Buonasera, quando hai pubblicato “la sirena, il santo e l’idiota”, ho letto la fanfiction nonostante l’avvertimento che fosse collegata a quest’altra storia, ripromettendomi di dedicarmici non appena avessi avuto un attimo di tempo. Purtroppo ho disatteso la mia stessa promessa e posso dire con convinzione che l’ho fatto unicamente a mio svantaggio, perché questo racconto è sublime. Completamente fuori dagli schemi. Sicuramente il primo nel suo genere con questi personaggi per protagonisti.
Appena ho cominciato a leggere e ho trovato che è stata scritta dal punto di vista di John mi sono subito rallegrata. Non che non mi piaccia il pov di Sherlock, ma oramai sono convinta che per rendere veramente giustizia al suo stesso personaggio ci sia bisogno di guardarlo attraverso gli occhi di Watson, un poco come accade nei racconti originali dopotutto.
Devo dire, non avevo un ricordo molto vivido dell’altra storia, forse proprio perché non era contestualizzata nella mia mente, quello che credevo però di trovare era uno Watson già pirata. Magari un prologo nel quale si capiva come avesse incontrato l’altro pirata e si fossero uniti in qualche avventura. Invece non accade nulla di tutto questo, piuttosto ci viene introdotto John che congedato dall’esercito, dopo aver vissuto un periodo non troppo felice con sua sorella, si allontana anche da Londra e vive in maniera spartana ad Antigua. Prova persino disprezzo per pirati e simili, i quali per lui sono solo dei fuorilegge.
Col prologo, come anche in qualche altro capitolo, dato che non è solo tutta azione, sei riuscita a farmi visualizzare davvero la natura e l’isola. Quasi potevo sentire l’odore del mare e la consistenza delle corde delle reti sotto le dita o vedere quelle sfumature dei tramonti.
Alla fine introduci il personaggio del Pirata Bianco che John conosce solo attraverso delle leggende e quando finalmente arriva il momento dell’incontro concludi il capitolo con “Sherlock Holmes già pendeva dalla forca”. Inutile dire che questo non ha fatto altro che spingermi a leggere ancora!
Nel secondo capitolo ho avuto la conferma del fatto che i tuoi personaggi fossero IC. Per me significa dire che hai colto alla perfezione quei tratti caratteristici del loro modo di fare e del carattere e li hai riportati in questo universo senza snaturare la loro essenza. John che ha quella fiamma dentro, il suo spirito d’avventura, e Sherlock che in un istante gli fa una radiografia deducendo non solo tutta la sua storia, ma anche di potersi fidare.
E se inizialmente Lestrade che si fingeva boia mi aveva incuriosita maggiormente rispetto a quello vestito da monaco (probabilmente perché è uno dei personaggi che nel tempo ho imparato ad apprezzare attraverso il telefilm), mi sono invece perdutamente innamorata di questo tuo Victor Trevor. Io ho un rapporto particolare con la religione, ma non è questo il luogo né il momento di discuterne, ti basti sapere che credo in Dio e che ugualmente non mi sono sentita offesa in nessun modo da questo “prete”. Devo essere sincera, credo che sia il personaggio meglio concepito e caratterizzato dell’intero racconto, e “ruba” anche un po’ la scena ai sempiterni John e Sherlock, senza che io ne sia dispiaciuta. Basti pensare che, alla fine di tutto, mi ero convinta che a saltare dalla scogliera, compiendo l’estremo sacrificio, sarebbe stato proprio lui. Scopriamo che Victor altri non è che il cugino di Sherlock e che sono legati da un amore profondo senza implicazioni sessuali. Quando si baciano sulle labbra mi è venuto in mente il gesto che di tanto in tanto mi è capitato di vedere che compiono le madri con i figli ancora piccoli. Non c’è malizia, quanto invece un sentimento totalizzante, e quello sfiorarsi le labbra è una specie di sigillo o conferma di tutto quel bene. Ed è anche un po’ il modo di imporre la propria “proprietà” su quella persona. Quindi quando Victor “affida” Sherlock a John, dandogli in qualche modo la propria benedizione, in realtà lo sta inglobando in questa relazione. Così vediamo che il prete comincia a dare baci anche a Watson e questo di rimando ad un certo punto gli dà di sua spontanea volontà un bacio sulla guancia (l’effusione più spinta che si concede con Trevor).
Il fatto che io abbia letto un capitolo dopo l’altro, senza aspettare almeno una settimana tra la pubblicazione di ciascuno di essi, credo mi abbia dato una visione leggermente diversa da quella che potrebbero aver avuto le altre persone che hanno recensito all’epoca. In particolare l’infatuazione che John capisce di avere inizialmente nei confronti del Pirata Bianco, sono secondo me ha dei contorni un po’ fumosi. Premetto che le parti di introspezione sono il tuo cavallo di battaglia, sempre corrette nella forma, inserite al posto giusto, fin anche nel mezzo dei dialoghi, e mai noiose. Per farmi capire meglio banalizzerò dei concetti. Ho avuto la sensazione di leggere che John, almeno fino al capitolo 17, quando c’è stato il primo bacio, avesse sempre gli stessi pensieri (con qualche sfumatura diversa), ovvero che si fosse innamorato dell’idea di Sherlock attraverso dei racconti e che poi questo amore si fosse consolidato una volta che aveva avuto l’opportunità di conoscerlo dal vivo. Ma quale storia può averlo fatto innamorare? Perché sicuramente ne circolavano tante su tanti pirati. E John come ha realizzato che provare attrazione per un uomo non lo turba (ci sono solo un paio di accenni legati all’aspetto religioso di questa cosa se non erro)? In generale comunque sono certa che sia una cosa influenzata molto dalla rapidità nella mia lettura, come se Sherlock e John avessero interagito troppo poco per innamorarsi davvero, mentre se dovessi stilare una lista, i due hanno parecchie scene di spessore, a cominciare da quando John confessa all’altro di avere una mappa tatuata addosso, proseguendo con il pirata che impressiona l’uomo con una messinscena e dopo attraverso il modo che ha di rivolgersi all’equipaggio, ecc. Quindi non è una critica, quanto piuttosto una sensazione che ho avuto. Che forse inconsciamente volessi altri 26 capitoli? Anzi, togli il forse! Sono veramente contenta che stai scrivendo una nuova storia su di loro.
Con “viaggio al centro de la Norbury” mi hai riportato alla mente una specie di dizionario che avevo redatto anni fa, per riuscire a leggere con facilità, proprio le storie dei pirati e delle loro navi. Ogni descrizione della nave non è mai stata fine a se stessa (anche se per la mia personale passione avrei apprezzato ugualmente), c’era sempre dietro un racconto. Come quando Victor mostra la stiva a John con tutto il carico e gli spiega che loro commerciano quelle merci e da qui si comincia a capire che sono una banda di persone diverse dal normale. Con Sherlock a capo di tutto poi sarebbe stato praticamente impossibile pensare che affondassero navi e uccidessero persone, hai fatto un’ottima scelta a non farli macchiare di questi crimini. La scena ne “il dolore di Victor Trevor” nella quale un gruppo di loro colpiscono alle spalle i nemici solo stordendoli, agendo nel silenzio più totale, in una specie di danza come scrivi, è esplicativa di questo concetto; e il fatto che il capitano non debba dare istruzioni ai suoi sottoposti significa appunto che quello sia il loro tipico modo di fare.
L’equipaggio è fantastico, variegato, c’è persino il cane! Hai dato spessore ad ognuno dei componenti della ciurma, cosa non semplice, e ciascuno ha il suo modo di parlare e di atteggiarsi. Donovan ha il mio rispetto, una donna con gli attributi, e l’ho apprezzata nonostante quella nel telefilm mi susciti antipatia, indice di quanto tu sia stata brava. Un aspetto importante è il senso di appartenenza di Watson a queste persone e alla nave; sei riuscita ad instillare i primi dubbi fin dai primi capitoli, ed ogni tanto, procedendo, l’uomo si domandava se potesse mai sentirsi parte di questa grande famiglia. Forse questa la si può considerare una sotto trama per John che ogni volta si è sempre trovato solo o a sentirsi un estraneo e ora fa veramente parte di qualcosa. La conferma per lui arriva nell’epilogo, quando soffre talmente tanto la lontananza da quelle persone che in poco più di due settimane aveva cominciato ad amare alla follia, e che otto mesi di lontananza non sono stati capaci di fargleli dimenticare.
Per quanto riguarda il mistero, non era proprio un thriller da tenere col fiato sospeso. Molto probabilmente non era questo l’obiettivo della storia, né tantomeno il focus. Mi hai comunque incuriosita e mi è piaciuto come sei riuscita poi ad incastrare i pezzi alla perfezione; non è sempre facile riuscirci quando ci sono tanti personaggi e diversi fatti da concatenare, e lo è probabilmente ancora di meno quando si porta avanti la stesura di una storia tanto lunga man mano, rischiando di dimenticare qualche dettaglio. La questione della mappa tatuata sul petto di John è una trovata geniale. Ho letto nelle tue note che non ti sei ispirata a nulla in particolare, a me è comunque venuto in mente un film che adoro, “Waterworld”.
Moriarty è inquietante, davvero. Con la storia della povera Vivian Norbury potrei avere degli incubi la notte. È un cattivo che non descrivi a lungo, anche perché è visto attraverso John che effettivamente non lo conosce, eppure sei riuscita a creare una tensione sempre serpeggiante, e non avrei mai messo in dubbio la sua pericolosità per quanto appare spietato. Ho adorato la citazione al telefilmico “ti sono mancato?”.
Una menzione speciale per le due notti d’amore che hanno trascorso John e Sherlock pensando che potesse essere l’ultima volta per amarsi. Mi hai emozionato tantissimo. Un altro aspetto che ho amato enormemente, e che in generale non manca mai nelle tue ff, sono quei momenti nei quali John riesce a comprendere l’amato attraverso anche i più piccoli cenni, un mezzo sorriso, o un muscolo che si contrae e si irrigidisce, o ancora un tremolio delle mani. Insomma piccolissimi indizi che solo i suoi occhi attenti e che hanno imparato a conoscere la persona che ha di fronte riescono a cogliere, per distinguere il mare di emozioni che attraversa Sherlock Holmes che non è per niente un impassibile statua di marmo senza cuore!
Le cose più importanti che volevo dire le ho scritte, mi scuso se è un commento lungo ventimila leghe -per restare in tema- ma ho preferito riassumere tutti i temi per me importanti in un’unica recensione piuttosto che farne 26 più o meno brevi ripetendo una sfilza di “bello”, “bellissimo”, “stupendo”.
Grazie per quest’avventura, spero non ti stancherai mai di scriverne. Magari, mi permetto di suggerire, mi piacerebbe leggere un approfondimento sul rapporto tra Mycroft e Sherlock, che mi pare un punto possibilmente ancora aperto. |