodo storico (oggi è di moda postare frasi carine su facebook di filosofi/scrittori di cui non si è mai letto nulla, giusto per far intedere che si è persone profonde; che tristezza), e poi sistematicamente snobbatta, accantonata, dimenticata alla prima crisi (interiore o di un intero sistema) e le scelte infine sono sempre condizionate da ragioni materiali, nothing else, nothing more. L'apparenza è tutto, apparire è esserci.

"Tutto ciò senza cattiveria od innocenza
aggiunta e sottointesa, giusto?
- Come no – ma la fronte si corruga perplessa
e le labbra si socchiudono in una serie di mute domande
condannate a rimanere senza risposta."

Come tante altre, del resto. La nostra sorte è questa, tanto vale farsene una ragione :)

Bella poesia, brava!

Recensore Veterano
20/05/14, ore 19:39

L'idea di una lettura della buonanotte è poco originale ma assolutamente dolcissima, aww :)
La poesia suppongo che sia ispirata alla lettura; perché leggevi di Alice (questo nome pare essere di moda ultimamente) nel Paese delle Meraviglie? Storia per far addormentare una sorellina o storia dedicata a te stessa, chi volevi addormentare?
Considerando la citazione in inglese penso sia più probabile la seconda, ma con te nulla è impossibile, no? Dopotutto, l'inglese è una lingua come tante, una delle tante, e son tutte belle (non potrebbe questo essere il tuo motto?).
Conosco la storia di Alice non benissimo, ma la trama, in linea di massima, è ben nota a tutti; quello che ho pensato, leggendo i tuoi versi, è che essa stride con la giornata che tu vivi, se paragonata alle "meraviglie" che Alice incontra e/o affronta (questa è la prospettiva che mi pare d'aver colto in prima battuta); la frenesia dell'universo rapidamente cangiante è poi ben intonata con la storia di Alice, presumo (sai, questo è forse uno di quei casi in cui, per poter comprendere pienamente la tua poesia, dovrei prima leggere dell'altro).
La poesia tocca un punto nevralgico e dolente delle nostre esistenze dubbiose ed inquiete: come conciliare il dinamismo di un mondo inafferrabile con la staticità di una vita singola, a volte sin troppo quieta? Capisco cosa ti abbia spinto a scrivere versi del genere, necessariamente autobiografici, ma d'altra parte non hai tenuto conto, magari volutamente in questa occasione, che ci sono quei momenti in cui ci si sente in pace con il mondo, in cui ci si sente far parte di quel mondo. Sono rari, forse passano troppo in fretta, ma non sempre siamo oggetti estranei che non trovano spazio; ci mancherà sempre un posto fisso e un baricentro stabile e capace di non farci girare la testa mentre il mondo saltella e corre all'impazzata senza attendere un attimo in più, eppure a volte lottiamo e riusciamo a farci spazio, troviamo un posto abbastanza comodo da cui osservare l'andamento e assecondarlo.
Se a te manca l'aria, per adesso, se a te serve più spazio, prenditi un po' di tempo e poi scaccia via i fantasmi che ti pressano tutt'attorno.
Sono sicuro che ce la farai, sono sicuro che tra non molto tempo ti sentirai anche tu più dinamica, andrai incontro alle tue personali meraviglie e girerai in sintonia (non perfetta, ma accettabile) con il mondo. :3

Recensore Veterano
19/05/14, ore 14:52
Cap. 136:

Da cosa è scaturita questa poesia? Hai letto l'opera teatrale? Sei stata a teatro? Hai visto una rappresentazione in tv?
Ti chiedo perché, sai, anche questo può pre-giudicare la tua interpretazione a riguardo e quindi saperlo potrebbe essere interessante. Anche se credo di poter indovinare: hai letto l'opera, giusto?
Tornando ai tuoi versi, mi piace l'argomento, è affascinante; oltre all'opera di S. letta taaanto tempo, ho letto anche una "Storia della caccia alle streghe" di Maxell-Stuart e recentemente ho visto le Streghe di Salem; non sono un appassionato di "occulto", quindi l'idea della magia m'interessa relativamente poco (la magia va benissimo per il fantasy, but that's all for me), ma da un punto di vista storico è interessantissimo capire quali condizioni storiche, nel corso del tempo, abbiano potuto favorire l'insorgere di una simile "mentalità".
Okay, ora ritorno ai tuoi versi sul serio. Come sempre, mostri di possedere un ottimo spirito di adattamento: questa poesia mi ha infatti trasmesso una sorta di atmosfera macabra, non salubre, commista però ad una marcata sensazione di incomprensione, come se di quelle anziane e cadenti streghe ci sfugga la verità più profonda. Un ottimo modo per ricreare le contraddizioni di questa figura storica.

"Le tre figure avanzano; si avvicinano silenziose.
Sibila il vento e frusciano le vesti scure
- cupe tanto quanto il cielo di questa notte:
riesci a vedere la grande e pallida luna insensibile?
Riusciresti a chiudere gli occhi sul mondo
e ascoltarne il lamento notturno, il canto d’amore perduto?"

Questa strofa, in particolare, è veramente esemplare! Qua l'atmosfera notturna e soprannaturale si tramuta in uno splendido tentativo di catturare l'essenza stessa del mondo, un'essenza non malvagia, è bene sottolinearlo, perchè qua il male ha radici agostiniane, è privazione e quindi mancanza di qualcosa. Le streghe, in un certo senso, sono come i minorenni/delinquenti di oggi: li etichettiamo come devianti quando in verità la loro devianza è dovuta ad una carenza educativa. Non si tratta d'avere qualcosa di 'sbagliato', è piuttosto il non avere qualcosa di 'giusto' che impedisce loro di integrarsi adeguatamente e di essere accettati dai parametri societari.

"biascicate da labbra screpolate e antiche tanto quanto il mondo."

Splendido questo verso che hai costruito!

Bellissima e variamente sfaccettata la poesia, bravissima!

Recensore Veterano
17/05/14, ore 12:05
Cap. 133:

A differenza della poesia precedente, qua il tuo ermetismo è un po' ingannevole e finto, nel senso che in verità questa è una strofa tipicamente tua, con le tue solite, maestose quasi, composizioni d'aggettivi, verbi o sostantivi. La differenza sta nella misura, una strofa ti è bastata (o l'hai fatta bastare), rinunciando a esplicare meglio, a girare intorno o a scavare ancora più a fondo. Ti sei accontentata di quello che è affiorato.
Bella la citazione iniziale che hai scelto ed appuntato su questa pagina, ma ci diresti da cosa è tratta?
Sulle parole, beh, quante parole si saranno spese nel corso dei secoli, dei millenni? Le parole sanno essere etimologicamente misteriose e accattivanti, semanticamente sorprendenti e poliedriche, garantiscono la comunicazione e l'informazione, il loro valore è indiscutibile. Ma il loro essere taglienti - eccolo il punto - la maniera in cui agiscono, la guerra partigiana che mettono in atto... è difficile che le rappresaglie possano soffocare lo spirito libero delle parole, la loro capacità di rimandare ad altro, i loro sotterfugi sono innumerevoli, ti colgono all'improvviso: persino l'etichetta di una bottiglia d'acqua può contenere parole capaci di rivelarsi taglienti. Le parole sono onnipresenti, non c'è angolo del cosmo e del nostro microcosmo specialmente che ne sia del tutto privo; se ci pensi, rappresentano una presenza inquietante che ci pedina, che ci controlla, che ci accompagna. Ma dobbiamo essere onesti - so che lo sei - e trascendere la tua poesia, questa tua prospettiva momentanea e particolare, per ricordare che le parole sono anche un'ancora di salvezza. Un'ancora e non una radice: sono mobili, ci lasciano spostare, ci lasciano andare avanti. Le parole non sono possessive, siano noi ad agganciarci a loro e a non volercene separare, a non voler prendere il largo.
Sai, mi ha incuriosito la descrizione iniziale di quelle parole spaventate, che contrasta con l'idea che mi sono fatto (e che tu mi hai fatto fare) di parole guerriere, anzi guerrigliere. E ora che mi hai fornito lo spunto, direi che potremmo definire le tue poesie un po' guerrigliere, perchè i loro versi e le loro parole raramente sono e lasciano inermi. E a ben pensare, ogni poesia che nasca da un intento sentito non può che essere tale, altrimenti sarebbe mera propaganda, un lascivo annuncio pubblicitario.

Bella poesia, anche se ti preferisco più prolissa oppure meno compositrice. :3

Recensore Veterano
16/05/14, ore 20:04

Uh, che bello rileggerti e ritrovare queste tue parole.
Peraltro noto una piccola voglia di rinnovamento, le tue ultime poesie sono più concise, si intuisce subito il tuo tentativo di racchiudere in meno parole la ricercatezza che ti ha contraddistinto finora. Sei un po' meno baroccheggiante, ma ogni cambiamento e sperimentalismo per me è ben gradito, lo sai bene.
Un dubbio, il titolo è scritto correttamente? Perché un errore è l'opzione più logica, ma se tu avessi scritto intenzionalmente "corte" allora per me si aprirebbero nuovi orizzonti interpretativi, lol.
La "melanconia" spiccava nel testo, mi ha fatto pensare alle accezioni che il termine assume nella sua versione inglese (e mi è quindi venuto in mente l'omonimo film), è inserito in una strofa tanto breve ma davvero dolce, musicale, quasi lineare - stravolta leggermente nella sua armonia da quell'oltre (da quel momento diventa meno lineare, con quel trattino e quell'ultimo verso che ne contiene due).
La seconda strofa invece rispetta pienamente quella sacralità del corteo, è rigida e rispettosa, appunto, e la trovo appropriata: come in un corteo funebre, non c'è spazio per gli eccessi e le stranezze, il luogo e il momento non sarebbero adatti.

La poesia complessivamente è melanconica ma suadente, sa catturare l'attenzione, sa trascinare il lettore fra le pieghe che assume, fisse come quelle stelle, in un lento andare tipico di un cielo senza sorprese e di un corteo che marcia cupo e silenzioso, nel suo ordinato, rispettoso e composto viaggio/omaggio.

Mi è proprio piaciuta, complimenti!

Recensore Veterano
09/05/14, ore 18:33
Cap. 126:

Una poesia quasi estranea alla tua raccolta: se non fosse per lo stile e il lessico, così tuoi nonostante il recente "cambiamento" (hai smesso di utilizzare un certo registro tecnico, eh?), l'avrei considerata un pesce fuor d'acqua, giusto per rimanere in tema.
Nuotare comunque è un'attività fantastica, veramente liberatoria, come dici tu, ti solleva e sprigiona energie che attraversano il tuo corpo intero e che si consumano così in fretta, è sorprendente! Ma lasciano addosso una sensazione piacevole, che ricompensa ogni singolo ATP bruciato.
Mi piace questa poesia, che peraltro mi incuriosisce in quanto priva di sfumature particolarmente negative o di riferimenti a certi motivi ricorrenti e di cui solitamente non riesci a fare a meno. Anche se in verità il nuoto è, per te, strettamente correlato al correre a cui va quindi riconnesso, dico bene? Tuttavia i tuoi versi restano puliti e quasi del tutto incontaminati, indi per cui meritano un certo riguardo.
Una piccola, piacevole parentesi, brava!

ps. per alcuni anni ho fatto nuoto anche io, sai? :3

Recensore Veterano
07/05/14, ore 20:38
Cap. 125:

Davvero bella questa tua poesia.
Andando forse un po' oltre le tue intenzioni, io credo che questa poesia possa rappresentare un manifesto per coloro i quali hanno intenzione di iniziare uno sciopero nei confronti dei loro ideali, mettendo in pausa il perseguimento dei propri sogni a discapito d'una realtà meccanica e materialista (mi ci ha fatto pensare sai cosa? Quel verso, "più arrugginita, più obsoleta").
Per ritornare al tuo personalissimo caso, è evidente il desiderio (mattutino?) di liberarti da certi pensieri, certi contorni, certe figure che ti assillano, in forme più o meno subdole ed eleganti. E l'alleanza con il "fuoco", capace di mettere fine a quei pensieri tormentati, è un involucro che nasconde quasi una disponibilità a fare qualsiasi cosa, pur di riuscire ad andare oltre quel qualcosa così penoso.
E magari sono pensieri d'un primo mattino, come degli spasmi involontari, sai bene che non devi assecondarli e che i tuoi pensieri - e i tuoi sentimenti - sono ciò che di più caro hai, no? Nonostante tutto.

Bella poesia, semplice ma bella.