Non lo so se testimoni una mia certa instabilità mentale, ma ho una particolare predilezione per i capitoli altalenanti tra passato e presente; la prolessi o l’analessi mi aiutano sempre ad evocare attorno ai momenti più significativi quella patina sfumata in cui si rifugia la memoria, tagliando qua e là, salvando solo ciò che merita di essere salvato, ed è quindi come se facessimo un’immersione ancora più profonda nella mente dei personaggi, che scelgono cosa trattenere nel pensiero e cosa comunicarci attraverso le tue parole.
Così, i due momenti rammentati in precedenza alla visita al padiglione sono ancora più significativi ai miei occhi, e specialmente per due particolari. Il primo è dato dalle dita di Draco che giocherellano tra i ricci di Hermione: sono profondamente convinta che ci siano dei gesti, tra le persone, in grado di divenire un nuovo linguaggio, appartenente solo a quelle specifiche persone. Puoi fare l’amore con chiunque, puoi abbracciare chiunque, puoi stringere la mano a chiunque, ma viene il momento e l’individuo in cui un gesto apparentemente banale assume un colorito diverso. Per me e per mio marito è la sua mano sui miei fianchi durante la notte, a ricordarmi che c’è anche quando ci muoviamo e ci stacchiamo; per Draco ed Hermione sono quelle dita nella chioma, un atto così istintivo da essere ancora più veritiero. Naturalmente, hanno già notato tutti quanto sia magnifico lo scambio di battute finale di questo passaggio: per Draco, mi sembra, tutto è una sfida, forse non contro gli altri ma contro se stesso; il motivo per cui ha inizialmente voluto Hermione, l’incontro notturno con la regina, i suoi piani a noi ancora ignoti e ora il motivo per cui la vuole ancora, sempre di più: sta cercando di vincere, forse nemmeno lui sa ancora cosa. Il secondo particolare è dato dal modo in cui lui le allaccia al corpetto che non posso, in questo capitolo più che mai, non confrontare con quando sgattaiolava via dal letto di Belinda senza volersi fare vestire da lei. Indugiare sul contatto soprattutto quando è inutile lo rende ancora più utile; e anche qui abbiamo un altro scambio significativo di battute, a dimostrarci la tua costante e perfetta simmetria nella creazione di un capitolo: l’allusione al loro diverso status sociale che Draco non riesce del tutto ad escludere dai suoi pensieri.
Ora veniamo a Belinda, che si configura, anche alla luce di più recenti letture, come il mio personaggio forse preferito. È perfetto che la prima vera descrizione fisica della donna avvenga qui, ad opera di Hermione: semplicemente perché ci viene il dubbio che il Lord non l’abbia mai guardata davvero, Belinda. Lui non era interessato a lei come lo è invece, per altri motivi, Hermione. Lo scontro tra queste due donne è sublime, pare di assistere ad un combattimento tra due pistoleri: si studiano, si girano intorno, misurano le distanze, aggiustano il tiro e sparano. Belinda perché teme di perdere i suoi privilegi, Hermione perché si è appena accorta di temere di perdere qualcosa e forse è proprio questo che la spaventa di più. Non fa domande, questa Hermione – e sbaglia -, non pensa al passato – al futuro – che l’attende, come se le braccia di Draco fungessero da oblio o anestetico e la scollegassero dal resto del mondo, finché non arriva qualcosa a ricordarle che però, prima o poi, con quel mondo dovrà pure fare i conti; una volta sono i capelli rossi di Bran, a ricordarle Ron; un’altra la vista di Belinda, a ricordarle che lei, di Phineas, non sa nulla.
Eppure in un certo senso sa molto di più di quanto sappia chiunque altro, cosa di cui Belinda si accorge per prima: il modo in cui sta cambiando Malfoy, la maschera che gli sta strappando, il nome con cui ormai lo chiama e forse si chiama lui stesso, il potere e la bellezza che sono avvinghiati a loro due come un’aura che li segue ovunque… Belinda è perfetta, nelle sue tattiche e controtattiche, nel dinamismo della sua mente che passa dai calcoli del valore dei vestiti di Hermione ai calcoli del valore di Hermione stessa - e stavolta non si parla più di soldi, lo sappiamo bene. Naturalmente, ecco anche qui una piccola prolessi: la gentilezza con cui comunque Hermione sceglie di non infierire su di lei quando il Lord torna da loro è un piccolo segno di quella nobiltà d’animo che in futuro Belinda le riconoscerà; ci vedo, anche se con effetti molto migliori, Harry che risparmia Codaliscia con esiti sorprendenti.
Applaudo sempre la tua abilità nell’intessere sottotrame: la prima volta che ho letto dell’incontro tra Belinda e l’amico (ho dovuto correggere perché avevo scritto il nome) non ho riservato alla cosa la dovuta attenzione; ora lo rileggo in modo diverso e già scorgo i piani e le macchinazioni e le finzioni e nulla come quel sorriso da lupo potrebbe esprimerle.
Qui secondo me il capitolo ha come una cesura e d’improvviso tutta la luce si focalizza sui nostri due protagonisti, che anche loro si affrontano ma in un duello diverso da quello tra Belinda ed Hermione. Le parole schiette della ragazza, nel definire Belinda l’amante del Lord; la reticenza a spiegare qualcosa da parte di lui; la splendida immagine della pietra-nebbia, grigia come gli occhi di Draco, imperfetta come il sangue di Hermione, forse senza valore e proprio per questo di maggior valore – di quel valore che Belinda ha ravvisato in lei e che non si esprime nel denaro -, il loro allontanamento nei rispettivi pensieri e poi il loro riavvicinamento, come sempre a letto. Ma in modo diverso dal solito. Perché stavolta Hermione una mezza domanda la pone, e Draco una mezza risposta la dà; non con le parole, giacché sta ancora cercando di convincere se stesso che Hermione non conti davvero nulla, ma con i fatti, dedicandosi a lei in maniera così intima e generosa, posponendo il suo piacere, dicendole che sì, lei è sua e lui è suo, e Belinda non c’è, in quella camera, in quel letto, in Draco, non c’è e non ci sarà mai, come invece è stata ed è Hermione. Non lo so, se Draco abbia scelto consapevolmente di mandarle questo messaggio, ma tendo a credere che non l’abbia fatto, perché tutto in lui si ritrae di fronte alla necessità di definire quello che stanno facendo; credo che sia stato puro istinto, credo che sia stato il suo corpo a tradirlo o forse, in una parte più sincera di se stesso, ha smesso finalmente di tradirsi.
Ma una cosa la so: è la seconda volta che usi una cravatta e lo fai in modo sublime. Quindi ora so cosa regalarti per il prossimo Natale, augurandoti di usarla in tutti i modi possibili.
No, non stavo parlando della cravatta, ora. (Recensione modificata il 21/01/2011 - 10:07 pm) |