“Mi chiamo Jenny, e…”, sto per ripetere la mia presentazione standard, quando una voce femminile dall’altro lato mi precede. Sembra lontana, quindi capisco che non sta parlando direttamente dentro la cornetta, ma probabilmente a quello che la sta tenendo in mano. Capto solo qualche parola del discorso, “stanza”, “disordine”, “disastro”.
“Scusa, puoi aspettare un istante?” dice poi la voce, quella che aveva risposto per prima.
Grandioso, pure quando voglio suicidarmi mi mettono in attesa.