Ciao amore mio! Hai aggiornato subito (stranamente) e bhè non hai idea di come sia felice, sopratttuo perchè nel capitolo precedente ci avevi lasciate nell'ansia con quel "Bibo"... Poi hai detto che questo capitolo a te piace (stranamente is back) e bhè ti capisco, perchè dopo aver lettop tutte quelle frasi che hai scritto ci sono rimasta anche io di sasso... Sapevo che scrivevi a meraviglia, ma con questo capitolo mi hai sorpreso davvero e non so più in che modo fartelo capire... In questo momento sto ascoltando all that matters (non so cosa c'entra)... Ogni volta che ti scrivo una recensione ascolto una canzone diversa, lol non so perchè, ma trattandosi di me, il perchè viene da se, visto che sai benissimo che sono strana, ma molto strana... Arrivate a questo punto dico che siamo perse già troppo in chiacchiere, perciò direi di iniziare a recensire e a dire quello che penso lol... Iniziamo da qui...
Il mio corpo trema, il cuore mi si ferma per un attimo, la fronte è imperlata di sudore e la mente confusa. Apro la bocca per dire qualcosa, ma le mie corde vocali non emettono il minimo suono; è come se fossero bloccate insieme al mio corpo paralizzato. Gli occhi sono spalancati, come se mi volessero uscire fuori dalle orbite, puntati in direzione di Jes, ma anche le pupille si sono immobilizzate.
“Justin, che succede?” Sul viso di Jes, aleggia un espressione preoccupata, spaventata dalla mia reazione, confusa da quello che sta succedendo, così si alza da terra per venire verso di me. Mi scuote le spalle per farmi risvegliare dal mio stato di trans, ma i miei occhi rimangono fissi nell’angolo in cui Jes era seduta.
“Justin, ti prego, mi stai preoccupando, dì qualcosa!” Esclama disperata, ma a quella supplica sento le gambe tremare ancora di più e la mano che era sospesa per mantenere il cellulare sull’orecchio, ricade lungo il fianco, mentre il telefono per terra, provocando un rumore sordo, che mi fa sussultare leggermente, ma a Jes sembra non importare.
“Lei… Solo lei mi chiamava così, non può essere…” Dico in un sussurro più a me stesso che a lei. “Lei chi Justin?” Mi domanda esasperata, stringendomi le braccia. Il respiro, mi si ferma e la testa inizia a farmi male. “M - mia sorella” Biascico, guardandola, mentre sento l’aria mancare in quella stanza che improvvisamente è diventata così piccola per due persone.
Sento l’ansia crescere in ogni parte del mio corpo e la mia mente è piena di punti interrogativi senza risposte. Mi sento male; è come se l’ansia schiacciasse il mio corpo. Non riesco a sostenermi in piedi, così ricado sulle ginocchia per terra, con la testa rivolta verso il basso e le mani premute con forza sul pavimento, come se volessi spingerlo giù. “Ho bisogno di aria” Riesco a dire, prima di accasciarmi a terra.
Ma come cavolo fai? Ormai questa domanda è uffiaciale. Devo fartela sempre lo sai... Hai descritto non solo le emozioni, ma anche i sintomi e l'hai fatto in modo sublime, io non avrei saputo descriverla in modo migliore, anzi io non avrei saputo descriverla affatto lol, dato le mie doti scarse nella scrittura...
Il ragazzino stava tornando a casa, felice di aver battuto la squadra di Chris nella partita di Basket. In fondo bastava poco per rendere felice un undicenne: la vittoria di una partita, le caramelle gommose, i giocattoli, i cartoni animati, a differenza degli adulti che invece erano molto più complicati e i soldi erano la loro unica felicità; avevano dimenticato tutto, soprattutto i valori della vita.
A Justin, i soldi non importavano e non gli sarebbero mai importati, importava solo ricevere affetto dalla sua famiglia ed era sicuro che la madre lo avrebbe riempito di baci, mentre il padre si sarebbe limitato a fargli i complimenti per la partita svolta, con delle leggere pacche sulla sua spalla, ma per Justin era più che sufficiente.
Arrivò davanti alla porta con un sorriso stampato sulle labbra che era difficile togliere. Aprì la porta di botto, pronto a correre tra le braccia della madre. Stava per dire qualcosa, ma le parole gli si bloccarono in gola e il corpo si paralizzò. La sua piccola casetta era piena di poliziotti e si sentivano le urla di una donna, che Justin riconobbe subito.
Il sorriso dalle sue labbra scomparve nel vedere la madre per terra, in un mare di lacrime, così si mise a piangere anche lui, anche se non ne conosceva la ragione. La donna corse dal figlio e se lo strinse forte, cominciando a sussurrare frasi che Justin non riusciva a capire.
“Mi sei rimasto solo tu, piccolo mio, non mi lasciare, non mi lasciare, non mi lasciare…” Continuava a sussurrare la donna. E fu lì che Justin ebbe un’illuminazione, facendo sgorgare nuove lacrime, che presto sostituirono quelle vecchie. “M-ma-mma dove so-sono Jazzy e papà?” Riuscì a domandare il bambino fra i singhiozzi.
La madre lo guardò con gli occhi strabuzzati, preoccupati dalla sua reazione, non appena avrebbe saputo la notizia. Non riusciva a parlare, era come se avesse un grande macigno nella gola che le impediva di parlare, così iniziò a piangere ancora di più e si strinse il figlio ancora più forte, ma Justin questa volta, non ricambiò l’abbraccio, anzi indietreggiò, allontanandosi dalla madre iniziando a scuotere la testa.
Aveva capito tutto.
“Tesoro, vieni qui.” Sussurrò la madre. Justin rimase spiaccicato con le spalle al muro, con il terrore negli occhi. Aveva paura di sapere la verità, aveva paura di scoprire se quello che aveva pensato fosse giusto. Ma l’uomo vestito di blu, fece svanire tutte le poche speranze del bambino.
“Mi dispiace signora, il signor Bieber è deceduto, non abbiamo trovato il corpo della bambina, ma è impossibile riuscire a sopravvivere ad un incidente del genere” E fu lì che tutto quello che Justin aveva immaginato si avverò e tutto intorno a lui divenne nero e grigio. I colori che non dovrebbero regnare neanche lontanamente la mente di un bambino.
Il bambino corse fuori da quella casa che era stata luogo di brutte notizie fino a qualche minuto fa. Correva, con gli occhi rossi e gonfi, piene di lacrime salate che sgorgavano prepotentemente sul suo fragile viso. Aveva perso il padre e anche la sua adorata sorellina…
La sua vita perfetta si era trasformata in pochi minuti in un incubo dal quale avrebbe voluto svegliarsi al più presto… Si chiedeva come avrebbe fatto ad andare avanti adesso e che cosa sarebbe successo dopo, ma non riusciva a darsi delle risposte… Ma una cosa gli frullava in testa, perché non avevano trovato il corpo di Jazzy?
Oddio e questo flashback? Tu non mi vedi, ma io sono in un mare di lacrime... Lui ha un attacco di panico e la invita a sedersi sulle sue gambe, gli racconta tutta la storia di sua sorella... Ma come cavolo fai? Is back... E' stupenda questa parte, è la parte che ho preferito di più in assoluto... I pensieri che hai scritto dall'inizio alla fine, io non so più come fartelo capire...
Il ragazzino stava tornando a casa, felice di aver battuto la squadra di Chris nella partita di Basket. In fondo bastava poco per rendere felice un undicenne: la vittoria di una partita, le caramelle gommose, i giocattoli, i cartoni animati, a differenza degli adulti che invece erano molto più complicati e i soldi erano la loro unica felicità; avevano dimenticato tutto, soprattutto i valori della vita.
A Justin, i soldi non importavano e non gli sarebbero mai importati, importava solo ricevere affetto dalla sua famiglia ed era sicuro che la madre lo avrebbe riempito di baci, mentre il padre si sarebbe limitato a fargli i complimenti per la partita svolta, con delle leggere pacche sulla sua spalla, ma per Justin era più che sufficiente.
Arrivò davanti alla porta con un sorriso stampato sulle labbra che era difficile togliere. Aprì la porta di botto, pronto a correre tra le braccia della madre. Stava per dire qualcosa, ma le parole gli si bloccarono in gola e il corpo si paralizzò. La sua piccola casetta era piena di poliziotti e si sentivano le urla di una donna, che Justin riconobbe subito.
Il sorriso dalle sue labbra scomparve nel vedere la madre per terra, in un mare di lacrime, così si mise a piangere anche lui, anche se non ne conosceva la ragione. La donna corse dal figlio e se lo strinse forte, cominciando a sussurrare frasi che Justin non riusciva a capire.
“Mi sei rimasto solo tu, piccolo mio, non mi lasciare, non mi lasciare, non mi lasciare…” Continuava a sussurrare la donna. E fu lì che Justin ebbe un’illuminazione, facendo sgorgare nuove lacrime, che presto sostituirono quelle vecchie. “M-ma-mma dove so-sono Jazzy e papà?” Riuscì a domandare il bambino fra i singhiozzi.
La madre lo guardò con gli occhi strabuzzati, preoccupati dalla sua reazione, non appena avrebbe saputo la notizia. Non riusciva a parlare, era come se avesse un grande macigno nella gola che le impediva di parlare, così iniziò a piangere ancora di più e si strinse il figlio ancora più forte, ma Justin questa volta, non ricambiò l’abbraccio, anzi indietreggiò, allontanandosi dalla madre iniziando a scuotere la testa.
Aveva capito tutto.
“Tesoro, vieni qui.” Sussurrò la madre. Justin rimase spiaccicato con le spalle al muro, con il terrore negli occhi. Aveva paura di sapere la verità, aveva paura di scoprire se quello che aveva pensato fosse giusto. Ma l’uomo vestito di blu, fece svanire tutte le poche speranze del bambino.
“Mi dispiace signora, il signor Bieber è deceduto, non abbiamo trovato il corpo della bambina, ma è impossibile riuscire a sopravvivere ad un incidente del genere” E fu lì che tutto quello che Justin aveva immaginato si avverò e tutto intorno a lui divenne nero e grigio. I colori che non dovrebbero regnare neanche lontanamente la mente di un bambino.
Il bambino corse fuori da quella casa che era stata luogo di brutte notizie fino a qualche minuto fa. Correva, con gli occhi rossi e gonfi, piene di lacrime salate che sgorgavano prepotentemente sul suo fragile viso. Aveva perso il padre e anche la sua adorata sorellina…
La sua vita perfetta si era trasformata in pochi minuti in un incubo dal quale avrebbe voluto svegliarsi al più presto… Si chiedeva come avrebbe fatto ad andare avanti adesso e che cosa sarebbe successo dopo, ma non riusciva a darsi delle risposte… Ma una cosa gli frullava in testa, perché non avevano trovato il corpo di Jazzy?
Alzo il viso dal petto di Justin, per guardarlo negli occhi e vedere come sta, ma niente, sul suo viso non c'è nessuna emozione, nessuna lacrima, nessuna smorfia di sofferenza, mentre io ho dovuto stringere gli occhi per tutto il tempo per evitare di piangere.
Tutto questo mi sorprende… Chiunque avrebbe pianto o almeno avrebbe mostrato un segno di sofferenza dopo aver raccontato una storia del genere, mentre lui rimane impassibile, con lo sguardo perso nel vuoto. Sta trattenendo tutto il dolore e questo è un male.
Il dolore deve fuoriuscire, insieme alle lacrime; solo così si sarebbe stati meglio. “Il corpo di mia sorella, non è stato più trovato e io ormai ho perso le speranze che lei sia viva” Alzo gli occhi al cielo per la sua convinzione assurda e per la sua testardaggine, ma lo lascio continuare per evitare di litigare, ricordando il giorno in cui mi opposi alla sua affermazione.
“La persona che ha risposto al telefono mi ha chiamato Bibo e solo lei mi chiamava così” Aggrotto la fronte, trovando questa situazione stana e capisco l’improvviso attacco di panico. “Da piccola voleva chiamarmi per cognome, ma non riusciva a dirlo, così invece di Bieber dalla sua bocca usciva, Bibo” Sorride amaramente, come se tutti quei ricordi facessero male e in effetti è proprio così.
Ascolto tutto con attenzione, notando i suoi occhi tristi e la nostalgia nella sua voce, mentre si apre con me. Ad un tratto ritorna immediatamente serio, mi guarda negli occhi e per la prima volta dopo tutto il racconto noto i suoi, lucidi.
“Jes” Sussurra il mio nome in un singhiozzo, prima che le lacrime sgorghino dal suo viso. Si appoggia sul mio petto, cingendomi con le sue braccia tatuate la vita, mentre io gli accarezzo i capelli.
Non riusciva a continuare aveva gli occhi pieni di lacrime, così d’istinto lo abbracciai e lo strinsi a me, lui si appoggiò al mio petto e mi circondò la vita con le braccia. Singhiozzava e tanto, sembrava un bambino, piansi anche io, vederlo così, mi faceva male. Gli accarezzai i capelli e poi gli presi il viso tra le mani. “Dovrei essere io a consolarti e invece sei tu che consoli me.” Sorrisi debolmente, mentre lui mi mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio asciugandomi una lacrima con il pollice.
Oddioooo! Mi ricordo questa parte...Era il capitolo 5 se non sbaglio, quando lui gli racconta tutta la sua storia di sua madre e di tutto il resto... E' successa esattamente la stessa cosa, adoro quel capitolo adoro tutta questa parte.. E poi quando lui stanco di trattenere le lacrime, piange, mi si spezza il cuore...
I ricordi fanno male e non posso fare a meno di piangere anche io, ricordandomi del giorno al ristorante, quando mi parlò di sua madre e scoppiammo a piangere insieme. Non vuole staccarsi da me; la sua presa è così forte che mi sembra di soffocare, ma non mi importa di questo, non gli chiederò mai di staccarsi dal mio corpo, anche se mi dovesse uccidere con la sua presa forte.
Rimaniamo così per un tempo a me indefinito, finchè lui non si scosta dal mio petto e mi guarda negli occhi, facendomi perdere nel suo oceano ambrato. Apre appena la bocca e poi la richiude subito. Sembra che stia per dire qualcosa, ma c’è qualcosa di strano, come se fosse insicuro se parlare o meno.
“Mi ami?” Domanda cogliendomi di sorpresa facendomi unire le sopracciglia.
“Justin, n-“
“Jes, per favore, rispondimi” E in quel momento capisco che la domanda, ha un senso chiaro e preciso. Lui, ha bisogno di conforto, ha bisogno che io gli dica che ci sono, che non lo abbandonerò come hanno fatto tutti, che gli starò sempre vicina e che cercherò di aiutarlo in qualche modo a capire qualcosa di questa storia.
“Justin” Inizio prendendogli la mano che aveva poggiato sulla mia vita. “Io, ti prometto che ti aiuterò a capire qualcosa in più di tutta questa storia, ma adesso devi riprenderti, non puoi abbatterti per una stupida chiamata che potrebbe anche essere una stupida idiota che vuole solo spaventarci… Devi ess-“
“Non, mi hai risposto” Sussurra dispiaciuto. Aggrotto la fronte non capendo all’inizio, ma subito capisco che si sta riferendo alla domanda di prima. Alzo il capo guardando la sua faccia da cucciolo smarrito. I capelli color grano scompigliati, gli occhi lucidi e la barbetta leggermente accennata sotto il mento.
Sorrido tra me e me, prima di tornare seria e guardarlo negli occhi. “Non credo, che ‘ti amo’ siano le parole adatte per descrivere quello che provo per te. Quante volte qualcuno ha detto queste due paroline, buttate al vento, senza nessun significato? Quante volte qualcuno ha detto ‘ti amo’ e poi ha lasciato la persona amata? Il ‘ti amo’ è per sempre Justin ed è quello che vorrei dirti in questo momento, ma ho paura che sia troppo poco per esprimermi. Ho bisogno di trovare altre parole per dirti quello che provo, ma credo che per adesso dovrai accontentarti della comune frase che usano tutti. Ti amo Justin. Tantissimo.”
Sospiro, prima di alzarmi dalle sue gambe, ma lui mi trattiene dal polso alzandosi anch’esso dalla sedia. “E’ incredibile quanta sincerità c’è in te. Non ti sei mai aperta con me, in questo modo perché lo stai facendo adesso?” Mi domanda con il timore negli occhi. “Perché ho paura” Rispondo esprimendo esattamente quello penso.
“Sento che sta per succedermi qualcosa di brutto, qualcosa di traumatico e ho paura di non rivederti più, per questo io… ieri avrei preferito fare l’amore con te” Sussurro con non so quale coraggio, mentre lui mi guarda con la bocca aperta e gli occhi socchiusi. “Perché stai dicendo questo?” Mi accarezza la guancia, fino al collo, passando le mani tra i miei capelli.
“Perché pensi che ti dovrebbe succedere qualcosa di brutto? Perché sei tesa e cerchi di trattenere le lacrime quando sei con me? Pensi che non me ne sia accorto umh?” Urla l’ultima frase faccia a faccia, ma nonostante tutto io rimango impassibile e abbasso lo sguardo trattenendo le lacrime, che in questo momento hanno già fatto il loro traguardo sulla cornea.
“Guardami porca puttana!” Urla ancora alzandomi il viso con due dita, verso il suo, facendomi incontrare i suoi occhi, che nonostante la voce rabbiosa, trasmettono dolcezza ed è qui che la mia barriera protettiva scompare e le lacrime cadono giù, senza che io me ne accorga, ma purtroppo continuo a rimanere impassibile, guardando il vuoto dei suoi occhi.
“Piccola per favore, piangi, sfogati, urla, ma per favore non rimanere ferma come una statua” Il suo tono è più dolce, disperato, ma io continuo a piangere ad occhi aperti, non emettendo il minimo singhiozzo, non lasciando trasparire nessuna smorfia di dolore interno. Sospira passandosi, una mano tra i capelli, prima di prendermi in braccio a mò di sposa, per portarmi a letto. Mi copre per bene con il lenzuolo, per poi darmi un bacio in fronte.
“Ti amo tantissimo anche io, piccola mia” Sussurra al mio orecchio, facendomi tremare le gambe e soffrire il cuore. Prende la canotta da terra per infilarsela e si siede sul letto per allacciarsi, le scarpe, mentre io lo fisso impassibile, ripensando alle parole che mi ha detto all’orecchio.
“Sto andando via” Mormora, finendo di mettersi la camicia. Vorrei dirgli di restare con me, di stringermi e di farmi sentire solo come lui sa fare, ma non riesco a parlare. Lui di tutta risposta sospira, rassegnato dal mio silenzio, così lo vedo scomparire dalla porta della mia camera, sentendo la porta dell’uscio sbattere.
Perché non riesco più a sfogarmi?
Perché dal mio viso escono solo lacrime, senza che io senta niente?
E’ come se la mia testa comandasse alle mie lacrime di uscire, comprendendo la sofferenza del mio cuore, ma una cosa è strana le lacrime dovrebbero uscire perché le comanda un cuore soffrente e non una testa meccanica, incapace di capire. Sto soffrendo e anche tanto, ma non lo do a vedere. E’ come se fossi morta dentro.
Oh mio dioo! Questa parte! L'ultima frase! E' un aforisma perfetto, che sembra la citazione di un poeta... Io la adoro... e quando lei non riesce più a piangere perchè ha fatto quella promessa a se stessa e quando Justin le urla contro dicendo che deve farlo, ho pianto io, ti giuro....
Non sono mai stato tanto confuso in vita mia. Non riesco più a capirla, non capisco più cosa sta succedendo alla mia vita. Quella chiamata e il comportamento di Jes, mi hanno scombussolato parecchio e mi hanno distrutto dentro. Nessuno conosceva il soprannome che mi aveva affibbiato mia sorella, a parte i miei genitori, Caitlin, Ryan e Chris.
Come è potuto succedere? E se Caitlin mi avesse fatto un brutto scherzo? No, è impossibile, non mi farebbe mai una cosa del genere, non scherzerebbe mai su mia sorella. Sento la testa scoppiare… E se mia sorella fosse viva e mi stesse cercando? Perché avrebbe dovuto aspettare sette anni per farlo? Perché i poliziotti non hanno trovato il suo corpo nell’auto?
Il mio telefono interrompe ogni mio tentativo di risposta. E’ Caitlin. “Che vuoi?” Rispondo brusco. Sono ancora arrabbiato con lei, non ho dimenticato la sua trappola. “Ju-stin, dove sei?”Aggrotto la fronte per il suo tono di voce spento, come se le fosse successo qualcosa, così accantono la rabbia da parte per un momento.
“Che ti succede? Dove sei Caitlin?” Entro in macchina per poi mettere le chiavi nel nottolino e iniziare a partire. “Sono nella Walk of fame, credo” Sgrano gli occhi per la via che mi ha appena indicato. “Che cazzo ci fai lì?” Sbraito, mantenendo il cellulare con l’orecchio, mentre mi dirigo verso quella via.
Sento un sospiro dall’altra parte della cornetta e poi il classico ‘tu-tu’ che indica la fine della chiamata. Metto il telefono in tasca, per poi aumentare la velocità. Dopo circa venti minuti sono già lì, nella via più frequentata di Los Angeles, anche se non c’è nessuno, dato che sono le 4:30 del mattino.
Cazzo!
Tom, mi ucciderà…
Vago con lo sguardo da una parte all’altra cercando di intravederla, finchè non vedo una ragazza stretta in una felpa enorme che ovviamente non è sua.
Caitlin.
Premo il clacson, per farla accorgere della mia presenza e lei sussulta spaventata, finchè non mi vede e tira un sospiro di sollievo. Apre lo sportello ed entra in macchina con la testa bassa. Per tutto il tragitto non parliamo; lei continua a tenere la testa bassa e io a guidare tranquillo.
Mi fermo ‘sotto casa sua’ e la guardo, mentre lei fa lo stesso. I suoi occhi sono rossi, cerchiati dalla matita nera sbavata. Ha pianto. Deglutisco, prima che lei si butti a capofitto tra le mie braccia. “Che ti è successo Caitlin?” Domando con la preoccupazione nella voce.
Ho paura che le sia successo qualcosa di brutto e mi fa male vederla così fragile, soprattutto lei, visto che è sempre una ragazza forte e sicura di se. “S-sono a-andata a letto con Simon” Balbetta spaventata. “Cosa?” Urlo spalancando la bocca, prima di scendere dalla macchina.
“Io quello lo ammazzo!” Urlo, iniziando ad incamminarmi per non so dove. “Fermati!” Urla Caitlin, prendendomi dal polso. Quando cazzo è scesa dalla macchina? “Eravamo entrambi ubriachi Justin! Non capivamo un cazzo!” Apro la bocca per parlare, richiudendola subito dopo, non sapendo che dire.
“Ma siete matti? Ti ha fatto male? Avete usato le precauzioni? Avet-“
“Justin, stai calmo! Innanzitutto prendo la pillola e poi non è stata la mia prima volta. Non sono più vergine da quando avevo quindici anni” La mia mascella, sembra che stia per arrivare a terra, da quanto è spalancata. Che fine ha fatto la mia Caitlin?
“E poi dalle poche cose che ricordo, sono stata benissimo, mi è piaciuto” Sorride sognante. “Perché piangevi allora?” Domando confuso. “Bhà, non lo so” Emette una risatina isterica, che mi irrita. “Mi avete stancato! Smettetela di confondermi cazzo!” Urlo, sbattendo un pugno sulla macchina, non tanto forte, facendo sobbalzare Caitlin sul posto.
“Scusa, per tutto quello che ho fatto Justin” Mormora dispiaciuta, prima di abbracciarmi. Sospiro, prima di ricambiare l’abbraccio. Non ho mai resistito ai suoi occhi dolci da cerbiatta, l’ho sempre perdonata dopo qualche marachella. “Come è andata con Jes?” Domanda, facendo ritornare il nodo in gola che avevo represso qualche minuto fa.
Fermi tutti! Cait e Simon sono andati a letto insieme? Che cazzo significa? Cioè si, l'ho capito, ma ok, sono leggermente sconvolta, comunque non potrei mai considerare Cait, una puttana dato che la adoro sia nella realtà e sia nella rua storia... Vabbè detto questo, complimenti sistah! Io vado e alla prossima <3
-Cate <3
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